Cari ragazzi, scrivo a e per voi perché la voglia di riempire il solito spazio è pari a quella che la Spal dimostra sul campo alla voce voler vincere o anche semplicemente giocare (giocare: ribadisco il verbo). Mi rivolgo ovviamente ai tifosi biancazzurri e in particolare a quegli otto o dieci o sei o venti, non importa il numero, che domenica scorsa hanno attraversato l’Italia per mantenere fede al motto più bello e spallino. Hanno fatto, cioè, quello che possono per la loro Spal. Già. Il problema è che non esiste il rovescio della medaglia. Non c’è, insomma, la Spal che fa quel che può per i propri tifosi.
Ormai passano le domeniche ma non le sconfitte consecutive che ora sono cinque. Mi è preso uno “sciopone” quando Sandro Sovrani, in radiocronaca, ha snocciolato il dato che non solo non mi aspettavo, ma mi fa tremare ancora oggi. Soltanto una volta nella pur lunga, travagliata storia dell’Ars et Labor avevamo potuto contare cinque domeniche sciagurate una dopo l’altra.
Era la stagione 94-95 e sulla panchina c’era il signor Guerini… Ho detto niente e ho detto tutto (citazione del grande Tony Sperandeo). Per farla breve bisogna andare a rispolverare certi fenomeni per trovare analogie del genere (horror). Ecco, credo proprio che quei ragazzi, tesserati o meno, che erano anche a Salerno e, più in generale sono spesso e ovunque, rappresentino bene le dimensioni e lo spessore dell’offesa che la nostra perduta Spal sta buttando in faccia, e in quel posto, a chi non perde la propria passione a prescindere dai risultati e dalle prestazioni, dall’impegno e dalla voglia, dalla grinta e dallo spirito che siamo costretti a (non) vedere dall’inizio del nuovo anno.
Potrei stupirvi con effetti speciali. Potrei, cioè, elencare i numeri imbarazzanti che hanno portato fin qui. Le sconfitte, i gol (non) segnati, i tiri in porta, i punti (non) fatti. Tutta questa bella robina qui praticamente sempre preceduta da una parentesi negativa. E invece no, lascio stare perché i numeri, ormai, li conoscono tutti e a questo punto sono persino irrilevanti davanti a questa crisi infinita e imprevedibile.
Anche a leggere i vari commenti, i pareri sono tanti e diversi. Chi ipotizza una fronda, chi cose persino peggiori e illegali, chi la butta sulla condizione fisica, chi sul morale, chi sulle assenze… Non ho idea di che cosa sia vero e cosa no e, sinceramente, non vedo complotti e schifezze simile. Ed è anche peggio per certi versi. Una cosa, però, è verissima. E si chiama delusione. Quella, sacrosanta, di tutti. Di quelli che, sbagliando, pensavano di vincere il campionato a mani basse e quella di chi era certo che arrivare ai playoff fosse un dovere. A fine anno si tireranno le somme, si manderà a prendere una boccata d’aria chi ha fallito – e contribuiremo ad allungare la lista dei disoccupati, è bene saperlo, vista l’aria che tira nel calcio – e a quel paese chi ha perso, semmai li ha avuti, i maroni per strada. Ma il problema è arrivarci a fine anno. Arrivarci e con la salvezza, senza passare per i playout, in tasca. Cosa, questa, che magari verrà considerata una pura formalità e invece non lo è affatto. Si salvi chi può, oggi, non è un titolo pessimista a effetto ma è un invito a superare questa tragica realtà. Il calendario, le assenze, gli infortuni, le squalifiche, più che altro questa Spal… c’è nulla che garantisca altre speranze se non quella, prioritaria e totale, che porta a sperare che questa incredibile stagione finisca presto e bene. Cioè male, perché sarà lontana dagli obiettivi stagionali, ma bene perché lontana dagli spareggi per non retrocedere che in questo momento sono alla portata biancazzurra più di qualsiasi altra cosa o discorso.
A parte la voglia zero di commentare e scrivere e assistere – perché anche noi de Lo Spallino.com siamo andati, indomiti e coglioni, a Salerno – a questo scempio che, se è possibile, peggiora con il passare delle domeniche, nemmeno mi consola una sciocca e personale rivalsa che qualche lettore mi invita a mettere in mostra nei confronti di chi, e da parecchio, sosteneva che il problema bianco e azzurro fosse Notaristefano. Lo dico a quelli che scrivono sulla nostra bacheca di Facebook: anche questo è un esercizio di stile. Sbagliamo tutti – io per primo visto il mio soltanto ora superato ottimismo (perché va bene tutto ma la classifica la vedo persino io!) – ma conta come i punti fatti recentemente, zero quindi, rinfacciare ora che, almeno su questo aspetto, le cose paiono chiare e limpide. No, c’entrava poco Notaristefano che, anzi, con questa stessa, ora orribile, squadra i suoi bei punti li aveva fatti, eccome. Così come sarebbe sbagliato buttare la croce sul povero Remondina che hai già i suoi enormi affari a cercare di portare in secca un gruppo completamente smarrito e senza avere responsabilità in questo stesso smarrimento.
Più dell’aspetto fisico e delle assenze, è un problema di testa e di forza di reagire che non c’è. Io la vedo così. La squadra sembra non comprendere la situazione in cui si è trovatae il fatto che l’obiettivo (passato) fosse vincere il campionato peggiora ulteriormente le cose. Le solite assurde dichiarazioni del dopo partita – ritornello ormai fastidisioso del tipo “siamo una squadra forte” – paradossalmente ribadiscono questa tesi banale. Ancora oggi non c’è la cognizione del disastro che sta andando in scena. Questa, a mio avviso, sarà l’impresa di “Remo”. Far capire ai suoi che la bella squadra che c’era una volta adesso deve fare soltanto (si fa per dire) quei circa nove punti che servono per salvarsi. Punto e basta.
Analisi, commenti, pareri… diventa, ed è, tutto inutile davanti alla situazione di oggi. Che suona pure da presa per il culo nei confronti di quelli a cui, inizialmente, ho dedicato, davvero con affetto e solidarietà, questo triste articolo. Provo a fare una battuta che mai avrei pensato di fare ma dà l’idea di quello che considero il momento attuale che però dura da un bel po’ di tempo. Avevo scritto che dopo aver toccato il fondo avevamo già cominciato a scavare. Confermo, e aggiungo, che se prima eravamo alla frutta, ora siamo arrivati al maraschino. L’amara battuta di cui sopra, invece, è una constatazione, questa sì poco discutibile. Una certezza, una sola, ogni tifoso biancazzurro può conservarla in vista della prossima domenica. Stavolta la Spal non perderà. E si tratta di una notizia. Che poi sia perché c’è la sosta è vero ma di questi tempi sapere di poter trascorrere una domenica senza depressione pallonara e spallina non è poco. Chiamatele, se volete, (amare) consolazioni.