Tre anni di gestione Butelli, terzo allenatore presentato. Controtendenza netta con i propositi ideali del presidente, che infatti apre la presentazione di Gian Marco Remondina parlando di “circostanza che indica che qualcosa non è andato per il verso giusto”. Ma tant’è, i recenti risultati conseguiti dalla banda Notaristefano imponevano una svolta e quindi ecco arrivare l’ex tecnico di Sassuolo, Piacenza e Verona, per la prima volta in carriera nel ruolo di subentrante in corsa. Un altro ex centrocampista, peraltro nato in Lombardia come entrambi i suoi predecessori. L’unica differenza sta nel tipo di centrocampista: d’impostazione Dolcetti e Notaristefano, il classico mediano da canzone di Ligabue il nuovo mister. Remondina, che Butelli nomina per nome (“Perché un Remo c’è già in società, ed è Turra”), ha impostato la sua presentazione con toni sobri, soffermandosi a lungo sugli aspetti psicologici del compito che lo attende da qui a giugno.
Cosa l’ha portata ad accettare l’offerta della Spal?
“Sicuramente l’importanza di Ferrara come piazza storica, una città che sente il calcio e lo vive a pieno. La società qui ha piani a media distanza e quindi si può lavorare con tranquillità. Noi, ma io per primo, dovremo dare la scossa e centrare l’impresa a cui molti non credono più”.
È la prima volta che accetta un incarico a stagione in corso. Questo condizionerà il suo metodo di lavoro?
“È una nuova esperienza ma nella sostanza cambia poco. Conosco abbastanza bene le caratteristiche dei singoli giocatori, mi interessa però valutare le qualità caratteriali e morali che sono poi quelle più importanti in questa categoria. La differenza in terza serie la fa il carattere, non solo la qualità. Serve la voglia di mettersi in discussione e di vincere: cose che vengono solo attraverso gli allenamenti. La qualità c’è, bisogna vedere se c’è anche il resto”.
Com’è ha trovato il gruppo, soprattutto dal punto di vista del morale?
“I ragazzi mi sono sembrati motivati, si sono messi a disposizione. Quando si cambia metodo ciò che conta è trovare calciatori che accettino ciò che il nuovo allenatore propone. I giocatori in genere sono abituati ai cambi d’allenatore e a lavorare anche in maniera diversa. La cosa importante è reggere mentalmente i cambi di programma durante la settimana”.
Ha avuto modo di farsi un’idea di massima sulle ragioni che hanno portato la Spal a incepparsi in questo 2011?
“È difficile farsi un’idea stando fuori, o anche solo dopo il primo allenamento. Dovrò verificare giorno dopo giorno. Non ho avuto modo di vedere l’ultima partita di Pagani e dovrò vederla presto per farmi un’idea chiara di cosa non funziona. Certo è che due punti in sei partite sono veramente pochi per una squadra che mi aveva fatto una buonissima impressione a inizio campionato quando la vidi a Lumezzane: una squadra che mi è parsa forte sotto tutti i punti di vista. Credo basti poco per cambiare volto a una stagione, il vincere una partita può portarti ad aprire nuovi orizzonti. Forse a questa squadra manca proprio questo: una vittoria per potersi sbloccare mentalmente”.
Di certo tra i compiti della squadra, oltre che quello principale di migliorare la classifica, ci sarà anche quello di ricucire un rapporto col pubblico che è andato progressivamente deteriorandosi.
“C’è solo un modo per rinsaldare il rapporto col pubblico. Quello di far vedere, da parte dei giocatori, che lottano fino alla fine. Questa deve essere la regola fondamentale del nuovo corso: le partite si possono perdere, però la mia squadra deve lottare fino al novantacinquesimo. Se non c’è qualità abbinata all’orgoglio di sudare per questa maglia, diventa un po’ difficile. Credo sia necessario riaccendere l’entusiasmo che c’era prima. Perché so che il pubblico è attaccato alla maglia, gente che tramanda la fede per la Spal di padre in figlio. Lo so perché ho giocato spesso qui e ho sempre visto la curva strapiena”.
Si aspetta clima di diffidenza o addirittura di contestazione per domenica?
