Breve storiella ferrarese. Questa mattina in un noto caffè del centro di Ferrara, mi è capitato di assistere a una scena non proprio usuale. Quello che aveva l’aria di essere un uomo sulla trentina, dall’aria giovanile, sedeva a un tavolo apparecchiato con la copia del giorno della Gazzetta dello Sport e un cappuccino. Era intento a sfogliare le pagine dedicate alla conquista dello scudetto da parte della Juventus, gravide di foto e di curiosità del tutto inutili. La lettura viene interrotta dall’ingresso nel locale di un altro giovane uomo, che prima ancora di ordinare il suo caffè saluta quello al tavolo con grande trasporto. Ne scaturisce una conversazione incentrata sul fatto che l’uomo intento a leggere la Gazzetta il pomeriggio precedente si trovava a Torino, per assistere a Juventus-Palermo e festeggiare insieme agli altri tifosi per le strade della città. La descrizione degli eventi è magniloquente e densa di aggettivi superlativi: sembra che a Torino tutto sia stato grandissimo, bellissimo, importantissimo, divertentissimo. Mentre a distanza sorseggiavo un anonimo tè al limone, non ho potuto fare a meno di notare la noia dipinta sul volto del secondo uomo. Sembrava provare una punta di invidia, ma poco più. Alla fine gli riuscì di interrompere l’entusiasta monologo dell’amico dicendo che sì, deve essere stato sicuramente bello, ma non sarebbe stato nulla in confronto a un eventuale festa della Spal, la sua squadra del cuore. I tratti quasi lugubri della descrizione della miserrima trasferta di Castelfranco Emilia stonavano nettamente di fronte all’altro racconto.
D’altra parte le vie di Ferrara da tempo non vedono cortei festosi. C’è però ancora una minoranza irriducibile che applica l’equazione calcistica più semplice per chi sta fuori dal campo: sono di Ferrara e tifo per la squadra della mia città. Il problema è che ormai si tifa per la Spal non perché vinca qualcosa, ma perché quantomeno eviti umiliazioni o catastrofi come quelle degli ultimi anni. Insomma, sono cambiate le priorità. È forse questa la lezione più importante che Candela, Pontrelli dovranno imparare in fretta se davvero si insedieranno a Ferrara: dopo un’altra stagione da dimenticare i tifosi chiedono che venga ricostruita e preservata la dignità del nome Spal e di ciò che rappresenta nella storia del calcio italiano.
Si presentino presto, ma evitino di usare frasi fatte riguardanti “la-piazza-ideale-per-fare-calcio” o i grandi progetti incentrati sui giovani (che “corrono anche senza stipendio” cit. R. Ben.). Siano umili e ci dicano come stanno le cose, fin dal primo giorno. Quali sono le risorse attuali e non quali siano quelle che contano di raccogliere in futuro. Non ci raccontino che “lasceremo sicuramente questa categoria” (cit. O. Pelliccioni, 3 agosto 2012) e non organizzino cocomerate con i tifosi. Parlino piuttosto di ciò che hanno da offrire alla città e lo facciano con discrezione, valorizzando la Spal e non sfruttandone la fama ormai opaca schierando pattuglie di giocatori senza radici, o peggio ancora senza stipendio. Facciano una chiacchierata con Pezzato, con Brescia, con Zamuner, con Cancellato e infine con Marchini e Braiati per chiedere loro cosa significhi indossare il biancazzurro ogni domenica, e si assicurino di trasmetterlo a chi dovrà farlo nel prossimo campionato. Chiedano ai tifosi cosa significa prendere posto sui gradoni della Ovest ogni domenica, caldo o freddo che sia, per riempirsi i polmoni e gridare Forza Spal. Perché di chiacchiere, nei bar e nelle piazze, se ne fanno ormai già troppe. E i tifosi biancazzurri che aspettano quel fischio, quel boato, quella festa in giro per Ferrara, si stanno estinguendo mestamente, scalfiti dal tempo e dalle montagne di promesse disattese propinate loro negli ultimi anni.