BUGLIO, L’AMICO DI LIPPI CHE NON RIUSCI’ A GIOCARSI I PLAYOFF: C’ERA CHI REMAVA CONTRO

Col suo grande amico Marcello Lippi, Francesco Buglio (catanese di nascita e viareggino d’adozione) divide la passione per il buon vino e per il mare. Fu proprio il tecnico del Mondiale di Berlino a volerlo come suo vice quando andò ad allenare la Pistoiese nel lontano 1985. L’avrebbe voluto con sé anche sulla  panchina della Carrarese, ma lui non se la sentì di abbandonare il negozio d’abbigliamento che aveva aperto perché non poteva permettersi di non lavorare. Da allora, per entrambi, ne è passata di acqua sotto i ponti, ma la loro amicizia non è cambiata, e Francesco Buglio, dopo l’esperienza agrodolce di qualche anno fa a Ferrara, ora è impegnato a togliere dalle sabbie mobili della bassa classifica di Lega Pro Seconda Divisione i nerostellati del Casale, nobile decaduta del calcio italiano che vanta addirittura uno scudetto vinto nel lontano 1914, quando il calcio era roba da pionieri.

Come sta andando il campionato a Casale?
“Stiamo tutti lavorando tanto per tirarci fuori dalle ultime posizioni, e ce la faremo”.

E’ una piazza gloriosa, quindi credo stimolante per allenare.
“Sì, la gente qui è orgogliosa della grande tradizione della propria squadra, ed è esigente. Ci sono molte similitudini con la piazza di Ferrara”.

Torniamo all’annata 2007-08: che ricordo ha della sua esperienza alla guida della Spal?
“In quei mesi passati a Ferrara sono stato benissimo, non solo dal umanamente. Anche sul fronte sportivo, infatti, ho avuto delle belle soddisfazioni, tant’è vero che, quando è arrivato l’esonero, la Spal era in zona playoff”.

Come spiega allora quell’esonero?
“C’erano persone che portavano notizie non positive su di me alla proprietà. Non voglio fare nomi, ma a qualcuno non piaceva la mia professionalità, e ha usato la propria influenza contro la persona Buglio, nonostante io avessi cercato di andare incontro a chi agiva in maniera tanto scorretta verso di me, usando la mia intelligenza per la causa della Spal. Io rispetto tutti, dal magazziniere al presidente, e per me parla il campo, ma qualcuno, in quelle circostanze, mi ha mancato di rispetto. A distanza di un mese dal mio esonero, però, ho avuto la grande soddisfazione di leggere su un quotidiano sportivo nazionale le dichiarazioni del presidente Tomasi: “Se tornassi indietro, non esonererei Buglio”. E poi non mi sembra che chi è venuto dopo di me abbia fatto meglio, perché la squadra ha fatto fatica fino alla fine”.

Infatti, i tifosi spallini ricordano ancora tutti molto bene il tragico epilogo di quel campionato col Portogruaro.
“Esatto. Noi eravamo partiti con qualche difficoltà, ma ci eravamo ripresi benissimo. Poi abbiamo avuto una crisi dopo la sosta natalizia e, come spesso accade in questi casi,  è arrivato l’esonero. La squadra era buona, ma c’era chi si aspettava che vincessimo il campionato con dieci punti sulla seconda. Quell’anno però c’era la Reggiana che vinceva tutte le partite, e può capitare di ritrovarsi contro una squadra più forte e più fortunata. L’avevamo battuta in casa e in Coppa Italia, non eravamo da meno, ma noi pareggiavamo e loro vincevano”.

Quel crollo dopo la sosta natalizia ricorda tantissimo quello della Spal di quest’anno. Come si spiegano certi eventi?
“Mah…! Il calcio non è una scienza matematica, e non esiste una risposta certa. A me fu imputato di aver dato ai ragazzi due giorni in più di riposo: glieli avevo promessi se avessero vinto a Viterbo l’ultima partita prima di Natale, e così fu, ma quei due giorni non furono certo la causa della crisi dopo la sosta”.

