Dal Marocco all’Italia, dalla fabbrica al calcio che conta. Per anni ti sei diviso tra i campi della serie D e il lavoro di operaio, dalle 8 alle 17 in fabbrica, poi gli allenamenti…
“Ho avuto la fortuna di venire in Italia e di crearmi un futuro. Il calcio è sempre stato la mia passione fin da bambino. Lavoravo in fabbrica per dare una mano alla mia famiglia perché in serie D non si ha uno stipendio fisso ma solo i rimborsi spese, intanto studiavo, ho preso il diploma e una specializzazione. Non è stato semplice dividermi tra il lavoro e il calcio ma sono contento di esserci riuscito”.
All’inizio il calcio era solo puro divertimento. Quando hai capito che sarebbe diventato una professione?
“L’ho capito i primi due anni di serie D, dopo aver fatto undici gol nella prima stagione, mi sono subito reso conto che ce la potevo fare, che c’era la possibilità di arrivare tra i professionisti”.
A cambiarti la vita sono stati due osservatori che, girando per i campi di periferia, hanno notato il tuo stile molto personale proponendoti alla Spal. Salto di categoria e addio stipendio da fabbrica…
“Sì è vero, ricordo benissimo quella partita, Tamai-Sambonifacese, dove tra l’altro ho giocato molto bene. In tribuna a guardarmi c’era Nicola Locatelli che lavora assieme al mio procuratore Gabriel Savino, il quale il giorno dopo mi ha chiamato per dirmi che c’era la possibilità di andare a giocare tra i professionisti. Che bel momento…”.
Il club spallino, per farti giocare, ha dovuto ingaggiare una battaglia legale con la Lega Pro. Perché?
“Perché non avevo la cittadinanza italiana e quindi per la Lega Calcio non potevo giocare in una squadra di professionisti. Con il mio avvocato ho denunciato il fatto e ho vinto la causa, era tutto in regola e poi vivevo in Italia già da molti anni. Diciamo che calcisticamente parlando sono stato un po’ discriminato, non è stato un periodo facile e quando è arrivata l’autorizzazione sono stato felicissimo”.
La società ha sempre creduto molto in te.
“E’ vero, sia la società sia mister Dolcetti mi hanno fatto sentire subito importante, dandomi grandi spazi e valorizzando al massimo le mie capacità. Spero di aver ripagato la loro fiducia…”.
Tutto molto bello quindi…
“A Ferrara è stato un anno indimenticabile. Mi sono sentito subito a casa. Mi dava grande gioia girare per il centro, fermarmi a parlare con la gente, sentirmi apprezzato. Sono belle soddisfazioni”.
Scommetto che senti ancora Zamboni, è molto gettonato tra gli ex!
“Sì, hai indovinato, sento spesso Marco al telefono ma anche altri ragazzi con cui ho diviso tanti bei momenti, Kolawole, Cabeccia, il Gaucho… Tifo sempre Spal e, ogni domenica, seguo risultati e partite”.
E Pozzi?
“Sento anche lui ogni tanto, so che è venuto a vedere qualche mia partita. Mi vuole bene e lo ringrazio molto”.
Per la felicità dei portieri, i tifosi della Spal ti avevano soprannominato piattella…
(grande risata) “E’ un soprannome che mi hanno dato a Ferrara per la mia abitudine a calciare di piatto, piuttosto anomalo e decisamente fastidioso!”.
Ti sei mai pentito di aver lasciato la Spal così presto, nonostante in molti ti avessero consigliato di aspettare l’estate?
“Pentito no, anche perché non so quanti avrebbero rifiutato una richiesta dal Torino. Poi figurati, un ragazzo con la mia storia, due anni prima ero in D e lavoravo part-time e un giorno, come per magia, mi ritrovo in serie B. Era un esperienza da fare senza alcun dubbio e senza incertezze”.
Dieci presenze a Torino, due soltanto dall’inizio. Una a Cittadella, sei a Vicenza in questa stagione, e mai dal primo minuto. E’ così difficile trovare spazio in serie B?
“Facile non è. Purtroppo non mi è stata data la possibilità di dimostrare il mio vero valore in campo e sinceramente non so ancora perché. Ho avuto comunque la grande soddisfazione di segnare in finale play off nella partita Torino-Brescia anche se poi non abbiamo vinto”.
Ma qual è la differenza tra Lega Pro e serie B?
“In serie B c’è più qualità di gioco, più tecnica, ti ritrovi a giocare contro giocatori che hanno calcato i campi di serie A, calciatori di grande esperienza. I primi tempi ti senti un po’ stranito”.
Calcio e ramadan possono coesistere?
“Nel periodo di ramadan uno si gestisce come vuole, quando gioco mangio normalmente altrimenti poi in campo stramazzo a terra. Cerco di recuperare nei giorni finali della nostra tradizione”.
Due temi scottanti delle ultime settimane sono immigrazione ed integrazione in Italia. Ti va di dirci il tuo pensiero in merito e anche la tua testimonianza visto che alcuni anni fa hai raggiunto tuo padre in Italia insieme con il resto della famiglia?
“Tanto per cominciare chi non si trova in questa situazione può solo ritenersi fortunato. Nessuno vorrebbe lasciare il proprio paese, la propria famiglia, le proprie abitudini per andare altrove se non fosse costretto dalle circostanze. Queste persone vanno aiutate. Personalmente non ho mai avuto problemi di integrazione. Adesso la questione integrazione in Italia fa ancora discutere ma tra qualche anno sono sicuro che ci saranno molti meno problemi in generale”.
Sei in comproprietà tra Vicenza e Spal: cosa pensi accadrà a giugno?
“Non so cosa dirti, decideranno le due società”.
C’è la possibilità di rivederti in Lega Pro, magari ancora nella Spal?
“Se in serie in B avessi meno prospettive di gioco tornerei tranquillamente in Lega Pro. A Ferrara poi sono stato davvero molto bene, non avrei alcun problema. Ma non dipende da me…”.
Anche se dovessi rivedere il tuo stipendio?
“Credo che il mio stipendio se lo possa tranquillamente permettere anche una squadra di Lega Pro”.
Vuoi lasciare un messaggio ai tifosi della Spal che ci leggono?
“Majal ac Spal!”