Appena mi lascio alle spalle la nebbia pomeridiana della bassa ferrarese, la città mi accoglie con il solito tabellone luminoso issato su via Pomposa. Reca la solita scritta domenicale di routine per le occasioni in cui la Spal gioca in casa: “Possibili disagi in zona stadio per incontro di calcio Spal-Forcoli”. Non scherziamo, che disagi può portare una squadra con quel nome? Lo so, lo so: lo stesso David Sassarini ha ammonito più volte sulla pericolosità di comparare il nome della Spal con quelli delle sue avversarie di quest’anno. È successo con la Fortis un paio di settimane fa, meglio non commettere di nuovo lo stesso errore. Però era nell’aria la sensazione che dopo due sconfitte fosse quasi scontato un moto d’orgoglio, una prova convincente.
Di certo era un bel po’ che mancavo dalla curva. L’ultima volta si era due piani più su nelle gerarchie del calcio nazionale, c’era una società che all’epoca sembrava affidabile e si protestava contro l’introduzione della tessera del tifoso. Per il resto non è cambiato molto: i volti sono sempre gli stessi di chi instancabilmente da anni, se non decenni, non prende impegni la domenica pur di essere presente sui gradoni della Ovest. Su un drappo bianco viene scritto: “Quando iniziano le difficoltà, rimangono solo gli ultras”.
Non ci vuole molto tempo a capire che per la Spal è una buona giornata: tempo un minuto e Rocchi incrina subito il palo di destra della porta sotto la curva, poi Marongiu spara alto seppure da posizione di fuorigioco. La serpentina di Laurenti e il conseguente destro parato da Ceccherini accendono l’entusiasmo e fanno partire qualche isolata madonna da parte di chi inizia a sospettare un’altra domenica di tribolazioni. Ci pensa Nodari a diradare ogni paura arrivando di gran carriera sul pallone crossato al centro dalla bandierina. E allora si riprende a cantare con quel filo di convinzione in più, anche se la Spal lascia un po’ di spazio al Forcoli. “Per favore – chiede un amico – scrivi che giocavamo contro uno squadrone”. Difficile da far credere anche al lettore più sprovveduto, in compenso i toscani randellano generosamente e Petri si guadagna le antipatie della curva per una manata a Laurenti. Parte il tradizionale coretto “Aldamar, aldamar, aldamaaaar”, così si ride anche un po’. In campo Rocchi si dispera dopo che una sua volèe viene alzata sulla traversa del portiere: il ternano brama il gol con ferocia, ma rimane a secco. Anche se per un breve momento – complice la distanza – sembra quasi sia stato lui a segnare il 2-0 raccogliendo la geniale trivela di Laurenti.
Invece si scopre che a insaccare ci ha pensato Fabio Cucurnia e quando lo speaker dello stadio ne dà conferma si sente il classico brusio che coniuga euforia e incredulità: “Ma è uno nuovo che abbiamo preso?” – chiede un tifoso al suo vicino – “Mo no, l’è un ragazèt” replica l’altro. Ragazèt o no, la sua rete apre un vero e proprio tiro a segno che dà l’illusione di poter vedere la Spal segnare a ripetizione: invece succede solo un altro paio di volte, abbastanza comunque da far partire un “Vi vogliamo così” dalla parte bassa della Ovest. Applaude anche la delegazione dello “Stefano Gallo Fun Club”, giunta direttamente da Camposampiero per applaudire l’inoperoso portiere. Una manica di ragazzotti veneti che se non indossassero le magliette col nome dell’amico verrebbero quantomeno interrogati sul motivo della loro presenza. Ciò non accade e c’è anche tempo per applaudire Zanellato e Orlando, prodotti del vivaio nati dopo l’ultimo anno di permanenza in B della Spal. Un dettaglio che fa sentire poco giovani parecchi degli inquilini della Ovest, ma che importanza ha? Domenica prossima di nuovo tutti lì, come ogni maledetta domenica precedente, sperando di festeggiare ancora e ancora.