Definire il Subbuteo un gioco è chiaramente riduttivo. Poche attività ludiche possono fregiarsi del titolo di avere “sostantivato” il proprio marchio. Il lego, il Meccano. Poi si giocava a soldatini, a macchinine, col trenino, pur avendo fior fiore di aziende produttrici per tali giochi. Mica si giocava a Rivarossi o Atlantic… Il Subbuteo è diventato un avatar. Del gioco più bello del mondo ovviamente, il calcio. Però è diventato un vero e proprio trasfert in punta di dito. Rivangare i ricordi porterebbe via così tanto spazio da dover scrivere un libro. E di libri ce ne sono già, per chi volesse inoltrarsi nei meandri della memoria. Ma anche per riportare a galla i cimeli che giacciono in fondo a buie cantine o umidi solai e che aspettano i vostri indici. Ma ci sono anche più piccoli ditini pronti a scattare sul panno verde (e ancora non lo sanno). Sono quelli dei nostri figli, nipoti che vivono ignari dello spettacolo che si perdono. Sta a voi quindi, padri, zii e nonni, ad insegnare loro quanto ci si diverte flikkando quegli omini di plastica, immaginando di riscrivere la storia del calcio con tanti nuovi amici tutti intorno al tavolo da cucina, apparecchiato con staccionate, porte e squadre. E dite che a sto punto non vi è tornata la voglia, se avete coraggio…
Nicola Delez Deleonardis