ANDREA ROGER RABITO IL TOP PLAYER DEL FORMIGINE. MISTER PROMOZIONE DELUSO DAL MONDO DEI PRO CHE RIPARTE DAI DILETTANTI

L’INTERVISTA AD ANDREA RABITO

Andrea Rabito, esterno offensivo ambidestro, 32enne vicentino (nato l’11 maggio 1980), scuola Milan, poi tre promozioni dalla B alla A con Modena, Sampdoria e Livorno e una dalla C alla B con il Padova. Rimasto senza contratto dopo la stagione con la Cremonese e in attesa di una chiamata dai ‘Pro’ che non arriva a gennaio firma per il Formigine, rappresentando il vero colpo del mercato di riparazione per il girone D.

Andrea Rabito, vicentino, viene notato dagli osservatori del Milan ad un torneo al quale non doveva nemmeno partecipare e, terminate le scuole medie, si trasferisce nel settore giovanile dei rossoneri. E’ iniziata così la sua carriera?
“Sì, partecipo nel ‘90 ad un torneo per pulcini dedicato a due ragazzi vicentini scomparsi in un incidente stradale (Torneo Andrea e Stefano, ndr) grazie ad un vicino che tiene da parte i giornali dove ci sono i tagliandi per partecipare. Sbaglio un rigore, ma vengo eletto miglior giocatore del torneo. Ci sono tanti osservatori, tra questi Vitali del Milan che viene a casa a parlare con i miei genitori e praticamente mi chiede di trasferirmi a Milano una volta finita la scuola media”.

Così dopo quattro anni passi al Milan. Strano per uno che simpatizza per i nerazzurri?
“Sì a dieci anni tifavo per l’Inter, perché mio padre tifava per i nerazzurri. Una volta arrivato a Milano ho fatto del mio meglio per far bene con la maglia rossonera e ho conosciuto il grande calcio. Nel settore giovanile oltre a migliorarti tecnicamente tengono molto all’istruzione”.

Nel ’97-’98 approdi alla Primavera di Tassotti. Squadra molto giovane nella quale resti fino alla stagione 1999-00 togliendoti qualche soddisfazione.
“Avevamo un anno in meno rispetto alle altre squadre per una scelta della società di programmare a lungo termine con una squadra più giovane. Vinciamo il Torneo di Viareggio nel 1999 e arriviamo alla finale del campionato perdendo col Bari. L’anno prima avevo segnato nella finalina per il terzo e quarto posto contro il Bologna, una bella esperienza”.

Aggregato alla prima squadra negli allenamenti, qualche amichevole estiva e tre panchine, ma non riesci ad esordire in A. Rimpianti?

“Ho giocato col Milan qualche amichevole andata anche in TV, come il Trofeo Rocco o l’amichevole con la Dinamo Kiev quando è stato acquistato Sheva. Ho fatto tre panchine, purtroppo non aver esordito nemmeno per cinque minuti resta un grande rimpianto. Sono un esterno offensivo e Zaccheroni all’epoca al Milan applicava il 3-4-3 e mi provava spesso in allenamento visto che mi integravo alla perfezione nel suo sistema di gioco”.

Con te nella Primavera del Milan oltre agli ex spallini Furlanetto, Succi e Contini c’erano De Zerbi, Gasparetto e Florean. Gasparetto è al Real Vicenza, De Zerbi ha firmato da poco col Trento in D. Questa estate avete fatto una sorta di rimpatriata a Veronello al ritiro Aic per i giocatori senza contratto. Giocatori con esperienza in A, B e C1 che poco più che trentenni si trovano tagliati fuori dal mondo del professionismo.
“E’ una cosa a dir poco spiacevole. L’intero sistema economico è in crisi. L’imprenditoria ne risente e di conseguenza anche il mondo del calcio. A questo si aggiunge il sistema di regole introdotte in B come in Lega Pro dove col minutaggio per gli under 20 le società ricevono degli incentivi. E’ in primo luogo una discriminazione per chi ha la mia età. Ma è anche dannoso a livello formativo. Molti dei ragazzi impiegati per la regola degli under vengono illusi. Impiegati, molto spesso, per il ritorno economico e una volta scaduti i requisiti sbattuti con un calcio nel sedere nelle serie minori o addirittura costretti a far altro. Ho colto l’occasione di partecipare al ritiro e prendere il patentino da allenatore”.

