L’INTERVISTA. Un anno e mezzo dopo Aldo Dolcetti ritorna a parlare nel giorno che sancisce la sua nuova, importante avventura. Da pochi minuti, infatti, è il nuovo responsabile tecnico-tattico del settore giovanile del Milan: “Ho appena firmato per due anni e mezzo con entusiamo anche se non ritrovo la panchina perché si tratta di un progetto importante. Ecco che cosa farò… In questi mesi mi sembrava inopportuno parlare di Spal ma vi seguo sempre e voglio salutare di qui tutto il pianeta biancazzurro!”
E’ passato più di un anno da quando, dall’esonero dalla Spal avvenuto il 17 (!) novembre 2009, Dolcetti ha firmato per un’altra squadra. Da allora, chi ha conosciuto Aldo non può che essersi augurato cose buone e giuste per un tecnico che, con stile, si è seduto per due stagioni sulla panchina biancazzurra. Un allenatore, meglio: un uomo, che in tutti questi mesi non ha mai voluto dire una parola per paura di sembrare inopportuno, invadente. Oggi no, oggi è diverso perché Dolcetti pochi minuti fa ha firmato un contratto importante e pluriennale. Un contratto per una società che si chiama Milan. Un contratto che alla voce mansioni riporta la scritta “Responsabile tecnico tattico di tutte le squadre giovanili”.
Intanto complimenti, Aldo. E sono complimenti sinceri. Ce n’è voluto per strapparti un’intervista… Dobbiamo ringraziare il Milan…
“Eh, sì. Come di solito accade nel mondo del calcio, tutto è avvenuto velocemente. Pochi giorni dopo Natale mi chiamò Filippo Galli, responsabile del settore giovanile del Milan, per dirmi che avrebbe voluto parlarmi. Mi propose di andare a Milanello il giorno 30 dicembre e io senza chiedere niente andai a quell’incontro”.
E fu così che arrivò una proposta irrinunciabile… Però si tratta di un mondo nuovo per te. O no?
“In realtà, vado già preparato, nel senso che era ormai tanto tempo che molti miei passi erano stati fatti come semina nei Settori Giovanili. Si, è vero avevo cercato prima dell’estate di inserirmi in alcune situazioni di Prima Divisione, ma le mie pubbliche relazioni sono un po’ silenziose. Non mi sentivo un calciatore normale, figurarsi come allenatore! Per ora, come mister, ho avuto tutte esperienze belle e importanti, ma che a quanto pare non mi hanno dato le credenziali per allenare in B o in A. Dovevo vincere alla Spal… Quindi pur seguendo un po’ tutto il calcio dei grandi, ho aperto la testa anche ai vivai. In estate avevo sperato di prendere la Primavera della Juventus perché mi sembrava il momento giusto nel cambiamento dirigenziale in atto, ma niente. Da lì ho seguito il mondo dei giovani di vari ambienti e studiato diverse situazioni. Ho seguito molto le dinamiche delle Nazionali giovanili coordinate da Sacchi e Viscidi. Ecco perché all’incontro sono andato tranquillo e curioso”.
Ecco, raccontaci quell’incontro…
“A Milanello c’erano Filippo Galli e Mauro Pederzoli, direttore sportivo del Settore Giovanile del Milan. Quest’ultimo è un amico, mi conosce e mi stima. Ho due flash back a tal proposito. Nel 1998 con lui vado in Spagna (io, da calciatore, volevo fare un’esperienza all’estero) e mi trovo di notte a Marbella con un presidente che mi voleva far firmare un bel contratto per il Ceuta, enclave spagnola in Marocco (se non sbaglio). La squadra faceva la serie C spagnola e io ero tentato di accettare, ma rallentai, chiesi del tempo e poi, rientrato in Italia, tutto finì. Nel 2007 ero fermo, avevo chiuso con il Lecco ancora prima di iniziare perché i presidenti volevano parlare dei loro figli che erano in rosa… e Pederzoli mi chiamò e mi chiese se accettavo di andare ad allenare la seconda squadra dell’Espanyol di Barcellona (avrei fatto la serie C spagnola), ma io in quel momento avevo già dato la mia parola per ritornare in Ungheria. Quindi due occasioni mancate! In pratica, stavolta a Milanello sono andato già con l’idea di prendere seriamente la cosa perché alla terza…”.
