Non ne faccio un mistero, a Porto Tolle ci sono cresciuto e vi conservo significativi affetti, tra cui la famiglia, gli amici d’infanzia e una squadra di calcio amatoriale che si chiama Portotollese. Per questo gli episodi poco edificanti verificatisi allo stadio Comunale in occasione dell’incontro tra le squadre juniores di Delta Porto Tolle e Spal mi hanno dato modo di sperimentare sensazioni particolarmente spiacevoli. Perché se il mio cuore di tifoso batte per i colori della mia città d’adozione, Ferrara, gli occhi restano quelli di chi vorrebbe vedere lo sport vissuto nei limiti del buonsenso, a prescindere da presunti torti e ragioni.
Perché tediarvi con questo tipo di premessa? Perché nel tardo pomeriggio ho scelto di pubblicare sulla nostra pagina redazionale di Facebook una foto (visibile a margine dell’articolo sulla partita) che ritrae i giovani giocatori del Delta Porto Tolle, a fine partita, indirizzare gesti non esattamente signorili verso i tifosi della Spal giunti sul posto per assistere alla partita. Una testimonianza che nel giro di poche ore ha scatenato un autentico vespaio di insulti incrociati assolutamente non tollerabile quando si parla di calcio, a maggior ragione di calcio giovanile. Per questo è stato necessario rimuovere la foto: per evitare un’autentica escalation di violenza verbale che non fa onore a nessuno.
C’è un aspetto però che mi preme sottolineare: più di qualcuno, sulla sponda portotollese, ha sottolineato che la reazione dei giocatori sarebbe stata giustificata dagli insulti giunti dalla tribuna e scanditi dai tifosi della Spal. E che la foto offrirebbe una visione parziale dei fatti. Se è vero che tali insulti (sfociati anche in patetici battibecchi tra adulti) ci sono stati, è vero anche che quello proposto è un ragionamento piuttosto capzioso, perché mette sullo stesso piano figure con ruoli evidentemente diversi. I giocatori stanno in campo e giocano, i tifosi stanno sulle tribune e, nella migliore delle ipotesi, tifano. Con la pubblicazione di quella foto non si tratta infatti di stabilire chi ha ragione e chi ha torto in questa storia, ma di sottolineare che dei giovani calciatori non si devono sentire in dovere di rispondere alle provocazioni, anche se spiacevoli e reiterate. Perché altrimenti si entra in una spirale da cui diventa impossibile uscire. Le squadre, almeno, in linea teorica, dovrebbero assolvere ai doveri del fair play anche nei confronti degli spettatori. A occuparsi dell’ordine e del decoro verbale sulle tribune dovrebbe essere qualcun altro. Anche perché se il buonsenso viene a mancare da una parte, è il caso di compensarlo con un ulteriore vuoto di buonsenso? Di equiparabile sui due fronti c’è solo il senso di sconforto che TUTTI, in primis chi scrive, hanno potuto sperimentare nel vedere adulti insultare ragazzini e ragazzini sentirsi in dovere di comportarsi in quel modo. Prendersela in quel modo per una partita – per quanto decisiva – di un campionato giovanile.
Qui – e questo è sfuggito a larghissima parte dei solerti commentatori su Facebook – non si tratta di prendere le parti di una città, di una tifoseria, o di una causa. Né di infangare chicchessia. Nessuno ha scritto di una Porto Tolle becera o incivile. Semplicemente è stato documentato un fatto che non sarebbe dovuto accadere. Si tratta piuttosto di cercare di riportare all’attenzione l’importanza di una sportività che deve cominciare a essere tale prima di tutto dal campo attraverso l’etica. Le accuse, gli insulti, le insinuazioni e le provocazioni rimangano fuori. Dai campi di calcio e dalle sezioni commenti di Facebook.