Il mio nuovo nemico è subdolo, si veste tutto firmato e pieno di colori, quando è donna sovente ha cuscinetti sotto al sedere che paiono fette di Emmenthal per quanti buchi portano a spasso, e ai polsi o alla testa ha fasce all’ultima moda, spesso fluorescenti. Il mio nuovo nemico, se lo segui per più di un chilometro, ti accorgi che rischia l’infarto un minuto sì e l’altro pure. In quei rari momenti di pausa e di colorito umano e non cianotico sei tu che glielo auguri, l’infarto, o anche solo una storta. Il mio nuovo nemico è il maratoneta dilettante, essere che si riproduce come le formiche e il giorno di festa è ovunque. Devo al mio nuovo nemico le maledizioni che ho scagliato fuori di me (in tutti i sensi) domenica scorsa.
Dunque, è andata così. Taxi prenotato perché con la Maratona di Roma è meglio arrivare prima in stazione, biglietto del treno già fatto on line, Socrate già sistemato con due fili di lana bianco e azzurri sistemati con una treccia a mo’di sciarpa, anch’io pronto con cappello degli spallinati e nuova sciarpa della Curva Ovest. Tutto a posto, insomma, se non fosse per il maledetto maratoneta e per chi lascia una città come Roma in balia di quelle orribili canottiere, di quelle spesso decrepite gambe molli e di quei tanti culi mosci. Morale (bassissimo): dopo un’ora di permanenza sul taxi (tassametro a 54 euro!) il mio bel treno (biglietto 48 euro) se n’è andato senza di me e senza chissà quanti altri mentre io ero ancora in compagnia dell’unico che in quel momento mi poteva superare alla voce bestemmie, cioè il tassinaro oltretutto laziale perché la sfiga arriva tutta insieme. Bloccati nel traffico fino a mezzogiorno mentre intorno sembrava Beirut tra risse varie (il traffico fa male quanto lo sport!) e strade chiuse persino alle autoambulanze ho cominciato a mandare i tradizionali sms alla squadra, alla dirigenza e ai tifosi comunicando che la prima volta (al Mazza) che non avrei scordato mai, doveva aspettare tempi decisamente migliori. Dopo aver speso inutilmente cento euro, dopo aver smarrito la password di Trenitalia, dopo aver dormito cinque ore causa servizio su Roma-Juventus della notte prima, dopo aver valutato la proposta di un collega, in fatto di sfortuna, conosciuto nell’imbuto di Roma circa l’ipotesi di aprire una class action per chiedere i danni del disagio esagerato, dopo tutto questo, insomma, ho pensato che in queste giornate bisogna stare molto fermi, stringere più che si può là dove le curve delle maratonete di cui sopra vanno disfacendosi nel loro rumore sciacquettante mentre rimbalzano sull’asfalto, e aspettare che passi la nottata. Inutili persino tutti quegli urli “viva lo smog!” che ho fatto mentre passavo di fianco, in macchina, a quegli esseri a un passo dalla crisi respiratoria o dall’attacco cardiaco.
Il prenderlo in quel posto, cercare di far prevalere la filosofia cioè, è una tattica che si è fatta ancora più necessaria dopo aver sentito Zambo carico come una molla urlare cose irripetibili che facevano il paio con le mie a treno ormai perso. Eh sì. Almeno, ho pensato, la Spal ricomincerà a vincere. E infatti è andata così. Non è stata una bella partita, non è stata una Spal simile a quella del girone di andata ma servivano tre punti e tre punti, che rivalgono i playoff, sono arrivati. In mezzo a questa affermazione indiscutibile, ci stanno diversi risultati positivi nelle altre partite, ci sta il primo gol e l’ottima prestazione di Agoridin e ci sta soprattutto il ritorno, ottimo ma non è una sorpresa, di Paolino Rossi, uno che di qui alla fine servirà e mica poco. Dopo aver letto tutto il possibile e aver sentito tutti i sentibili devo dissociarmi dai mugugni del dopo partita. Ecco perché. Perché era una partita difficile psicologicamente e il fatto di averla sbloccata subito, con un modulo nuovo, è stato un bel segnale. Il palo preso subito dopo, un altro segnale. Così come i due, tre gol sbagliati nella ripresa e le poche azioni subite stanno lì a testimoniare una prova meno brutta di quello che si è detto e scritto. Sarò in minoranza a sostenere questa tesi ma sono abituato, soprattutto dopo aver preso a parolacce sette vigili urbani sempre domenica scorsa… e più minoranza di così. Anzi, voglio aggiungere che, sempre secondo me, in queste partite così importanti e così pericolose, c’è poco da storcere il naso e molto da sostenere. Perché l’importante è vincere e perché, ritorno in minoranza, chi da questa squadra si aspetta chissà che spettacolo, per me toppa. Non soltanto oggi. Questa, infatti, era ed è una Spal tosta che ha fatto della sua forza il fatto di rischiare poco e, purtroppo, anche di creare altrettanto. Ma non stavolta perché cinque occasioni da gol in novanta minuti bastano e avanzano per mantenere questa posizione che vuole dire playoff, cioè il traguardo massimo di una stagione incredibile. E poi, quando hai solo i tre punti come imperativo, quando vieni da una crisi serve la compattezza, la cattiveria, la voglia, non i ghirigori. Altro che. Tutti insieme, allora, dagli spalti fino al campo passando per le scrivanie. Al bel gioco ci penseremo il giorno che saremo in B. Prima c’è ancora molto da fare e soprattutto da tifare. Forza Spal! E solo per stavolta: abbasso la Maratona di Roma!