Puntuale, quaranta minuti prima del calcio d’inizio, completo grigio e cravatta d’ordinanza biancazzurra, un po’ provato dalle ottantasei primavere ma sempre lucido e schietto come pochi altri, sale i gradini che portano alla Tribuna Vip anche Giovan Battista Fabbri, per tutti semplicemente Gibì, quattordici anni di Spal nel curriculum e artefice della storica doppia promozione dalla C2 alla B all’inizio degli anni Novanta. Non tarda ad attaccare bottone l’ex direttore tecnico biancazzurro: “Spero che la Spal vinca, può farcela, questo Pavia non può farci paura, questa squadra ha dimostrato di essere più forte della società che invece dovrebbe farsi un esame di coscienza. I veri stravolgimenti devono essere fatti tra i dirigenti non certo tra i giocatori”. E ancora una battuta sul calcio moderno: “Mi diverto poco con il calcio di oggi, si pensa solo e troppo a correre, correre e ancora correre, invece, io ero per la filosofia pallone, pallone e ancora pallone. Non si impara con la corsa, si impara con il pallone tra i piedi”. Segue in silenzio la partita Gibì, soffre come tutti i veri spallini, ogni tanto l’impressione è che voglia scendere in campo per dirne una delle sue. Si agita, muove le mani. Al gol di Cesca un primo cenno di disappunto seguito dallo scuotere del capo con aria di resa nonappena Marchi la infila alle spalle di Capecchi per la seconda volta. Lo ritroviamo con aria cupa e mesta all’uscita che ci regala un’ultima battuta: “Per la Spal è un giorno triste, c’è tanta amarezza, non ci voleva proprio una botta del genere. Certo che se entrava quella punizione di Marconi adesso parleremmo di salvezza. Il Pavia? Ha fatto i gol, mentre la Spal mi è sembrata un po’ troppo attendista, ma sono partite particolari queste, ci sono tanti fattori che possono giocare brutti scherzi, non penso che Vecchi abbia colpe particolari, ha fatto tanto durante l’anno, pure troppo. Mi dispiace per la mia Spal, mi dispiace per Ferrara, ripartire adesso sarà ancora più dura ma non perdiamo la speranza. Siamo testardi noi, ci rialzeremo ancora una volta”. Ma intanto sono sempre più lontani i tempi d’oro, di festa e gioia come quelli che solo Gibì ci ha fatto vivere.