“C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza, c’è solo la voglia e il bisogno di uscire, di esporsi nella strada e nella piazza… Bisogna ritornare nella strada per conoscere chi siamo…”. Ascoltando sull’Ipod in versione repeat questa splendida, profetica canzone del grande Giorgio Gaber e tifando per la sacrosanta protesta di tutti gli studenti d’Italia uniti. Ecco come è trascorsa la mia settimana dedicata, meno del solito, alla passione primaria, la Spal. E allora faccio l’opposto di quello che dicono le regole giornalistiche. Metto la notizia in fondo, cioè. Perché ognuno ha le sue priorità e personalmente non sono sorpreso da questa bella, convincente, importante vittoria su una squadra forte come il Padova.
Quindi comincio da un affare di famiglia, e di cuore, che mi ha ricordato proprio Gaber. Si tratta di un’abitudine che vorrei diffondere proprio come fa l’amico spallinato Duliamoergrassia con il verbo biancazzurro alla voce ambizioni. E se lo dice lui, lui che lo chiamano la sciarpa umana, il collegamento è facile, a proposito di sventolare. Funziona così. Che la Spal giochi in casa o in trasferta non fa differenza. Che si tratti dell’inutile Coppa Italia di serie C (Lega Pro continuerò a non scriverlo, sia chiaro) oppure del campionato la sostanza non cambia. E la sostanza è il solito sms. Che arriva presto, la domenica mattina. “Garrisce al vento la bandiera della passione”, scrive mio padre. E’ il segnale che annuncia la missione compiuta. Lo stendardo spallino è stato esposto per annunciare una nuova giornata di Spal. Molti ferraresi, dalla mia generazione a quelle precedenti, hanno passato migliaia di giorni di festa, rigorosamente dopo essere andati in piazza a prendere il vassoio con cannoncini o torta di tagliatelline o pasticcio di maccheroni, a vedere in giro per la città, lungo le strade, appunto, un mare di bandiere biancazzurre. Bandiere da (troppi) anni dimenticate in un cassetto o, peggio, lasciate appassire in granaio. Sarò nostalgico ma siccome, come scrivevo la volta scorsa, non sono democristiano e, soprattutto, non voglio morire democristiano nonostante capiti di rimpiangere quel passato, almeno di fronte a questo presente, sono contrario, solo in questo caso s’intende, al libero arbitrio, alla scelta personale, al santificare il giorno di festa soltanto con simboli cattolici. Non subendo, io, particolare, anzi, attrazione dai simboli religiosi, il mio simbolo della domenica era, è e continuerà a essere la bandiera della Spal. Tutte queste righe di affaracci miei, soltanto per lanciare un appello. Rimettete le bandiere sui vostri balconi perché ha ragione Gaber, c’è solo la strada (e la Spal, ovvio).
Chiusa parentesi. Prima di aprire quella, doverosa, sulla partita vorrei aggiungere una cosa. Questa. Segnalo una pagina sulla Gazzetta di venerdì scorso. Tema: le società che pagano gli stipendi regolari. Bene. La Pro Patria non paga da luglio, la Spal è in testa per pagamenti puntuali.
Il resto, finalmente, e chiedo scusa per il ritardo, è Spal-Padova. Un primo tempo normale, una ripresa eccezionale. In mezzo tanta voglia, altrettanto carattere e la solita bella squadra che continua a stupire perché il terzo posto solitario a due punti dalla vetta è un risultato strepitoso, inimmaginabile, fantastico. No, non sto esagerando. E’ questa Spal che esagera, che ci fa divertire, che ci ha fatto ritrovare l’orgoglio. I complimenti per chi l’ha costruita, per chi ha scelto chi doveva costruirla, per chi la allena, per chi gioca (tutti ma proprio tutti perché vedere un Servidei così è una super dimostrazione del concetto di gruppo) sono doverosi. A dare una grossa mano, stavolta più del solito, ci hanno pensato il pubblico finalmente all’altezza e, questa non è una novità, una curva grandiosa, infinita, fondamentale. Che lo spirito, questo spirito, continui a essere che noi. Amen.