Mettiamola così: per una serie di ragioni già note, nell’immaginario collettivo del tifoso spallino medio Davide Marchini non è quello da cui andresti a cercare le parole più significative dopo una giornata nerissima come quella di ieri. Un po’ perché il capitano viene generalmente bollato come uno dal carattere fumantino, un po’ perché lui ieri in campo non c’era e gli è toccato vivere la sconfitta dalla tribuna, come per la larga maggioranza dei presenti al Mazza. Eppure la dichiarazione del dopo partita di maggiore rilievo è giunta proprio da lui: “È arrivato il momento del silenzio e della riflessione, tutti noi dobbiamo guardarci negli occhi e fare un esame di coscienza. Non può essere sempre una giornata storta, non possono essere sempre gli altri più bravi di noi nelle gare più importanti”. In sole quarantadue parole Marchini è riuscito a racchiudere con grandissima chiarezza il momento attuale della Spal, se non proprio a fotografare la stagione intera della squadra di cui è il leader.
SILENZIO E RIFLESSIONE – Non viene difficile credere che larga parte della riflessione del lunedì incoraggiata da Marchini possa riguardare le eventuali responsabilità di David Sassarini. Per quanto sia inevitabile che un allenatore di una squadra di vertice finisca sulla graticola dopo una pesante sconfitta interna, già da ieri pomeriggio il malcontento della tifoseria è aumentato e si moltiplicano le voci di chi vorrebbe una nuova guida tecnica. E non è da escludere che dopo la partita, nelle stanze dei bottoni, il presidente Ranzani, il patron Benasciutti e il dg Cestari abbiano discusso della posizione del mister, anche solo per fare il punto della situazione e conoscere le reciproche opinioni in merito. Domani riprenderanno gli allenamenti e di certo tutti quanti si ritroveranno nello spogliatoio di via Copparo per confrontarsi e capire come reagire alla batosta. Sarà fondamentale capire se il gruppo è ancora unito o se qualcosa si sia effettivamente scollato tra l’allenatore e i giocatori.
GLI ALTRI SONO PIU’ FORTI? – Questo è difficile da stabilire. Però i numeri sono abbastanza impietosi: se prendiamo in considerazione le avversarie che vanno dal primo al sesto posto notiamo che la Spal ha vinto una sola volta su otto scontri diretti, in casa contro la Pistoiese. Per il resto solo delusioni: quattro pareggi e tre sconfitte. Sette punti su un totale di ventiquattro disponibili. Se è vero che almeno due sfide risalgono ai giorni del cantiere aperto (Lucchese e Massese nel girone di andata), è vero anche che quando c’è da fare il salto di qualità la Spal si scioglie. Senza andare a scomodare la maledizione della partita della svolta fallita puntualmente, in gran voga da ormai un ventennio, viene naturale interrogarsi sulla causa. Gli alibi della squadra giovane e delle assenze possono valere fino a un certo punto, o comunque per una singola occasione, ma non sul lungo termine. E se l’amara verità fosse che la Spal di oggi non possa ambire a più di un piazzamento playoff? Una verità dura accettare, ma che pone le sue basi nella genesi tecnica di questa squadra: un insieme di individualità eccellenti e di onesti comprimari messo insieme in tempi record e con risorse non certo trascendentali. Se a settembre ci avessero raccontato di un terzo posto a meno sei, probabilmente avremmo stentato a crederci.
VOLATA O VIA CRUCIS? – Se la stagione della Spal non è a un bivio poco ci manca. Mancano sette partite al termine della stagione, quattro di queste fanno parte della categoria degli scontri diretti citata prima. L’ambiente biancazzurro non deve cedere né alla tentazione di demoralizzarsi, né a quella di pensare che una rivoluzione (come un cambio di allenatore) possa cambiare in meglio una stagione partita con presupposti non certo trionfali. Sassarini ha fatto degli errori, ma ha anche meriti che gli vanno riconosciuti visto che è partito da una tabula rasa. L’avvicendamento con un allenatore interinale (chi accetterebbe poi?) non farebbe altro che rendere il quadro generale più confusionario. Anche perché per l’eventuale successore ci sarebbe da fare i conti con un dato abbastanza incontestabile: il primo posto ormai è un miraggio, viene infatti difficile pensare che quattro squadre attrezzate come quelle che precedono la Spal possano suicidarsi collettivamente. Ma la prospettiva dei playoff deve rimanere concreta, quantomeno per dare un senso compiuto al lavoro fatto da agosto fino a ora.