FABRIZIO ZAFFI, NOVE ANNI DI SPAL A FARE DI TUTTO DI PIU’: IL PROBLEMA E’ CHE IL CALCIO E’ DIVENTATO SOLO UN BUSINESS E SENZA AMORE NEMMENO I SOLDI BASTANO

Fabrizio Zaffi, in cosa consiste il tuo lavoro?
“Eh eh, difficile a dirsi… Principalmente curo i campi, ma qui al Centro faccio davvero di tutto: dalle pulizie alla manutenzione in generale. Aggiusto le cose, poto le siepi, faccio quello di cui c’è bisogno. Ho curato il campo dello stadio, e ho fatto anche il magazziniere per un certo periodo”.

Da quanto tempo lavori qui?
“Quasi nove anni”.

E in questo periodo avrai visto di tutto…
“Da Pagliuso a oggi ho visto tutto quello che è successo qui”.

Cosa ti piace di questo lavoro?
“Tutto. Stai all’aria aperta, sempre in mezzo ai giovani. E poi la Spal per me è un grande amore da molto tempo, quindi sono anche onorato di questo lavoro”.

Come sei arrivato qui?
“Ho iniziato ad andare allo stadio a quindici anni, e seguivo la squadra anche in trasferta. Mi sono appassionato sempre di più, finché ho iniziato a ossessionare quotidianamente un mio carissimo amico che lavorava già qui, pregandolo di avvisarmi appena si fosse liberato un posto di qualunque genere. Un giorno è successo e mi sono presentato subito. Ed eccomi qui”.

Che ricordi hai del lavoro di questi anni?
“Ricordi di ogni genere. I più divertenti forse sono di quando in magazzino c’era il vulcanico Gino Vecchi. Un grande. Ogni volta che c’era di mezzo lui poteva succedere qualunque cosa. Vedevi letteralmente volare maglie, borse, di tutto. Ha un bel caratterino. Però che grande lavoratore… Anzi, se dovesse mai leggere questa intervista vorrei salutarlo. In bocca al lupo Gino!”.

E dei giocatori che sono passati di qui chi ti ricordi meglio?
“Di Loreto. Ha giocato qui solo per un anno, ma avevamo legato molto. Davvero un bravo ragazzo”.

Sembri molto appassionato a questo lavoro. Quali sono le soddisfazioni più belle?
“Beh, io cerco di curare i campi meglio che posso. Ci metto veramente tutto me stesso. E vederli tirati perfettamente e pronti per essere usati è una bella gratificazione. So che è solo il mio lavoro, però mi piace vederne i frutti. Le soddisfazioni più grandi le ho avute curando il manto del “Mazza”, cosa che ho fatto fino all’anno scorso. A vederlo perfetto la domenica pomeriggio, livellato, tagliato e segnato, pronto per ospitare la partita ho sempre provato un po’ di orgoglio. A questo proposito vorrei mostrare una foto (sotto a destra) che ho fatto. Il nostro è veramente un bello stadio”.

Parliamo del periodo “turbolento”, per usare un eufemismo, che sta vivendo la Spal. Tu, insieme con altri dipendenti hai preso parte allo sciopero finito solo pochi giorni fa. Vuoi dirci qualcosa in proposito?
“C’è poco da dire; abbiamo scioperato perché non ci pagavano. E’ semplice. Essere pagati è il diritto più importante. Noi abbiamo sopportato molto, anche grazie all’amore per questa squadra, ma a un certo punto abbiamo capito che era stato passato il segno. Le situazioni personali e familiari sempre più pesanti e il continuo disattendere le promesse ci hanno fatto decidere di scioperare. E’ un fatto di diritti e di rispetto. Noi il nostro dovere lo abbiamo sempre fatto, e anche bene, ed è giusto ricevere ciò che ci spetta. Ci siamo accontentati di dilazioni e promesse finché abbiamo potuto”.

