Non è facile presentare una partita del genere. Tante e diverse le componenti che precedono una gara importante dopo una settimana particolare. Ecco perché crediamo sia il caso di distinguere i vari argomenti.
LA SOCIETA’. Ha preparato il salvadanaio. Ma i soldi non ci sono. Ha lavorato sodo dal 6 agosto del 2008 per mettere in piedi un progetto importante, per salvaguardare un patrimonio esagerato da un punto di vista emotivo come è il calcio per la città di Ferrara riuscendo a realizzare uno degli impianti fotovoltaici più grandi d’Italia, il primo legato a un progetto sportivo in Europa. Ma i soldi servono nel breve: venti, trenta giorni al massimo, un periodo di tempo brevissimo per sistemare tutto, coprire e rilanciare. Un tempo che potrebbe addirittura non bastare per vendere. Si prende atto che ci si proverà (come ci si è sempre provato) fino all’ultimo per dare il meglio e non il peggio a questa città ma la sensazione è che per i miracoli bisogna rivolgersi all’Altissimo. Mai si potrà mettere in discussione la buona fede di chi si è adoperato per portare qualcosa di nuovo in questa città: per progetti virtuosi, forse, non era semplicemente questo il momento storico adatto per metterli in piedi. E se mai ci si fosse resi conto che altra soluzione non c’era se non quest’ultimo disperato investimento pur di andare avanti, forse bisognava fermarsi un attimo, guardarsi allo specchio e ammettere tutti quei problemi e quelle voci mai sopite del tutto con grande convinzione. Sicura è una cosa: di solito si arriva alla fine di una stagione in queste condizioni, la cosa grave è che siamo solo all’inizio. La società, se chiuderà, lo farà in difetto. Non solo di soldi ma anche e soprattutto di umiltà. Quello difficilmente verrà perdonato.
LA PARTITA. Se a Ferrara si piange, a Foggia non si ride. Seicento sono i chilometri che ci dividono eppure, mai come oggi, le realtà sportive sono così vicine. Una piazza da sempre esigente quella rossonera, un tifo caloroso ed encomiabile che vive però nei fasti zemaniani del passato e non perdona niente a nessuno, anche se sei un giocatore alla prima esperienza tra i professionisti. Ha pagato Bonacina, è arrivato Stringara che ha subito fatto capire che a parte il portiere Ginestra tutti gli altri il posto se lo dovranno sudare. Qualcuno dice sia già in confusione. Tiboni lasciato a casa per scelta tecnica apre un altro capitolo che in settimana dovrà essere sbrogliato e in fretta in Capitanata, dubbio tra Agodirin-Cruz e Perpetuini per la terza maglia d’attacco. Rientra Wagner in mediana. Con poco più di un centinaio di tifosi al seguito Stringara sa di giocarsi molto anche se è stato assicurato da più fonti che non sembra essere in dubbio la sua posizione a prescindere dal risultato di domani. Il diavolo promette battaglia. Non sanno cosa li aspetta.
I GIOCATORI. Dal primo all’ultimo stanno vivendo una situazione surreale: non hanno preso un euro da quando hanno iniziato l’avventura quest’anno, avranno quattro punti in meno per colpe non loro, si allenano gratis in nome della loro professionalità, dei loro valori umani e calcistici che la gente dovrebbe conoscere realmente uno ad uno per capire di che ragazzi stiamo parlando: un gruppo vero, unito, compatto. Stanno tirando dritto in quest’aria di tempesta come capitani coraggiosi. Si stanno dando forza, si stanno caricando, cercano di trovare in ogni segnale positivo, seppur minimo, un motivo valido per andare avanti, per mettersi in mostra. Ne va della loro carriera perché sanno che, a parità di peso specifico che hanno i loro rispettivi procuratori, rischiano con i tempi che corrono di non poterlo fare più quel mestiere che tanto hanno sognato e rincorso sin da bambini. Vanno ringraziati, tutti, uno per uno. Lo spettro della messa in mora non è lontanamente pensabile ci hanno detto a taccuini serrati, atti di vigliaccheria del genere non ne faranno perché non sono nelle corde di questo gruppo e perché nonostante tutto continuano a rendere merito ai tentativi che il Presidente Cesare Butelli sta facendo per tentare di salvare il salvabile. Aspettano di conoscere il loro destino amareggiati, ma non sono rassegnati e neppure demotivati. Sono incazzati come iene, in realtà. Sono qui, tutti pronti a metterci la faccia uno per uno, si allenano con costanza con una rabbia sana, sanno di essere loro malgrado paradossalmente diventati un ingranaggio importante per agevolare la cessione della società se iniziassero a vincere: sanno che sarà più facile che qualcuno guardi loro e di conseguenza la Spal se inizieranno a scalare posizioni in classifica; sanno anche che se arriveranno a giugno e si salveranno il pubblico di Ferrara li ricorderà come se avessero conquistato la B. Tanti di loro hanno famiglia, qualcuno è diventato padre da pochissimo tempo, qualcun altro si è sposato da quattro mesi. Tantissimi vedono il biancazzurro come la prima maglia della loro carriera. Hanno promesso la partita della vita. Domani non esiste alternativa alla vittoria, una sconfitta scatenerebbe una devastante serie di reazioni a catena impossibili da fermare. Domani saranno undici belve assatanate pronte ad andare incontro al diavolo rossonero senza paura alcuna. Sono già stati scottati in settimana, anche per questo l’inferno promesso dai pugliesi non fa nessuna paura. La gente lo sappia: i giocatori domani avranno bisogno di tutto il sostegno possibile.