FERRARA – E’ dopo giornate come queste che capisci quanto sia difficile avere come hobby principale quello di trascorrere la domenica pomeriggio alla Spal. E’ quando pur vincendo alla fine non sei contento. E non per una qualche masochistica e sadica regione che appartiene solo a questa razza in via di estinzione che è il tifoso biancazzurro. No, c’è dell’altro. E’ dopo partite stravinte come questa che non puoi e non devi essere contento. Perché oggi abbiamo avuto la certezza (sempre che ce ne fosse ancora bisogno) che la Spal ha buttato in vacca l’ennesima stagione. La più ghiotta, probabilmente, che potesse capitare degli ultimi anni. Capisci che non è servito a una beneamata ceppa fare trentatré punti in diciotto partite. Perché poi, succede sempre qualcosa che ti ricaccia in gola tutta la voglia di urlare che hai dentro. Dietro l’angolo, stavolta, ecco il maledetto girone di ritorno. Deve essere stata tutta colpa di un panettone mal digerito o di una maledizione divina e qui chi ce l’ha tirata deve averlo fatto proprio bene perché non si ricorda a memoria d’uomo una squadra più falcidiata di questa: non è un alibi, lo abbiamo scritto decine di volte ma giocare per due mesi senza Migliorini, Smit, Cipriani e Fofana non è proprio la stessa cosa che averli. Una situazione fantozziana. A Monza si era già intuito che ci si era abbuffati troppo andando a perdere contro l’ultima della classe e, affatto contenti, dopo una parentesi tutt’altro che felice con la Cremonese dove ci si è accontentati di un fortunatissimo pari, ecco arrivare il regime dietetico ferreo: zero punti in cinque partite e poi quattro ics prima finalmente di ritrovare una vittoria, contro la Reggiana, due settimane fa, che ha visto i biancazzurri tornare in discreta forma. Quasi pronta per tornare in corsa. Prima di Verona dove, nell’uovo di Pasqua, la squadra di Butelli deve aver trovato come sorpresa un bel biscotto della fortuna che all’interno doveva avere come messaggio un qualcosa di simile a “è meglio che la finiamo qui”.
Peccato. Da Pavia a Salerno è passato metà torneo, peccato perché è qui che siamo convinti la Spal abbia letteralmente regalato ad altri un posto ai playoff che ai più sembrava pressoché scontato vista la rosa a disposizione e la pochezza che questo campionato ha offerto. E allora leggere la delusione, oggi, frammista a rassegnazione negli occhi della gente all’uscita dei cancelli del “Paolo Mazza” alla fine di un 3 a 0 storico perché erano quasi ottant’anni che i ferraresi non regolavano i romagnoli con un passivo di tal portata e trentotto che il Ravenna almeno un gollettino in casa nostra lo faceva, è un sacrosanto diritto. Aldilà degli applausi e dei cori (timidi). Non importa che la matematica ci tenga lì, appesi a sperare un qualcosa che non succede, ma se succede… le parole di Butelli d’altronde, a fine gara, sono un segnale di resa quasi anticipata, una cosciente presa di posizione da vero numero uno di questa società che ha capito che va bene farsi del male ma a tutto c’è un limite. Atteniamoci alla realtà e basta. Oggi una Spal normalissima ha surclassato un imbarazzante e inguardabile Ravenna davanti al minimo di pubblico presente da quando c’è in sella questa dirigenza e ha conquistato la permanenza in categoria a due giornate dal termine. Poco che sia, alla fine questa è la realtà e Remondina è riuscito a centrare l’obiettivo per cui era stato chiamato. L’allenatore bresciano non ha impressionato, si dirà, ma è anche vero che con questo materiale a disposizione visti gli infortuni di cui sopra poco c’era da sorprendere se non sorprendersi in negativo date le premesse e le condizioni atletiche e mentali in cui versava questa rosa quando il tecnico se l’è caricata sulle spalle come se fosse un fardello o, vista la Pasqua appena trascorsa, una pesantissima croce da portare in giro per la Prima divisione. La Spal è salva ma da festeggiare c’è nulla, la pazza corsa su Verona e Salernitana che solo una sadica matematica tiene ancora viva per un posto nelle prime cinque ha il sapore che può avere l’impresa di un tale che prende al volo un treno che gli passa vicino ai trecento orari. Lasciamo stare, davvero. E ripartiamo da una programmazione solida e senza la voglia di strafare a ogni costo, un passettino per volta che all’inizio non stupirà nessuno ma che alla lunga può garantire un solido ritorno in fatto di passione, di tifo e di risultati. Ne è a parziale dimostrazione la squadra Berretti, salutata e osannata dai pochi intimi con infiniti cori d’affetto durante l’intervallo, venti e passa ragazzi “sconosciuti” meritevoli di una passerella sul bellissimo biliardo che è oggi il “Paolo Mazza” dopo aver giocato da Spal e vinto il proprio girone di campionato regalandosi l’imminente fase nazionale. Quattrocentoquarantasei paganti, fare peggio è difficile. La società lo tenga a mente. Con i nomi non si va lontano. Con cuore, fame e grinta invece sì. E forse si riempiono anche gli stadi.