“Per esperienza personale posso dire che i migliori risultati si ottengono quando i giocatori possono giocare senza la pressione, senza il pensiero dei fischi per un passaggio sbagliato o cose del genere. Un calciatore da il meglio di sé quando e sereno e sente di fare qualcosa di importante: ecco perché a inizio stagione e le cose andavano bene si sentivano carichi. Adesso in queste sei partite è venuta meno l’autostima perché sentono dire che sono scarsi, che non si arriva ai playoff, eccetera. È chiaro che si può risalire solo con l’impegno massimo”.
Da più parti si è detto che la medicina per il momento no della Spal possa essere un mister con un approccio disciplinare molto rigido. Lei come si pone in merito?
“Non voglio recitare la parte del sergente di ferro. Chiaramente su certe cose non si transige, ma per altre serve assolutamente il dialogo”.
Lei storicamente ha sempre prediletto il modulo 4-3-3.
“Sì, con tutte le mie squadre ho sempre utilizzato questo modulo, ma anche il 4-4-2 col rombo di centrocampo. Valuteremo i giocatori, ma questa squadra è costruita per il 442, non è il caso di schierare giocatori fuori ruolo”.
Porterà a Ferrara qualche collaboratore a lei gradito?
“No, lo staff attuale è confermato. L’unico cambiamento interesserà il ruolo di Beppe Brescia, che conosco dai tempi in cui giocammo insieme ad Andria: svolgerà un ruolo di maggiore vicinanza alla prima squadra, pur mantenendo il suo incarico alla Berretti”.
Visto che ha citato la Berretti: qual è la sua politica in merito ai giovani?
“Ho sempre creduto nei giovani di qualità, fin ai tempi di Sassuolo in C2, ma anche a Verona con i tanti prestiti dalle squadre Primavera. Abbiamo la fortuna di avere un centro sportivo in cui la Berretti si allena con la prima squadra: mi sono già consultato con Brescia e ogniqualvolta ce ne sarà l’opportunità avremo l’occasione di inserire gradualmente i ragazzi più meritevoli”.
La domanda d’obbligo: dove può arrivare effettivamente questa Spal?
“Difficile dirlo, la squadra ha sicuramente come obiettivo principale di centrare i playoff. A qualcuno può sembrare un obiettivo perso, ma io ci credo perché la Spal sia una buona squadra, a condizione che vengano soddisfatti certi requisiti caratteriali di cui ho parlato prima”.
Ulteriori parole in merito all’ingaggio di Remondina sono state spese anche dal presidente Butelli e dal direttore generale Bortolo Pozzi. Il numero uno biancazzurro ha commentato con la sua consueta ironia agrodolce il contesto in cui è maturato l’esonero di Egidio Notaristefano: “L’anno scorso avevamo chiesto a Egidio certi risultati che ha raggiunto molto brillantemente. Quest’anno abbiamo alzato l’asticella delle aspettative e quanto di buono fatto l’anno scorso non è stato replicabile: purtroppo alla cena di Natale ho pronunciato delle parole che se potessi mi rimangerei assieme al panettone e a tutto il resto, perché da quel momento non abbiamo più vinto. Rimaniamo convinti del fatto che la nostra sia una squadra che può giocarsela fino alla fine e dire la sua a certi livelli. La nostra paura era quella di perdere ulteriore terreno e purtroppo non potevamo fare altro che sostituire l’allenatore. Per questo è arrivato Remondina, un allenatore che ci è parso il più adatto alle nostre esigenze”.
Lo stesso Bortolo Pozzi ha sottolineato la bontà della scelta: “Dovevamo scegliere un allenatore che fosse esperto della categoria, che conoscesse la nostra squadra, che ci potesse dare la tranquillità necessaria e fosse abituato a lottare per vertici: mi sembra che tutte queste caratteristiche Remondina le abbia. È un allenatore ancora giovane e affamato di vittorie. Il suo contratto scade il 30 giugno, ma se ci piaceremo a vicenda il matrimonio potrà allungarsi. La nostra non è una scelta votata esclusivamente al breve periodo: avessimo dovuto ragionare in questi termini avremmo scelto un altro profilo di allenatore. Remondina rapresenta l’allenatore numero uno tra quelli disponibili al momento. Un mese fa ha rifiutato un’offerta dalla serie B e una dalla Prima divisione, proprio perché vuole lavorare in una piazza storica e ambiziosa come Ferrara”. E sui natali bresciani lo stesso Pozzi ha puntualizzato: “Il fatto che sia bresciano è davvero un caso, non abbiamo mai lavorato assieme”.