Saul Malatrasi è un ferrarese adottato grazie ai suoi trascorsi biancazzurri. Fu un giocatore polivalente, in grado di giocare come terzino, come difensore centrale, come libero e come mediano. Nella fase difensiva emergeva come difensore roccioso e affidabile, sicuro e ordinato nei passaggi, con una buona continuità di rendimento. Nativo di Calto in provincia di Rovigo, ha vestito tutti i colori dell’arcobaleno calcistico dalla Spal, dove ha esordito in serie A contro la Juventus, alla Fiorentina ma anche Roma, Milan, Inter per concludere proprio con la Spal. Ha un palmares esaltante: tre scudetti, due Coppe Italia, due Coppe dei Campioni, tre Coppe Intercontinentali (!).
Com’è arrivato alla Spal?
“Nel 1955-1956 giocavo nel Castelmassa in Promozione, convocato con la Rappresentativa Veneta a Fabrico contro la Rappresentativa Emiliana. C’erano diversi osservatori tra i quali Edgardo Guirrini che mi segnalò alla Spal. Dopo una settimana, feci qualche provino alla Spal, l’ultimo allo stadio Comunale. Presero me e un centravanti, Padovani, e per un anno ho giocato nel campionato De Martino (una via di mezzo fra primavera e riserve) e poi nelle riserve, che allora disputavano un campionato infrasettimanale. Nel ’58-’59 ho debuttato in serie A nella prima partita di campionato Spal-Juve: venni espulso al 35′ del primo tempo (nella foto qui sotto a destra) per un fallo, ma ho potuto giocare la domenica successiva quando vincemmo a Trieste”
Che ricordi ha di Paolo Mazza?
“Me lo ricordo specialmente quando fu commissario della Nazionale con Herrera e mi convocò per gli sfortunati Campionati del Mondo in Cile. Giocavo già a Firenze”.
Frequenta ancora il mondo del calcio?
“No, assolutamente. Ogni tanto vado a vedere una partita, ma solo per diletto”.
In che cosa è cambiato il calcio da quando giocava lei?
“Mah. Secondo me sono cambiati i termini, è cambiato il linguaggio (terzino alto o basso per esempio. Una volta c’era l’ala tornante e il fludificante…) ma non la sostanza. Quello che veramente è cambiato è il ritmo di gioco”.
E’ giusto far giocare in Prima Divisione il più possibile i giovani, visto che ormai, con l’invasione degli stranieri, si fa fatica a trovare posto in squadra?
“Eh… sarebbe giusto! Ma se si mettono in mostra, si impegnano e fanno bene, riescono comunque a emergere. Anche se il “fascino” dello straniero è sempre forte. Lo era anche ai miei tempi!”.
Come vede questa stagione della Spal?
“Negli ultimi tre anni ha deluso, soprattutto nell’ultimo: Metà campionato buono e metà disastroso. Non hanno fatto il necessario salto di qualità. Quest’anno riparte con umiltà, pazienza e specialmente con un programma a lungo termine. E speriamo…”.