Conta anche cinque apparizioni con la Nazionale giovanile. Cosa ricorda di quell’esperienza?
“Mai avrei pensato di indossare la maglia della Nazionale. Ero nell’under 18 di Rocca. In un torneo feci un gol in Slovacchia contro la Croazia e sempre in quel torneo vinsi il premio di miglior giocatore contro l’Austria. In una Nazionale dove c’erano anche Blasi e Maresca”


La prima esperienza nel calcio dei grandi è con la Reggiana. Stagione travagliata con salvezza ai play out, ma Rabito giocando da punta segna undici gol.
“Preferisco giocare con la palla addosso e non attaccare la profondità. C’erano problemi ad andare in gol e il mister mi chiese di giocare più avanti. Fu una stagione di mille traversie. Ho vissuto le contestazioni legate al calcio, episodi che non dovrebbero mai succedere per il calcio che in fondo è un gioco. A Brescello dopo aver perso per 4 a 1 il derby i tifosi assalirono il pullman. Un’esperienza difficile da dimenticare per per un giovane”.

L’ottimo rendimento personale ti porta al neopromosso Modena. Con De Biasi, otto gol in campionato e due in Coppa con una promozione in A che mancava a Modena da 38 anni. Rabito in gol all’esordio col Bari e in rete nel ‘suo’ “Menti” a Vicenza.
“A Modena ho avuto le migliori soddisfazioni. Nessuno si aspettava che il Modena facesse quel tipo di campionato. Era un meccanismo ben oliato con pochi innesti tra cui il sottoscritto. Giocavo seconda punta al fianco di Fabbrini con alle spalle Pasino. Si giocava a memoria. Mi integrai benissimo in quella squadra. Col Bari all’esordio in B entrai a cinque minuti dalla fine e feci gol. Segnai anche a Vicenza nello 0 a 5. Avevo una grande fiducia nei miei mezzi, feci un’ottima prima parte di stagione, un piccolo calo nella seconda dove ebbe più spazio Kamara”.

Dopo Modena approdi alla prima Samp di Riccardo Garrone, scomparso lo scorso 21 gennaio. Con Novellino in panchina e una rosa importante arriva la seconda promozione in A.
“Il mio passaggio alla Samp lo decise il Milan. Chiesi alla società di poter restare al Modena e giocarmi le mie carte in serie A, ma la Samp che stava allestendo una rosa importante mi prese in comproprietà. Novellino era “mister Promozione”, c’era una tifoseria con 16 mila abbonati. La promozione fu una formalità. Era un organico superiore alle altre con il Siena che seppe sfruttare al meglio le proprie risorse. Novellino mi considerava un esterno di centrocampo in un 4-4-2. Giocai abbastanza, ma mi chiedeva di fare tutta la fascia e io non sono un giocatore di gamba. Garrone, come Mantovani, riuscì a trasmettere la sensazione di far parte di una “famiglia Samp” e tutto l’ambiente dai tifosi alla squadra alla città blucerchiata remava nella stessa direzione in armonia merito del carisma trasmesso all’ambiente dal presidente”.

L’attacco di quella Samp era composto da Flachi, Bazzani, Colombo e Rabito. Flachi ha incrociato al Pietrasanta Sassarini. Bazzani ora è al Mezzolara, Colombo al Tuttocuoio. Curiosa coincidenza.

“Sì è abbastanza curiosa la circostanza. Ripeto quanto detto prima. Ormai la D, pur avendo delle norme precise sui giovani, si è fatta più competitiva. Si è alzato il livello con la presenza di tanti ex professionisti che sono tagliati fuori dal giro. Ma il discorso vale per i calciatori che per le squadre. Basta dare un’occhiata a questo girone per vedere tante piazze con un passato importante nei professionisti a dover competere per lasciare il mondo dei dilettanti”.

