L’allenamento è terminato da circa quaranticinque minuti, ma Vinicio Paris continua a calciare punizioni mirando all’incrocio dei pali. Con lui in “gara” Zanellato, Piras, Nodari e soprattutto Marcolini. Vinicio si dispera se la sfera lambisce il palo, si diverte e scherza con Marcolini se la palla si insacca nel sette dove né Busato, né Siviero possono arrivare. Poi finalmente si avvicina per l’intervista. L’esterno offensivo proveniente dalla Marsica che dice di essere solare, differentemente da quel che si dice comunemente del carattere dell’animale simbolo della sua regione, l’orso marsicano appunto. Partenza a tredici anni dalla sua terra destinazione Como, poi un lungo girovagare per i campi di Lega Pro di mezza Italia (Melfi, Manfredonia, Valle del Giovenco, Arezzo, Atessa val di Sangro, Colligiana, Fermana) la B sfiorata con il mancato passaggio alla Triestina, poi i dilettanti, prima a Fermo dove diventa l’idolo della tifoseria poi a Ferrara. A seguirlo nelle varie piazze, la sua fidanzata e quando può la sua famiglia alla quale è legatissimo come sottolinea uno dei vari tatuaggi dell’ala sinistra estense.
Vinicio, iniziamo l’intervista ricapitolando quanto successo in campionato. Avvio positivo, forse fin oltre le aspettative poi doppio ko. Cosa è successo?
“Abbiamo piazzato una serie di risultati positivi che forse inconsciamente ci hanno fatto abbassare la guardia. Mi riferisco in particolar modo alla gara contro la Fortis. Sono state due sconfitte completamente diverse. Nella partita con la Fortis Juventus abbiamo sbagliato completamente l’approccio. Con la Lucchese invece è andata male. Nel senso che eravamo intenzionati a fare la gara. Nei primi minuti si era visto credo. Poi però il gol ci ha tagliato le gambe. Sfortunatamente nemmeno chi è entrato a partita in corso è riuscito ad incidere sul risultato. Il pareggio sarebbe stato molto importante. Visti anche i risultati di domenica con Pistoiese e Mezzolara in difficoltà”.
Come è l’atmosfera nello spogliatoio?
“Già dopo la partita di sabato, ci siamo detti che di positivo c’era il fatto che la capolista, la Lucchese, non si era mostrata superiore. Quindi dobbiamo lavorare per rimanere attaccati al treno delle prime. Perché questo è un campionato imprevedibile. Vedi l’ultimo turno di Pistoiese e del Mezzolara che ha preso cinque gol in casa. Come abbassi la guardia sei finito”.
Campionato con continue sorprese dietro l’angolo. Domenica al Mazza arriva il Forcoli, che gara sarà?
“Magari i tifosi si chiederanno ‘che squadra è il Forcoli?’. Ma, potete star certi che ogni squadra che verrà al Paolo Mazza farà la partita della vita. Per loro incontrare la Spal, giocare in uno stadio con un tifo come quello del Mazza è un’opportunità storica”.
In settimana avete provato a cambiare qualcosa o il mister vi ha chiesto qualcosa in particolare in vista della partita con il Forcoli?
“Loro giocheranno con motivazioni che raddoppieranno le forze e il loro potenziale. Ma con tutto il rispetto per il Forcoli, noi siamo la Spal. Le motivazioni ci sono a prescindere. Il mister cerca di ottenere il meglio dagli uomini a disposizione anche in base alle caratteristiche dell’avversario, tuttavia anche se si chiuderanno per farci giocar male noi dobbiamo essere bravi a venirne fuori. Con Forcoli e Bagnolese dobbiamo centrare la vittoria. I tifosi sono la nostra arma in più”.
Capitolo tifosi appunto. Che pubblico ti aspetti nei prossimi incontri casalinghi dopo la battuta di arresto?
“Il pubblico spallino non ha eguali in categoria. Sono rimasto sorpreso. E’ stato bellissimo far gol al Mazza contro il Formigine. E’ un pubblico esigente abituato ad anni di A , B e C è logico che si aspettano di risalire al più presto. Noi faremo di tutto per meritarci il loro apporto, quindi speriamo che continuino a sostenerci e insieme potremmo toglierci delle belle soddisfazioni”.
Una stagione cominciata bene nonostante il ritardo in avvio. Poi qualcosa in campo non ha funzionato per due gare. Come giudichi l’operato della società?