Si sarà fatto, però, un’idea delle possibili cause, e del perché un problema simile si verifica così frequentemente a Ferrara.
“Un crollo dopo le feste non è un problema fisico. Non so… mi viene da pensare al clima freddo… o forse alla testa dei giocatori. Butto lì un’ipotesi: che a Ferrara stiano troppo bene? C’è però da dire anche un’altra cosa: chi costruisce squadre in piazze così importanti deve creare la miscela giusta, prendendo gente che ha fame, soprattutto per giocare in terza e quarta serie. I grandi nomi devono essere giocatori che corrono e lottano, altrimenti trovano difficoltà a calarsi nella mentalità della categoria”.

Lei poi ha sempre fatto molto affidamento sull’unità del gruppo.
“Proprio così. Mi piace coinvolgere tutti nel lavoro, non solo tra i giocatori. Bisogna far squadra anche fuori: magazzinieri, fisioterapisti, dirigenti, tifosi, stampa… altrimenti succede come a Buglio a Ferrara!”.

L’anno scorso ad Alessandria, invece, com’è andata?
“E’ stata un’esperienza bellissima. Quando sono subentrato, a campionato in corso, ho trovato un gruppo fortissimo che doveva ritrovare autostima ed essere motivato. Purtroppo la società aveva grossi problemi, ma siamo risaliti fino a sfiorare i playoff. Alessandria ricorda molto Ferrara. Perché c’è la stessa qualità di vita. Quei giocatori formavano un bel gruppo, cresciuto bene insieme negli ultimi due anni. Si vedono e s’incontrano ancora, e uscivano anche coi tifosi. Se si riesce a cementare bene un gruppo importante in estate, può essere la fortuna di un’annata per città, squadra e allenatore. La forza, comunque, sono sempre i giocatori, e un allenatore conta per il 15, 20%. Poi può sempre capitare un’annata in cui va tutto storto, anche se si cura ogni particolare: prendi ad esempio la Juventus di quest’anno”.

Come può uscire la Spal dall’attuale momento difficile, secondo lei?
“Quando si perdono così tante partite di seguito si può anche pensare di cominciare a non perderle. Intendo dire che non si deve per forza vincerle, ma uscire da questa situazione per gradi. Credo anche che sia importante il rientro di Cipriani, perché ora non mi pare ci sia chi possa ricoprire il suo ruolo”.

Come sta andando Marongiu? Viene impiegato un po’ a singhiozzo.
“Quand’è arrivato era un po’ in ritardo di condizione, perché era fermo da un paio di settimane, poi ha avuto qualche problema fisico, ma ora è in ripresa. L’avevo preso io dagli Allievi per farlo allenare con la prima squadra della mia Spal, perché ne avevo visto le qualità. Questo sta anche a dimostrare che sono sempre stato un allenatore aziendalista, e ne sono orgoglioso. Poi l’avevo cercato anche quand’ero a Poggibonsi, ma la Spal aveva cominciato a impiegarlo con una certa frequenza, e non se ne fece nulla. Quest’anno sapevo che non giocava, così gli ho chiesto di venire a Casale”.

Con voi c’è anche un altro ex spallino, che qualche anno fa ha vinto la sua sfida più difficile, contro una grave malattia che aveva messo in pericolo la sua vita: Maurizio Brancaccio.
“Certo, è il nostro allenatore dei portieri! Ora sta bene, e anche lui parla sempre in termini molto positivi della sua esperienza alla Spal”.

Lei ha mantenuto dei contatti a Ferrara?
“Sì, ho molti amici, sia tra i tifosi sia tra i giornalisti, e nei posti che frequentavo: ristoranti, bar… Sono sempre in contatto con loro, e mi aggiornano sulle vicende della squadra. Vorrei ricambiare rivolgendo un saluto e un augurio a tutti voi che mi avete sempre trattato bene. Sono sicuro che presto arriverà l’anno giusto per vincere un campionato: bisogna pazientare, ma non dovrete aspettare tanto, perché Ferrara è una piazza troppo importante”.

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