Dopo Genova altra città di mare e nuova promozione storica. A Livorno infatti la serie A manca da 55 anni. Per te è la terza promozione con tre maglie diverse. Se non è un record poco ci manca.
“Dopo aver fatto da riserva alla Samp volevo rilanciarmi con una stagione da protagoniste. Si fece subito avanti il Livorno che mi prese in prestito. Protti aveva deciso di smettere e quindi a Mazzarri serviva una seconda punta da affiancare a Cristiano Lucarelli. Sfortuna per me che Protti ci ripensa e torna a giocare togliendomi spazio. Come esterno nel 3-5-2 di Mazzarri non andavo bene e feci da rincalzo ai due attaccanti che segnarono qualcosa come più di cinquanta gol”.
A questo punto ci si chiede come mai non è arrivato in A dopo averla conquistata sul campo tre volte?
“Spesso la mia collocazione tattica ha creato problemi. Mi esalto in un 3-4-3 o comunque nell’attuale 4-2-3-1 che adesso va di modo, ma che dieci anni fa si giocava solo al Real Madrid. Sono un esterno offensivo che calcia sia di destro che di sinistro perché mi sono allenato così fin da bimbo. Non lo so cosa sia mancato per arrivare in A”.

Dopo il ciclo di vittorie, è sempre B con le maglie di Ternana, Rimini e Albinoleffe.

“A Terni arrivai in un anno di grandi cambiamenti per i legami del ds con Braida. La gestione Longarini si ritrovò a gestire una rosa di 36 giocatori. Mi ruppi il quinto metatarso alla prima giornata e rientrai a gennaio. C’erano Jimenez, Frick e Kharja, arrivammo alle spalle delle squadre ripescate. Al Rimini che tornava in B dopo più di vent’anni centrammo la salvezza. Cercavo una squadra di minor ambizione per potermi rilanciare, ma anche lì dopo due giornate mi son infortunato al menisco e sono rientrato a gennaio. Ho avuto i miei infortuni nel momento di fare il salto di qualità. L’Albinoleffe di Mondonico mi compra a titolo definitivo. Chiudiamo decimi togliendoci molte soddisfazioni: due pareggi con la Juventus e le vittorie con Napoli e Genoa. Purtroppo Mondonico non ha nel dna la fase offensiva e nel suo 4-5-1 dal punto di vista personale non ho avuto molte opportunità”.

Dopo stagioni importanti in cadetteria scende di categoria per far parte del progetto del Padova di Cestaro alla vigilia del Centenario del club.
“Rientro segnando 13 gol, la mia miglior stagione dal punto di vista delle realizzazioni. Nonostante il miglior attacco non arriviamo ai play off”.

L’anno successivo arriva la sua quarta promozione. La stagione si apre con la vittoria record in Coppa Italia ai danni del Pontedera e poi una cavalcata nel finale di campionato che vi porta ai play off dove rischi di rovinare tutto sbagliando un rigore all’andata contro la Pro Patria.
“Fu una cavalcata strepitosa. Vincemmo otto partite di fila al ritorno, superammo per la corsa ai play off anche la Spal. In semifinale superammo il Ravenna, poi nella gara d’andata sbagliai un rigore mettendo a rischio un’ottima annata sia dal punto di vista personale che di squadra. Al ritorno vincemmo a Busto in dieci”.

Il Centenario si conclude con una salvezza ai play out contro la Triestina dopo un ottimo girone d’andata.
“Il campionato di B nasconde tante insidie. Partimmo benissimo poi subimmo nove sconfitte consecutive salvandoci ai play out”.

Dai play out ai play off con quinta promozione sfiorata nella finale con il Novara.
“Ad una settimana dalla chiusura del mercato l’allenatore Calori mi disse che non rientravo nei suoi piani. Avevo una richiesta dall’Ascoli, ma rifiutai per giocarmi le mie carte nella piazza dove sono stato per più tempo in carriera. Iniziammo male, poi arrivò Dal Canto che aveva giocato con me all’Albinoleffe e mi chiese di dargli una mano nella gestione dello spogliatoio. Alla fine riuscimmo a trovare un buon assetto tattico e anch’io sono riuscito a ritagliarmi lo spazio tra i vari Di Gennaro e El Shaarawy.

Dopo quattro anni di Padova l’anno scorso l’addio con i tifosi dalla sua parte.
“Penso di aver fatto bene negli anni a Padova e la Tribuna Fattori mi ha sempre sostenuto”

Riparte nuovamente dalla Lega Pro con la Cremonese. Negli intenti un progetto simile a quello del Padova, ma qualcosa non ha funzionato.
“Con il mister Oscar Brevi non sono entrato in sintonia. Nelle ambizioni c’erano i presupposti di fare quanto fatto a Padova. Faccio tre gol nelle prime cinque gare, poi il mister preferisce uomini di gamba al mio posto e io che sono un giocatore tecnico vengo inserito a partita in corso. Dopo il mercato di gennaio trovo ancora meno spazio”.