Come siete arrivati alla decisione? È la prima volta che succede nella storia della Spal. E’ stato un gesto forte, che la dice lunga sulla situazione.
“Sapevamo che sarebbe stato un gesto forte. Ma ci è sembrata l’unica cosa giusta da fare. E’ stata tutta una catena di conseguenze, come un domino. Quando il tuo datore di lavoro inizia a non curarsi dei tuoi diritti le cose evolvono da sole, e si arriva a questo. Poi anche l’assenza fisica della dirigenza ha giocato il suo ruolo. Per quanto mi riguarda penso di aver parlato con Pozzi al massimo due o tre volte, e con Butelli una soltanto. Non mi sembra un buon atteggiamento. Il mio referente, finché è rimasto è stato Renato Schena, con il quale mi sono confrontato di più, a volte anche scontrato magari, ma almeno riuscivo ad avere qualche notizia. Un briciolo di chiarezza insomma”.

Il destino della società sarà noto a giorni ormai, ma ciò che è sicuro è che la gestione Butelli non finirà nel migliore dei modi. Secondo te perché si è arrivati a questo punto? In cosa ha mancato questa dirigenza?
“Guarda, se mi concedi una battuta per ridere sull’attuale situazione, forse un po’ volgare e per “intenditori”, vorrei dire che in questo momento avrebbe ragione con i suoi proclami il buon Olao… e ho detto tutto. Scherzi a parte, non credo sia un problema di questa dirigenza nello specifico, ma di ciò che è diventato il calcio in generale: una pura questione di soldi e di affari. Solo business. Per come la vedo io, invece, una realtà come questa la puoi gestire bene solo con una certa affettività. Dovrebbe essere vista come una famiglia, o meglio, come un figlio. Per crescere un figlio c’è bisogno di seguirlo, di dargli tutto quello di cui ha bisogno, e di fare delle cose per lui anche disinteressatamente, e non di pensare a come potrebbe renderti o darti qualche utilità. Bisogna pensare solo al suo bene e alla sua crescita. Poi magari un giorno si vedrà. Però per una realtà con tante variabili in gioco, come il legame con la città o la grande storia alle spalle non si può pensare solo a come si potrebbe farci soldi. Questo potrebbe essere ciò che è mancato a questa dirigenza. Ma in questi anni non ricordo un presidente che lo abbia fatto. Forse, da quello che mi raccontano, l’unico nella storia a prenderla veramente a cuore e a gestirla volendolo bene, e guarda caso ricevendo in cambio la grandezza e la gloria, è stato Paolo Mazza”.

 

Speriamo che tutto si risolva per il meglio. Per voi dello staff, per i giocatori, per la tifoseria, per la città e per il nome stesso della Spal.
“Certo. Aspettiamo e speriamo che venga trovata la soluzione migliore per questa situazione che è davvero brutta per tutti”.

In bocca al lupo.
“Crepi!”.

Attualmente LoSpallino.com raggiunge un pubblico che non è mai stato così vasto e di questo andiamo orgogliosi. Ma sfortunatamente la crescita del pubblico non va di pari passo con la raccolta pubblicitaria online. Questo ha inevitabilmente ripercussioni sulle piccole testate indipendenti come la nostra e non passa giorno senza la notizia della chiusura di realtà che operano nello stesso settore. Noi però siamo determinati a rimanere online e continuare a fornire un servizio apprezzato da tifosi e addetti ai lavori.

Convinti di potercela fare sempre e comunque con le nostre forze, non abbiamo mai chiesto un supporto alla nostra comunità di lettori, nè preso in considerazione di affidarci al modello delle sottoscrizioni o del paywall. Se per te l'informazione de LoSpallino.com ha un valore, ti chiediamo di prendere in considerazione un contributo (totalmente libero) per mantenere vitale la nostra testata e permetterle di crescere ulteriormente in termini di quantità e qualità della sua offerta editoriale.

0