Mi dispiace, ma io non ci sto. Non partecipo a questo stucchevole tiro a segno per vendicare l’orgoglio ferito: primo perché il mio orgoglio non è affatto ferito, né dalla sconfitta di sabato, né da quelle che l’hanno preceduta; secondo, perché continuo ad essere fiero della mia spallinità e sono preparato a viverne gioie e dolori con sereno disincanto. Il mezzo secolo che separa gli antichi fasti dall’odierna rinascita mi ha reso di scorza dura, e non è certo la miseria degli attuali quindici punti con cui guardare al futuro a farmi uscire di senno. Per questo non ho bersagli da colpire e neanche mi interessa fabbricarmene uno. In seno alla SPAL di oggi non vedo colpevoli di supposti misfatti, perché l’attuale situazione era prevista sin dall’inizio. Si sapeva che, per una squadra di provincia, la serie A è come una gara di nuoto in cui dei principianti fossero costretti a competere con campioni olimpici: l’obiettivo dei primi sarebbe di non annegare, quello dei secondi di lottare per la vittoria. Facciamocene dunque una ragione e, invece di sparare a raffica soluzioni da bacchetta magica spuntata, cerchiamo di riconsiderare a mente fredda le varie prestazioni dei nostri beniamini in questa prima fase della stagione.
Non so voi, ma io, tra tante ombre, vi ho visto anche diverse luci che delineano una squadra capace di competere anche con avversari di levatura superiore. Mi tornano in mente, ad esempio, le capacità di reazione messe in mostra contro Verona, Benevento e Torino: gare che sembravano compromesse raddrizzate con piglio da grande squadra; oppure il primo tempo del Bentegodi contro il Chievo, in cui solo la malasorte ha impedito ai biancazzurri di chiudere la partita prima del riposo – poi sappiamo com’è andata, ma qui entriamo nella zona delle ombre, di cui parleremo più avanti; e la partita di Marassi, giocata a viso aperto con la Samp fin quando, allo scadere, un’assurda decisione arbitrale ci ha condannati. Ora io mi chiedo: chi oggi vuole la testa di mister Semplici lo accusa anche di quel punto mancato? O della sconfitta di Roma, rimediata giocando in inferiorità numerica per ottanta minuti? O di quella del Meazza col Milan, capolavoro di due tuffatori d’area in maglia rossonera premiati con altrettanti rigori? E si potrebbe continuare, elencando i numerosi quasi-gol decretati da pali velenosi che hanno respinto i tiri dei nostri attaccanti. La sintesi finale ci presenterebbe una SPAL in credito di quei punti sufficienti a collocarla in una posizione di classifica più tranquilla, dove a nessuno verrebbe in mente di esonerare l’allenatore.
Invece in questi giorni i social sparano lapidarie sentenze contro Leonardo Semplici, come se l’artefice del doppio salto dalla Lega Pro alla serie A, in due stagioni, d’improvviso non ne capisse più di calcio. Intanto i fatti dicono che, alla fine di una partita persa nettamente contro una grande Lazio, la Ovest e tutto lo stadio hanno applaudito a scena aperta i loro beniamini andati a salutarli. Questo perché sabato scorso al Mazza si è visto del grande calcio e non solo per merito della Lazio. E’ vero che la SPAL ha denunciato limiti difensivi sui quali ora il mercato di riparazione cercherà di porre rimedio, ma ha anche deliziato il pubblico con pregevoli azioni corali di grande personalità. Credo che la discesa di Manuel Lazzari sulla fascia, con avversario lasciato sul posto a mimare una cinquecento fagocitata da una Ferrari, e il successivo cross sul quale Antenucci ha siglato con freddezza la seconda rete biancazzurra rientrino di diritto nei manuali del calcio. E se alla fine sono fioccati gli applausi, essi sono stati più che meritati. Dai giocatori come dal nostro grande Mister, che è bene tenerci stretto come una preziosa risorsa per il cammino verso il successo finale. Ci penserà la Società a trovare i giusti correttivi ad una difesa che a volte traballa.
A questo proposito – e qui entriamo in tema di ombre – a me pare che le lacune del reparto difensivo emergano soprattutto in fase di ripartenza, quando ci sarebbe bisogno di rinvii puliti che non diventassero preda di avversari in agguato al limite dell’area. Molti gol, infatti, hanno preso origine da rinvii sporchi o da tentennamenti nello smistare la palla nella zona di centrocampo. E su questo argomento mi fermo qui, perché le mie non sono che personali teorie da vecchio calciofilo privo di qualsiasi formazione tecnica. Su di esse, se si vuole, si potrà riflettere e, magari, si potranno smentire o integrare in base ad altre legittime correnti di pensiero. Quanto a me, lascio a chi di dovere il compito di intervenire in concreto per centrare la salvezza alla fine di questo avvincente torneo, e, come detto sopra, mi astengo da sterili tiri al bersaglio che tolgano serenità all’ambiente e fomentino antipatici nervosismi.