In estate Rabito non trova ingaggio. Tante voci Andria, Barletta, la Scozia e invece non arriva la chiamata e opta per il ritiro con i giocatori senza contratto.

“A Veronello ho fatto un’esperienza che mi ha arricchito e ho iniziato a studiare per diventare allenatore. In agosto speravo in una chiamata per un progetto importante. Andria e Barletta solo voci. Di concreto non c’è stato nulla. Poi da solo è stata dura allenarsi e tenersi in forma tra corsa e palestra. Quando sai che la domenica non scendi in campo diventa dura tenere mentalmente. Arrivano delle chiamate da società dilettantistiche nel vicentino, poi mi accostano alla Savignanese, una squadra di prima categoria dove un mio amico è diventato presidente e mi offre anche un posto di lavoro. Ho ringraziato, ma cavolo, l’anno scorso ho fatto i play off per la B e ho solo 32 anni, pensavo di poter trovare di meglio. A novembre mi alleno col Formigine in D per poter restare vicino alla categoria e nel modenese dove ho tutti i miei affetti. Alla fine ho fatto una scelta di benessere. Potevo prendere qualche soldo in più in D da un’altra parte, ma ho preferito restare qui nel modenese. C’è anche un mezzo accordo col presidente per l’anno prossimo dove potrei fare l’allenatore-giocatore e iniziare un altro tipo di carriera”.

Che ambiente ha trovato al Formigine?

“In un certo senso l’ambiente che m’aspettavo. Ci alleniamo quattro volte a settimana. E’ un buon gruppo con giovani che si impegnano tanto. E’ una società che si muove in maniera oculata e che prova a mantenere la categoria conquistata. L’obiettivo è fare strada insieme ai verdeblu, poi a giugno penseremo al futuro. Arrivasse una proposta nei “Pro” non mi tirerei indietro, ma dopo l’esperienza vissuta questa estate non mi faccio troppe illusioni. Credo di non essere vecchio, ma se a questa età e con la mia carriera ti chiedi il perché sei fuori o è l’età o che adesso il calcio richiede altri tipi di giocatori, più dinamici e di quantità che tecnici. Avevo offerte in D anche nel Veneto, ma a questo punto preferirei restare qui”.

Domenica arriva la Spal che lei ha incrociato quattro volte senza mai vincere. Che match sarà Formigine-Spal?
“La Spal per storia e ambizione ha qualcosa in più è ovvio. Speriamo sia una bella partita. La Spal verrà per i tre punti e punta a salire come le altre squadre blasonate del girone. Il mister domenica ha giocato con il 4-2-3-1, ma non so se si ripeterà. Io ho giocato dieci minuti, ho saltato un bel po’ di preparazione e non ho i novanta minuti nelle gambe, ma trenta-quaranta penso di averli.

 

Angolo curiosità. Dai tifosi sei meglio conosciuto come “Roger” Rabito.
“Roger è il soprannome che mi hanno affibbiato nella Primavera del Milan da ‘Roger Rabbit’ e me lo sono sempre portato dietro”

A Veronello hai frequentato anche il corso per la rianimazione cardiopolmonare di base. Centra qualcosa la morte del tuo compagno di squadra al Padova Piermario Morosini?
“La scomparsa di Piermario è stata un fulmine a ciel sereno. Ora non so se nel suo caso specifico fosse servito a qualcosa la rianimazione, ma credo che ad oggi un defibrillatore debba trovarsi in ogni sede di società sportiva. Nel periodo in cui sono stato senza squadra ho fatto il volontario a Maranello per la rianimazione di base”.

Nel 2011 fuori dal centro di allenamento del Padova, nel periodo in cui giocavi meno, ti hanno fotografato con una maglietta “I am not a football player”. Un messaggio al mister?
“No, non sono mai stato polemico. Ho sempre mantenuto il profilo basso e mi ritengo una persona umile. Quella fu una trovata goliardica”.

 

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