L’attesa. Lunga, snervante. E questi giorni che, per motivi personali, sono complicati, pieni di dubbi, di dolore, di inutili ma reali sensi di colpa. Chiusa la parentesi degli affari miei, questa domenica mi sarebbe piaciuto molto andare alla Spal. E invece, sia sempre maledetto il calcio moderno, tocca aspettare altri sette giorni prima di vedere la reazione biancazzurra in un posto non qualsiasi che si chiama Portogruaro. Siccome il bianco e l’azzurro sono ormai una malattia, un tatuaggio con i colori che si mescolano e scorrono lungo le vene mischiandosi al rosso che c’è dentro ognuno di noi, questo week-end buono soltanto per il fantacalcio se ne va lentamente, per fortuna alleggerito da sogni e realtà. Il sogno è uno dei tanti ma mai così fantasioso e spallino allo stesso tempo. Il Paolo Mazza come sempre “coconato”, la Spal che vince, la festa finale, tutto come al solito, insomma, se non fosse che insieme ai nostri eroi Zambo, il Vecio, il Gaucho, Cristian, l’Uomo Ragno Capecchi, Guidone, Arma Letale, Guerriero Schiavon e gli altri, i giorni di cui sopra mi fanno vedere altre facce amiche, facce di Spal anche queste ma, per ruolo, abituate a vedersi sugli spalti e non sulla sabbia del campo ferrarese. C’è Airbus che fa il portiere ovviamente volante e si è delimitato il suo spazio con due felpe degli Spallinati, c’è Giginho che ogni tre corner vuole un rigore, Sirpongo che bim-bum-bam fa le squadre, Surnacion che insiste sul valore del gioco di sponda quando il pallone rimbalza sulla Curva Ovest e torna in campo. In mezzo a questi deliri c’è la Spal che trionfa e c’è una festa finale che prima o poi la vivrò senz’altro perché – of course – da tifoso me la merito.
Ma c’è anche la realtà, quella di quest’anno, raramente tanto bella. Che stavolta, dopo le lettere al Forum e ai giornali di Ave Cesare, dopo le corse sotto la curva con lancio di cravatta del Comandante ha coinvolto anche l’Unico Mister, Aldo Dolcetti. Sono rimasto colpito quando l’instancabile Staschenov ha pubblicato sul nuovo sito spallino il Dolcetti Pensiero. Colpito e, alla fine, felice per una marea di motivi. Intanto perché se scrivi dopo una sconfitta guadagni subito punti. Ma non finisce qui la mia meraviglia. Parla di “Nostra Spal”, il tecnico, e puntualizza e spiega e coinvolge e invita e non sbaglia un colpo. Specifica anche, Dolcetti, quali erano e quali restano gli obblighi di quello che, giustamente, ricorda essere un progetto. Ma non si tira indietro e ammette che il nuovo obiettivo, dopo la salvezza, sono i playoff soprattutto se certi sciocchi, prevenuti, dannosi pessimismi termineranno. E’ una bella lettera, quella di Aldo, una lettera piena dell’uomo che la Spal ha sulla sua panchina, che si rivolge al pubblico e ai giocatori con grande umiltà. Tutti gli spallini del mondo farebbero bene a leggerla perché lì è contenuto il segreto di questa nuova società alla voce responsabilità, carattere, voglia e doveri. Non ricordo, da quando tifo per queste fantastiche quattro lettere, di aver conservato, oltretutto in mezzo campionato, tante cose scritte da personaggi della Spal. Conservavo, e conservo, scritti familiari, certi pezzi di Mura o Serra o Crosetti o Romagnoli, altri di Garlando e Perrone, qualcosa di Gramellini, tutte le interviste di Sabelli Fioretti e molte di Stefano Lorenzetto, per citarne solo alcuni ma mai, con tutto il rispetto per i precedenti, lettere aperte di un presidente o di un allenatore della Spal. Buon segno, credo. Anzi, ne sono certo. Se poi non fosse che questa squadra e questo gruppo li ritengo importanti come una legge sul conflitto di interessi in Italia sarei anche contento così e potrei fermare qui la mia, personale avventura biancazzurra di quest’anno. Invece no. Voglio continuare a godermi tutto, giorno dopo giorno, partita dopo partita, telefonata dopo telefonata, sms dopo sms. E voglio, proprio come Dolcetti, lottare fino alla fine in un campionato dove tutte le squadre di testa, dalla Pro Patria al Padova possono sperare in un salto di categoria. Spal compresa. A cominciare dalla prossima, difficile partita. Forza ragazzi! Nel frattempo canto quel vecchio pezzo di Jovanotti sperando che la diretta interessata possa ascoltare e concedere l’ultimo sorriso che nemmeno ricordo più quanto è lontano.