Finalmente. La settimana più lunga nella storia dell’umanità è finita. E’ stata dura, inutili sono stati gli (appunto) vani e vari tentativi di cambiare argomento, così come il cercare di mettere altra carne al fuoco per evitare di pensare sempre a quello, di far passare più veloci sette giorni di cattivi pensieri e buoni ragionamenti nella speranza che lunedì, ieri cioè, arrivasse in fretta. Niente da fare. Ho provato a incazzarmi per la possibilità concreta del ritorno dell’immunità parlamentare, ho esultato per l’incostituzionalità del lodo Alfano, ho provato a ironizzare su facebook con vari, assurdi, anche idioti scioglilingua tipo “chi si loda si imbroda” oppure “lodo scaccia lodo”, mi sono addirittura inventato uno slogan che, ammetto, mi piace da matti per fare il verso al presidente del consiglio e bastonare quella che si dovrebbe chiamare opposizione. Era pressapoco questo: la Consulta è di sinistra, i giornali sono di sinistra, la satira è di sinistra, la cultura è di sinistra, la musica è di sinistra, i comici sono di sinistra… possibile che in Italia sia tutto di sinistra a parte il Partito Democratico?
Per farla breve, ho svarionato sullo scibile umano, da solo o in buona compagnia, per arrivare più in fretta possibile alla partita di ieri (avessi saputo…). Sostenevo, stavolta da solo, che quella con il Rimini poteva e doveva essere la partita della svolta. Invece Dolcetti prima e Zamboni poi, in due interviste per Lo Spallino hanno rifiutato quest’aria da ultima spiaggia o da match fondamentale che ho attribuito al derby emiliano romagnolo. Speriamo che abbiano ragione loro, ho pensato subito dopo, ma resta il fatto che la personale ansia e attesa e tensione e impazienza in attesa di questo insolito lunedì di passione a livelli così da zona rossa tipo allarme me la ricordo in rare occasioni. Sarà stato un segnale?
Poi arrivò il giorno di Spal-Rimini. La bandiera fatta esporre nella notte a Ferrara, i giornali letti in maniacale ordine scaramantico dall’articolo più piccolo al più grande, i numeri pescati a caso aprendo una pagina qualsiasi dello stesso giornale per vedere chi saranno i protagonisti in campo (vengono fuori Valtulina, Bazzani e Cazzamalli) e poi, un rito dopo l’altro, a consumare lentamente le mezze ore del mattino, del pomeriggio fino alla diretta su Raisport più. In mezzo le telefonate con il telecronista, Mario Mattioli, e con il bordocampista, Cristiano Piccinelli, al quale ho promesso una maglia biancazzurra se tutto andrà come deve andare. Le 20.45 arrivano come l’agosto quando sei a dicembre. Mai, cioè. Ma arrivano (con il senno di poi aggiungerei: purtroppo). Eccomi sintonizzato in redazione. Il vicedirettore mi offre le chiavi della sua stanza con monitor super-mega-iper gigante e penso lo faccia perché preoccupato delle mie possibili urla in mezzo agli altri colleghi della redazione che devono seguire il posticipo di serie B. Meglio così. Si comincia. Se dalla tivù riesco a vedere mio padre al Mazza vinciamo. Non ci riesco. Altro segnale? Così, prima di cominciare, ecco la prima, inattesa, rumorosa imprecazione che provoca un paio di sbigottiti ingressi nella stanza. Ma non dovevate cominciare alle 20.45, chiedono. Rispondo in malo modo di levarsi dai cosiddetti perché non possono capire.
Bene, finalmente si comincia. Un attimo, due, tre e Bazzani si accascia a terra. Sembra non poter continuare poi si rialza. Ah, ecco, non potevamo essere così sfigati. Altri quattro, cinque, sei attimi e tocca a Valtulina essere sdraiato. Si capisce subito che non può continuare, a prima vista sembra una distorsione al ginocchio. Pazzesco. Entra Ago, i ragazzi non si abbattono e ci provano facendo anche girare il pallone. La prima occasione capita al generosissimo Bazzani. Traversa. Poi batti e ribatti. Sfiga. Il Rimini si fa vedere raramente ma un errore di Bortel vale il vantaggio dei romagnoli. Un errore e zac. Porca di quella vacca. Il primo tempo è quasi tutto così. Occasioni clamorose anche per Agodirin, Cazzamalli, Centi ma o ci pensa il portiere o un difensore o la solita stramaledetta sfiga. In due occasioni sembra davvero di giocare a flipper. Nell’intervallo e non solo il pubblico fischia e ha tutto il diritto di farlo anche se io non sono d’accordo. Secondo me si fischia quando non si gioca, non ci si impegna. E la partita, fin qui, non è affatto andata così. Anzi. L’infortunio di Valtulina dopo quello di Meloni stroncherebbe chiunque. Non la Spal che quello che deve fare lo fa. Vabbé, pazienza, si fa per dire. Ma sono io, evidentemente, che non capisco una beata mazza, con la lettera minuscola, perché nemmeno il tempo di ricominciare e il Rimini raddoppia. Mi sembra, adesso sì, l’inizio del baratro. Invece no. C’è San Bazzani e c’è una squadra che potrebbe davvero mollare, visto l’andazzo e i fischi, ma non ha alcuna intenzione di alzare bandiera bianca… senza azzurro. L’immagine del momento è tutta in un replay con Bazzani che si sgola e incita i suoi. Cosa importantissima. La Spal però fa fatica, mi verrebbe da spingerli, da convogliare la fatica su di me fino a metà tempo quando nella stessa azione, una rara azione va detto e scritto, ci sarebbe rigore su Agodirin e il tiro di Centi viene respinto ma dentro la porta di mezzo metro. L’arbitro non vede, il guardalinee nemmeno ed è la solita sfiga che, invece, ci vede benissimo. La Spal, però, non c’è più. Il campo non aiuta ma si fa una fatica bestia ad arrivare dalle parti della Ovest. Quello che mi preoccupa di più è questa sensazione quasi di rassegnazione, questa incapacità di mettersi lì e giocare evitando palloni buttati lassù senza convinzione e tutta quella confusione che, soprattutto nel secondo tempo, si è vista. Poi è vero che molte partite quest’anno sono andate storte, che gli infortuni e che qualsiasi altra cosa ma la classifica è questa e un motivo, forse due oppure tre o magari quattro, ci saranno. C’è poco da aggiungere. E’ il momento più difficile da quando questa dirigenza è a Ferrara. Bisogna uscirne presto, recuperare le motivazioni subito, sopperire alle assenze presto. Poche chiacchiere, poche scuse perché nonostante tutte le attenuanti i risultati contano eccome, purtroppo in negativo. I fischi finali questa volta hanno un loro senso. Fanno male e fanno notizia ma ora c’è soltanto da lavorare. Testa bassa e pedalare. Nel mio piccolo, di statura e di importanza, soffro come un cane. Spallino, s’intende.