Rivaldo, al secolo Rivaldo Gonzales Kiese, centrocampista nato ad Asuncion l’antivigilia di Natale del 1987, fa parte di quella nutrita schiera di giocatori che in biancazzurro non ha lasciato il segno, pur dando l’impressione di avere i mezzi per farlo. I soli sette gettoni di presenza nella stagione 2008/09, quasi tutti entrando dalla panchina, sono diventati per i tifosi un punto interrogativo su quanto valesse davvero questo ragazzo diventato padre giovanissimo, dal carattere introverso e taciturno e dall’innata tecnica sudamericana. Ora Rivaldo ha iniziato da titolare il campionato di serie B con la maglia dei galletti del Bari, guidati dal suo mentore Torrente, e nel tifoso ferrarese si sta facendo concreto il sospetto di trovarsi davanti all’ennesimo oggetto misterioso che, una volta allontanatosi, spicca il volo verso una carriera ricca di soddisfazioni.
Il tuo, in serie B, è un ritorno, perché avevi già assaggiato questa categoria diversi anni fa.
“Sì, a Venezia appena arrivato in Italia, ma ero un bimbo, avevo solo sedici anni e ho giocato poche partite”.
Com’eri arrivato in Italia?
“Avevo sostenuto un provino insieme con tanti altri giovani che venivano dal Sudamerica come me. Di circa venticinque che eravamo, siamo stati presi in pochi, cinque o sei, ma non sono rimasto in contatto con nessuno degli altri. Sono stato sei mesi alla Lazio senza che mi facessero il contratto, poi ho firmato per il Venezia, che mi ha fatto debuttare in serie B” (ndr: l’allora allenatore laziale Roberto Mancini si arrabbiò moltissimo coi suoi dirigenti per esserselo fatto soffiare).
In seguito, il passaggio al Genoa e l’inizio di un peregrinaggio in prestito dai grifoni a varie squadre.
“Sì, col Genoa ho giocato qualche partita in C1, poi sono andato ad Avellino, Potenza e infine alla Spal, dove mi ha voluto il direttore Pozzi”.
Che ricordi hai della tua annata a Ferrara?
“Innanzitutto la città molto bella, e poi un gruppo molto forte”.
Sei rimasto in contatto con qualcuno dei tuoi vecchi compagni?
“Proprio pochi giorni fa ho sentito La Grotteria, ma sono rimasto legato anche ad altri, come ad esempio Arma e Kolawole”.
Perché non è andata bene sul piano sportivo?
“Credo abbia giocato un ruolo importante il fatto di essere arrivato l’ultimo giorno di mercato, quando la base della squadra era già fatta, così ho trovato difficoltà d’inserimento. Non è stata colpa di nessuno, e non posso nemmeno incolpare me stesso, perché ho dato il massimo per fare bene”.
A un certo punto si era anche parlato di una tua fuga, col rientro ritardato dalle vacanze di Natale.
“Non c’è stata alcuna fuga. Avevo avvisato Pozzi che sarei tornato con qualche giorno di ritardo a causa di problemi familiari: mio nonno stava molto male. I giornali poi hanno scritto altre cose non vere”.
Come si è arrivati alla decisione di sciogliere il vincolo contrattuale a fine stagione?
“Io e la Spal non volevamo continuare. Non c’erano le garanzie che la società puntasse su di me, così è stato naturale lasciarsi”.
Ed è arrivata la chiamata a Gubbio del tuo vecchio allenatore delle giovanili del Genoa, Torrente, che ti conosceva bene. Chi è Torrente per te, e perché fin qui è riuscito più degli altri a tirare fuori le doti calcistiche migliori?
“Mi trovo bene con lui non solo come allenatore, ma anche perché mi capisce a livello umano”.
La stagione a Gubbio è terminata in gloria con la promozione in C1, poi però qualcosa non ha funzionato, se alla fine te ne sei andato.
“Mia moglie e mia figlia non si trovavano bene là, così siamo tornati tutti in Sudamerica”.
Dove hai continuato a giocare.
“Sì, ho disputato la prima parte della stagione in Paraguay, e la seconda in Argentina”.
Sui giornali italiani si leggeva della tua volontà di tornare a Gubbio a stagione iniziata, ma sei rientrato in Italia solo all’inizio di questo campionato, ancora una volta con Torrente. Sei stato tu a cercare lui, o il contrario?
“Siamo sempre rimasti in contatto, gli parlavo sempre per complimentarmi e perché per me è un amico. Alla fine dello scorso campionato si è presentata quest’occasione di ritornare in Italia, allenato da lui in serie B, e l’ho presa al volo”.
In famiglia sono tutti convinti di questa scelta, visti i precedenti andirivieni?
“Sì, mia moglie e mia figlia mi raggiungeranno qui a Bari a breve”.
Dove vedi il tuo futuro? in Italia o in Paraguay?
“In Italia, senz’altro”.
Adesso come ti trovi a Bari?
“Benissimo. La piazza è importante, e qui c’è tutto per far bene”.
Che voto daresti fin qui alla tua carriera?
“Non sono ancora esploso, posso fare di più e manca tanto. Comunque direi sei e mezzo”.
Qual è il tuo obiettivo?
“Fare bene a Bari e arrivare il più in alto possibile”.
Che differenza c’è tra la serie B e la Lega Pro?
“Molta. La B mi piace tanto, perché c’è una grande qualità tecnica. A differenza della Lega Pro, se sbagli una volta in serie B ti puniscono subito”.
Cosa ti ha insegnato la tua esperienza con la maglia della Spal?
“Ad avere tanta pazienza!”