Non so se Cesare Butelli sia un avventuriero, come sostiene qualcuno a Ferrara. Dovessi sbilanciarmi, direi piuttosto un avventuroso. E non tanto, o non solo, perché adesso si cimenta anche come aviatore, quanto perché di questi tempi guidare una società di Prima Divisione è esercizio che confina davvero con lo spirito di avventura. Nessuna certezza, trappoloni sparsi sul cammino, introiti irrilevanti, seguito e visibilità sempre in fase calante, tanti bei soldini da tirare fuori. I mecenati, o pseudo tali, sono pochi, e anche quelli che fanno trasfusioni da milioni di euro nelle vene dei loro club, procedono parimenti senza certezze. Pensiamo allo Spezia del petroliere Volpi: con quello che ha speso è già sull’orlo della crisi, e con quello che ha speso se non dovesse salire in B sarebbe un disastro, perché in questa categoria non si possono ammortizzare certe cifre.
Posto che la mia forza o la mia debolezza è il dubbio, e che per natura sono alquanto diffidente, mi viene difficile pensare a Butelli come ad un avventuriero (per tornare al punto iniziale) perché l’avventuriero solitamente prende e scappa. E qui c’è poco da prendere, semmai c’è stato e c’è molto da dare. Inoltre, Butelli non è scappato, è alla sua quarta stagione sulla prua spallina. Basta per assolverlo? Questo non è compito mio, né ho l’intenzione di istruire processi ed emettere pure i verdetti, quali che essi siano. Le difficoltà incontrate dalla Spal e da Butelli sono state e sono sotto gli occhi di tutti. Inutile fare gli ipocriti. E’ evidente che la Spal non ha un presidente in grado di finanziare da solo e senza affanni la gestione del club, altrimenti non si sarebbe ricorsi a geniali e/o curiosi artifizi come quello del fotovoltaico. E’ altrettanto chiaro che Butelli ha provveduto di tasca sua in più di un’occasione (anche di recente). E’ al contempo innegabile che un rafforzamento della struttura dirigenziale porterebbe agio alla politica economica, ma ciò non giustifica il cittadino lavoro di erosione (non tanto sotterranea) ed il sarcasmo (che è ben diverso dall’ironia) che accompagnano la quotidianità della Spal butelliana. Penso di poterlo affermare perché non ho vincoli di complicità con questa proprietà e con questa dirigenza, con le quali mi sono trovato spesso in civile disaccordo per questioni di politica sportiva, di pianificazione, di idee, di concetto di calcio, e per quella che – il maggio scorso – ho considerato una mancanza di adeguata comunicazione da parte di Butelli stesso sulla vicenda dei ritardati pagamenti che ha poi portato alla recente penalizzazione. Ed a questa società, che personalmente ho trovato un po’ altera (almeno nel passato) nella propria convinzione di football, bisogna riconoscere il pregio della serietà e dell’impegno, della volontà di venire fuori dalla spirale economica creatasi. Una serietà, un impegno ed una volontà esemplificate anche dal puntuale pagamento, l’altro giorno, delle spettanze relative al secondo trimestre del 2011, una scadenza rispettata nei tempi (anzi, con un minimo di anticipo) e con mezzi propri, senza aiuti esterni (come, ad esempio, nel caso del Bari che si dice salvato dall’intervento congiunto di due banche). Se qualcuno la pensa diversamente, se lamenta ritardi e mancati pagamenti (e si tratterebbe di diritti violati, la situazione non ha fatto piacere nemmeno alla dirigenza), allora lo deve denunciare di persona e pubblicamente, non alimentando un chiacchiericcio sotterraneo che è di nocumento per tutti.
L’altra mattina, in strada, sono stato apostrofato con un “Ah, siamo messi male quest’anno”. Sul momento non ho capito, poi ho pensato alla crisi economica o alla deriva politica del Paese, poi ho collegato ed ho capito che il riferimento era alla Spal. Personalmente trovo che fossimo messi peggio in certe stagioni di C2, o quando si è vissuto l’apice di un disagio societario che guai ad evocarlo altrimenti pareva reato di lesa maestà quando invece è stato il punto più basso della storia biancazzurra. Insomma, portando a sintesi: per me Butelli non è un avventuriero ma un presidente serio, che non ha mai nascosto di essere venuto a Ferrara anche per fare business (naif lui o qualcuno gli ha fatto colpevolmente credere questa cosa?), che si è trovato in difficoltà e che ha lavorato e sta lavorando per venirne fuori e dare continuità al progetto Spal. Se poi i fatti mi diranno che ho torto, sarò in prima fila per riconoscerlo.