Sei cresciuto nelle giovanili dell’Estudiantes di Buenos Aires giocando sessanta partite nella massima serie argentina. A ventiquattro anni vieni notato dall’Ancona e ti trasferisci in Italia. Una scelta di vita che, a detta tua, andava fatta molto tempo prima ma che poi per tanti motivi non hai potuto fare. Come mai?
“Sì, è vero, a quel tempo avevo una situazione familiare delicata, mio padre se ne era andato di casa e io, che sono il maggiore dei miei fratelli, avevo tutta la responsabilità della famiglia. Era impensabile lasciare tutti e partire. Quando i miei fratelli sono cresciuti ho potuto fare le mie scelte professionali con più tranquillità e sono venuto in Italia”.
L’Ancona è stato sedotto dal tuo gioco tanto che in pochissimo tempo sei entrato a far parte della storia del club marchigiano. Sei sempre stato considerato un lusso per la C1 e un calciatore che fa la differenza in campo. E’ stato quello il tuo trampolino di lancio?
“Sicuramente sì! Nell’Ancona ho trovato un ambiente bellissimo in tutti i sensi. Sono stato venduto al Palermo per tre miliardi di lire, soldi che servivano al club per pagare l’iscrizione al campionato. E’ stato un vero peccato andare via”.
L’esperienza calcistica al Palermo è stata più o meno positiva. Amato dai tifosi, un po’ meno dall’allenatore. In quel periodo i giornali hanno parlato di alcune vicende di intimidazioni di Cosa Nostra verso la squadra e la dirigenza del Palermo.
“Riguardo all’allenatore, Sonzogni, posso dirti che era impossibile andare d’accordo con lui e sicuramente anche i tifosi della Spal si ricorderanno quanto era insopportabile! In effetti giravano delle voci sulle intimidazioni alla squadra e al team ma in realtà non è mai successo niente di preoccupante. A me hanno bruciato l’auto ma la colpa non era della mafia, piuttosto di qualche mia frequentazione femminile… sbagliata!!”.
Si dice che il Padova sia stato il tuo grande amore e che proprio per questo tu abbia rifiutato offerte dalla serie B da parte di Atalanta e Ternana. Nel capoluogo euganeo hai mostrato subito la tua classe ricevendo in cambio grandissime manifestazioni di affetto da parte dei tifosi. Ad un certo punto però il feeling è finito…
“Tra me, la dirigenza del club e la stessa città di Padova c’è stata da subito una grandissima intesa. In quella stagione sono stato un po’ sfortunato a causa di una serie di infortuni che mi hanno tenuto lontano dal campo per molto tempo. Un vero e proprio calvario. Giocavo poco e questo per una squadra, alla lunga, è un peso. Così ho deciso di provare altre strade”.
Dopo numerose stagioni tra la serie B e la C1, condite sempre da gol, ti sei accasato a Ferrara scendendo per la prima volta in carriera in C2. Parlaci della tua esperienza nella Spal.
“E’ stato il mio primo anno di C2. Quando sono arrivato a Ferrara c’erano delle incomprensioni tra la tifoseria e il Presidente Tomasi. Lui ha un carattere un po’ particolare ma economicamente è molto affidabile e per un club questo è fondamentale. Della mia esperienza alla Spal ho sempre un bel ricordo, peccato per i disaccordi che ci sono stati tra me e una parte dei tifosi”..
Il tuo ruolo preferito è quello da trequartista, ruolo che però non era sempre previsto nel modulo di Dolcetti. Per questo motivo dopo essere partito titolare sei stato spesso sacrificato in panchina o impiegato in ruoli diversi. Come vivevi questa situazione?
“All’inizio nel modulo di gioco di Dolcetti era prevista una sola punta, poi è arrivato Arma, un grande giocatore, e i ruoli sono cambiati. La società ha ovviamente puntato su di lui ed io ho accettato di stare un po’ in disparte. Non mi faceva piacere stare in panchina ma un giocatore deve pensare sempre al bene della squadra”.
L’anno scorso hai firmato il contratto con il Bassano, un nuovo inizio che ti ha dato la possibilità di riscattarti dopo un campionato non proprio brillantissimo con la Spal. Come sta andando il campionato?
“Abbastanza bene. Non è un campionato facile perché nella nostra squadra ci sono pochi giocatori con precedenti esperienze in Lega Pro, gli altri sono molto giovani, al loro primo anno in questa categoria. In compenso la società è eccezionale, seria, puntuale e soprattutto presente. Ho avuto a che fare con società grandi e blasonate ma devo dire che il Bassano è una delle migliori”.
All’inizio dell’anno ti sei infortunato e sei rimasto per un po’ lontano dal campo. Come stai adesso?
“Tutto bene. Ho risolto il problema completamente e adesso sono in piena forma”.
E’ stato più volte detto che il mercato sudamericano è piuttosto rischioso perché il livello dei campionati argentini e brasiliani è di molto inferiore, sia a livello tattico che fisico, di quello italiano. Diventa facile sopravvalutare le prestazioni di grandi giocatori in patria che poi in Europa risultano anonimi. Che ne pensi?
“E’ vero. Un tempo gli osservatori studiavano i nuovi talenti basandosi solo su dei video che arrivavano dal Sudamerica. Però spesso, poi, il talento non era quello che sembrava. Così adesso per evitare errori di valutazione, e di conseguenza acquisti sbagliati, gli osservatori si recano personalmente sul posto e valutano con grande attenzione gli eventuali acquisti dei giocatori”.
Ce l’hai ancora il lounge bar che hai aperto a Padova nel centralissimo quartiere del Ghetto?
“No, l’ho venduto da poco e un po’ mi dispiace. Era un locale molto carino, centrale. Non era tanto frequentato dai compagni di squadra per non creare chiacchiere inutili. I giocatori nei bar non sono mai ben visti…”.
….sei un tanghero??
“Sì, ballo il tango ma non sono bravissimo. Mi capita di ballare ogni tanto nelle cene tra vecchi amici…. E’ un ballo molto sensuale, non facile, ma di grande effetto!”.
Ti mancano gli allenamenti che facevi in Argentina sulla spiaggia con il bagno in mare a fine seduta?
“Eh sì… In Argentina ci sono delle spiagge lunghissime e larghe quasi duecento metri. Durante i ritiri ci portavano su queste spiagge infinite e ci facevano allenare sulla sabbia. Era molto bello. Se poi ti capitava anche il mister amicone il bagno in mare a fine seduta era assicurato!”.
Cosa farà Christian La Grotteria da grande?
“Vorrei fare il dirigente e rimanere a Bassano. Come ho già detto la società è fantastica e l’ambiente mi piace molto. Ne ho già parlato con la dirigenza ma si deciderà tutto quando smetterò di giocare. Non ho mai pensato di fare l’allenatore, non fa per me. Non ho pazienza e per dedicarsi a tante persone contemporaneamente ci vuole molta predisposizione”.