E che cosa è successo?
“In pratica, ho subito accettato la proposta di entrare nel Milan come responsabile dell’area tecnico tattica! Significa creare un valido osservatorio delle squadre dai Giovanissimi Nazionali alla Primavera e, soprattutto, organizzare lavori di campo specifici per potenziare le qualità e migliorare le lacune di una rosa ristretta di calciatori, considerati i più talentuosi”.
Conoscendoti, avrai già iniziato a lavorare…
“Beh, da quel giovedì mi sono immerso nella cosa con un paio di riunioni e qualche importante telefonata, fino a quando Galli e Pederzoli mi hanno chiamato per dirmi che il dottor Galliani era contento della mia entrata e aveva quindi firmato un contratto di due anni e mezzo per me”.
Contento?
“Sì, è una bella opportunità. E’ vero, non ritorno ad allenare una squadra di grandi o di giovani, ma mi affascina l’idea di costruire. Mi stimola la possibilità di operare in un ambiente di prima qualità. Spero di essere all’altezza. Io ho in mente già tutto, ma il passo più difficile sarà rendere pratica e funzionante l’idea”.
Ma come sono stati questi lunghi mesi senza panchina?
“Stare fuori non è facile né bello. La scorza è dura, ma ti impressiona sempre notare come molte persone non ti considerino proprio perché sei fuori dal giro. In realtà, io sono stato bene: ho vissuto la famiglia come non mai e mi sono messo di impegno per trovare valide alternative al “solo” allenare”.
Qual è stata la cosa più importante durante la sosta forzata, a parte la famiglia?
“Beh, la cosa più evidente è stata ritornare in Rai a fare televisione… Novantesimo Minuto di serie B è una trasmissione di servizio, i secondi sono proprio contati per cui è impossibile approfondire e non è nemmeno facile esprimere nella sintesi qualcosa di sensato. Il clima, però, è buono e la visibilità alta: ricevo tante e-mail o messaggi o telefonate tutte di complimenti. In alcune occasioni sono anche andato a fare la seconda voce nei posticipi di Prima Divisione. Mi piacerebbe continuare per migliorare. Insomma, mi piacerebbe fare qualcosa di bello in televisione, con più tempo a disposizione e contenuti anche spettacolari. Che ne so, mi piacerebbe fare la prossima stagione, una trasmissione con te dietro le quinte, insieme ad esempio a Marco Mazzocchi e Simona Rolandi, una trasmissione che parli semplicemente dei gol… ma di questo ne parliamo privatamente…”.
Nel frattempo hai altre idee. Una delle quali è molto interessante. Puoi raccontarla?
“Sì, in effetti, un progetto importante è RilevAzione (rivelazione e rivoluzione). Ho codificato le azioni dal punto di vista collettivo e nella pratica dall’inizio della stagione ho osservato e archiviato tutti le azionigGol della serie A e della serie B. Un lavoro duro ma di soddisfazione, al punto che con il Settore Tecnico di Coverciano ho stretto un accordo di tre anni per fornire tutti i gol di serie A osservati nei particolari. Una collaborazione aperta che prevede la mia presenza in varie occasioni…”.
Certo, non si può dire che tu ti sia annoiato…
“Eh, no. In questi mesi, oltre a vedere partite e allenamenti per tenere e coltivare alcuni rapporti, ho anche seguito più da vicino la mia società Installer che si occupa tanto di calcio… quindi anche se non ho allenato la palla l’ho vista tanto”.
Certo, ci voleva il Milan per farti parlare. Indovina la prossima e ultima domanda visto che nessuno spallino ha più sentito o letto Dolcetti da quel giorno dell’esonero…
“Sì, è vero. Da quando sono andato via dalla Spal, non ho mai parlato perché non lo ritenevo necessario. Ora che inizio un’altra avventura mi preme salutare tutto il pianeta Spal. In realtà vorrei salutare un po’ tutti uno per uno, ma la lista sarebbe lunga. Per ora il campionato è stato di alto livello, vi seguo sempre e come sempre non è facile, ma a qualcosa saranno servite le stagioni scorse… Forza Spal!”