“Rifondare una squadra da zero in così poco tempo è stato davvero un lavoro duro. Credo che la società abbia lavorato benissimo finora”.
Dopo l’analisi del momento della squadra. Parliamo un po’ di te…
“Sono nato ad Avezzano, in Abruzzo, però abito in un paesino della Marsica che si chiama Luco dei Marsi. Vivo con la mia fidanzata, che mi segue nei trasferimenti in giro per l’Italia. Mio padre è un artigiano, mio fratello ha giocato a calcio tra promozione e prima categoria divertendosi. E anche mia sorella, forse influenzata dall’avere due fratelli appassionati di calcio, ha giocato fino a diciassette anni”.
E invece Vinicio Paris quando ha iniziato a calcare i campi di calcio?
“Ho iniziato lì nel mio paese d’origine. Poi sono stato preso dal Como a tredici anni e mezzo. In realtà dovevo finire all’Atalanta. Chiesero a mio padre di trasferirsi lì con il lavoro, ma era una cosa impossibile per un artigiano. Poi dissero che ero troppo basso. Allora a quel punto si inserì il Como che propose di mettermi in convitto. I miei accettarono ed ebbero un bel coraggio. Così a tredici anni ho fatto le valigie e sono andato via di casa”.
Il Como che in quegli anni ritorna ai vertici del calcio italiano con una doppia promozione dalla C1 alla A, poi la retrocessione e infine il fallimento.
“Sì, lì sono stato poco fortunato. Mi ritrovai svincolato. E da lì è iniziato il mio girovagare. Prima al Chieti, poi Melfi in C2 con un campionato storico per la società con una finale playoff giocata a Taranto davanti a trentamila spettatori. E’ stata forse la mia stagione migliore tra i professionisti. Ho fatto otto gol playoff compresi. Poi Manfredonia in C1 e ritorno a casa al Valle del Giovenco. Poi contratto di tre anni ad Arezzo, Val di Sangro, Colligiana e infine l’esperienza nell’Eccellenza marchigiana con la Fermana, con venticinque gol in due anni. Ad un certo punto della mia carriera c’era la possibilità di passare in B con la Triestina, ma poi il trasferimento saltò. Purtroppo nel calcio non tutto dipende dalla bravura dei giocatori. C’è chi fa calcio per interessi e rovina questo sport”.
Tante piazze più o meno note. Dove hai vissuto le migliori esperienze?
“Come ti dicevo a Melfi in C2 l’anno della finale playoff fu un traguardo storico per quella piazza. Ma anche ad Arezzo, realtà abituata negli ultimi anni alla B c’era un bel sostegno da parte della tifoseria. Parlando di tifosi con quelli della Fermana c’è stato un ottimo feeling. Mi dedicavano anche dei cori”.
Tipo?
“Lasciamo stare. Troppo esagerati. Di giocatori così ne esistono due o tre: come Messi, Ronaldo o Ibra”.
Tanta serie C nella tua carriera, poi la ripartenza dall’Eccellenza con la Fermana e ora in D con la Spal sperando un nuovo salto nei pro?
“Alla Spal sono arrivato da svincolato. E’ un treno che passa una volta nella vita. La Spal non la scopro io. Sappiamo tutti l’importanza della piazza anche in D. Spero di guadagnarmi il ritorno tra i pro con questa maglia. E’ un’opportunità e obiettivo di tutti: società, giocatori e tifosi”.
Come trascorri il tempo libero lontano dal terreno di gioco?
“Nel tempo libero mi riposo e lo passo con la mia fidanzata a casa. Niente di speciale”.
Ricapitolando Vinicio Paris è calcio, casa e famiglia. Un po’ quello che dicono i tuoi tatuaggi?
“Sì appena posso cerco di tornare dalla mia famiglia in Abruzzo. Spero di andare almeno una volta al mese. Sabato dopo la gara di Lucca sono stato a casa perché avevamo un giorno di riposo in più. Da Ferrara a casa sono seicento chilometri. Ci proverò dopo la trasferta di Riccione. Purtroppo quest’anno il calendario non aiuta. I tatuaggi rappresentano il mio carattere e la mia famiglia. La fenice perché sono sempre pronto a rinascere dopo episodi negativi, il diamante e il sole sulle gambe perché sono brillante e solare. Poi ho tatuate le iniziali della mia famiglia, perché a loro devo tutto”.