La verità è che oggi la zent l’an dis nient o poc e nient, come si dice dalle nostre parti. Nessun lamento, pochissimi commenti, pochi applausi, anche se dalla curva il tifo c’è stato e l’idea di vicinanza alla squadra non è mancata. Un pubblico però che in linea di massima appare in clima “st’an la va ben se as salven”, quindi poco vivo, poco ferrarese anche nelle critiche. Ho sentito quasi più le voci provenienti dal campo che quelle dagli spalti. Non bello, assolutamente non bello, ma i risultati, al di là dell’amore incondizionato che alcuni di noi provano per la Spal, servono ed influiscono a riempire o svuotare il “Mazza”, ad animare o seppellire le emozioni dei tifosi.
La domanda da farsi oggi è forse la seguente: cosa fare, oltre che giocare il calcio migliore possibile (senza mai dimenticare l’obiettivo della stagione, altrimenti parliamo d’altro), per rinforzare il legame con chi è già “spallino” e crearne uno nuovo con chi della Spal non sa nulla e forse non ne vuole saper nulla? La società può immaginare di creare piccoli eventi nella e con la città, per far respirare la splendida parola “Spal”? Una festa aperta alla cittadinanza, un rapporto strutturato nelle scuole e nell’università, un qualcosa che faccia sentire un po’ tutti i ferraresi, ferraresi e spallini? Magari immaginare una festa natalizia non chiusa ad invito, ma aperta a chi di Ferrara, a chi della Spal, vuole partecipare? Lo dico perché non voglio che accada che lo stadio sia popolato solo da noi che seppur giovani, invecchiamo; da noi che ci conosciamo tutti perché da anni su quegli spalti a tribolare per amore, con chi veste la maglia biancazzurra. Non dobbiamo bastare, non possiamo bastare. Ci vogliono giovani ferraresi che la domenica vengano alla Spal, quella dopo la ascoltino alla radio, quella di sosta dicano: “E oggi, senza Spal, sa fegna?”. Questo spunto viene oggi perché proprio la Ternana, poco più di un anno fa, durante il corteo con diecimila persone svoltosi nella loro città, e al quale partecipai, in difesa dei lavoratori del loro petrolchimico, erano in piazza con la cittadinanza, con i lavoratori, con le famiglie che vivevano il dramma del rischio disoccupazione. Lo dico perché voglio bene alla Spal, perché voglio bene a Ferrara e perché continuo a credere che una città possa crescere attraverso la valorizzazione di ogni sua meraviglia, artistica, architettonica e sociale. La Spal è storia, presente, e deve essere futuro. Infine quindi, riprendendo il coro della curva: “Fino alla fine, forza Ferrara!”. Alè!