E’ tranquillissimo Davide Vagnati. Il trentacinquenne diggì dei biancazzurri, dopo cinque gare ufficiali, fa un primo punto della situazione. Senza guardare la classifica.
Vincere. Sta diventando un pensiero un po’ troppo assillante.
“Io credo serva equilibrio. Dobbiamo essere bravi a capire quello che funziona, quello che non funziona e, senza fare drammi, lavorare per migliorare”.
Piazza storicamente difficile Ferrara. Non si sono fatti attendere i primi mugugni, domenica, dopo il pareggio contro la Torres.
“Lo sappiamo. Come sappiamo che non è ricorrendo al mercato che le cose vanno a posto”.
Intanto, però, arriva Paro. Mossa per sedare più l’insoddisfazione dell’allenatore o della tifoseria?
“L’allenatore ha ritenuto che in quella specifica zona di campo alla Spal servisse un uomo capace di dare qualcosa di più rispetto a quello che già abbiamo in rosa. Il mio ruolo è quello di cercare di mettergli a disposizione il meglio che posso tra quello che offre il mercato. Il mio compito termina lì. I tifosi? Pagano e se fischiano hanno ragione. Anche se credo che al momento serva solo un pizzico di pazienza in più”.
Lecito è però avere qualche dubbio sulle condizioni fisiche di questo ragazzo sfortunatissimo che, probabilmente, senza i due gravissimi infortuni patiti, oggi calcherebbe a occhi chiusi i campi della serie A.
“Il ragazzo ha superato tutti i test atletici a cui è stato sottoposto. Domani ha un ultimo controllo da superare. Tra un paio di gare potrebbe anche esordire”.
E’ una Spal che in corsa ha già cambiato molto. Forse troppo. Non crede che ricorrendo così di frequente al mercato non farete che dare ragione a chi dice che siete arrivati a Ferrara con giocatori ‘da Giacomense’?
“Menegatti è arrivato e non doveva arrivare. Buscaroli è arrivato e neppure lui doveva arrivare. Adesso, molto probabilmente, se troveremo l’accordo su… ‘l’argent’ arriverà anche Paro. Ognuno la legge come vuole. Ma, preso il centrocampista, penso che potremo metterci comodi e vedere cosa succede in campo. La società il suo l’ha fatto e, forse, anche più del dovuto”.
E’ scaramantico?
“Se mi stai chiedendo se penso che la Spal sia stata sfortunata nelle prime giornate dico di no. Si tratta di momenti negativi che, se proprio sei obbligato a vivere, è meglio affrontarli adesso e non a primavera. Ci fanno diventare grandi. Pensiamo a lavorare”.
Visto il precampionato di quest’anno, leggerino, che ha portato tutti a pensare in grande sarà bene rivedere i piani per la prossima stagione.
“Ah può essere, sì, anche se vorrei la gente capisse che la Spal non deve stravincere il campionato. Deve solo entrare nelle prime otto senza troppi patemi d’animo. Siamo convintissimi che riusciremo a centrare l’obiettivo, per questo predico calma ed equilibrio. Dopo cinque partite è francamente un azzardo pensare di emettere sentenze definitive. Ma davvero pensiamo che questa sarà la classifica a fine campionato? Vuotiamo la testa di inutili pensieri. In campo ci dobbiamo divertire tutti insieme, da squadra”.
Cosa le ha dato più fastidio fino a questo momento?
“Leggere che ogni partita è una finale, che dobbiamo vincere a ogni costo dappertutto: ma chi l’ha detto? Dobbiamo prima di tutto diventare una squadra. Avere una nostra identità. Un gioco che ci permetta di esprimere le nostre qualità, che sono tante e in cui sono il primo a crederci. Il risultato, alla fine, è solo la logica conseguenza di un lavoro di base che si fa prima, durante la settimana. La domenica si gioca per dimostrare di aver assimilato i concetti. Con l’aggiunta del divertimento e della spensieratezza che a 20 anni devi avere per forza”.
Difficile per un ventenne turarsi il naso, tapparsi le orecchie e andare avanti senza farsi condizionare.
“Se vuoi diventare un professionista devi passare anche da queste cose”.
Le piace la sua Spal?
“Tantissimo e non sbaglierà, vedrete”.