Il consorzio “La Spal nel cuore” è uno degli argomenti che ha tenuto più banco nelle ultime settimane. Un soggetto che si candida ad avere un ruolo importante nel futuro della Spal. Ma cos’è? Come funziona? E perché e stato fondato? Per capire meglio tutto questo abbiamo intervistato i fondatori e promotori di questa nuova iniziativa ferrarese. Per raccontarci l’aspetto più tecnico e le meccaniche di funzionamento si è prestato ai nostri taccuini Riccardo Bizzarri. Commercialista del consorzio e della Real Spal.
Bizzarri, vuole presentarsi un po’ ai lettori e raccontare come ha iniziato a lavorare con la Spal?
“Io faccio il dottore commercialista dal 1992. Ma vengo da una famiglia di commercialisti, quindi in un certo senso lo sono sempre stato. Sono cresciuto tra i numeri. Ho seguito la Spal la prima volta durante la presidenza Pagliuso. Vincemmo insieme un ricorso particolare e questo creò un precedente che fu impugnato da tante altre squadre di calcio italiane. Il Messina di Franza e la Lazio di Lotito tra le altre. Mi chiamò anche il Milan attraverso Ariedo Braida. Diventò un caso nazionale, ne parlarono anche Gazzetta dello Sport e Il Sole 24 ore. Da li ho iniziato a lavorare per il Coni, in qualità di privato esterno. Ho fatto alcune pubblicazioni per loro e poi sono diventato docente della scuola regionale dello sport, e ho iniziato a fare interventi per Italia Oggi, che è un giornale specializzato. Faccio un po’ il pubblicista scrivendo dell’argomento fiscale a tutto tondo”.
Alla Real Spal come si è avvicinato?
“L’ho fondata io nel 2007 su ordine di Benasciutti, quando comprò all’asta il marchio storico. Fu un’asta abbastanza combattuta con il figlio di Tomasi, ma che Benasciutti riuscì a spuntare. Da allora Real Spal è stata una scatola vuota contenente solo il marchio. Fino al luglio di quest’anno, quando Roberto (Benasciutti) disse che se fosse stato chiamato dall’amministrazione pubblica per aiutare la squadra avrebbe volentieri regalato il marchio. E fu di parola. Quest’estate la società è stata svegliata dalla sua inattività ed è stata iscritta al campionato. Grazie anche all’amministrazione e al sindaco, che ha scritto la lettera di supplica per la Lnd”.
Ora che società è Real Spal?
“Tecnicamente è una Srl. Le quote di questa società sono in maggioranza di Benasciutti e ultimamente il consorzio ne ha acquisite il cinque percento. E’ una società pulita. Senza una lira di pregresso e dalla gestione assolutamente sostenibile. E qui conviene spendere qualche parola. Ora non dirò numeri per una questione di eleganza e soprattutto di privacy, ma il costo di gestione non è alto. Per essere una squadra di calcio in Serie D non è assolutamente alto. E di questo bisogna ringraziare il lavoro della dirigenza e sopratutto i giocatori, che hanno accettato tutti ingaggi molto contenuti. Soprattutto i più anziani, che hanno militato in categorie superiori e per le loro qualità avrebbero potuto avanzare pretese più corpose. Ma tutti hanno creduto in questo progetto e hanno saputo adattarcisi, senza nulla togliere al loro impegno e lavoro, che sul campo mi sembra dia buoni frutti. Di questo vanno ringraziati uno ad uno. Detto ciò è una società che punta ad una gestione più etica e ad un buon investimento nel settore giovanile”.
Che ruolo ha avuto Benasciutti?
“Di persone veramente seria. Che ai suoi discorsi ha poi fatto seguire i fatti e ha messo i soldi sul tavolo. Come ho già detto in altre sedi senza Benasciutti questa squadra sarebbe ripartita dalla terza categoria. E invece con un piano e le sue risorse siamo in Serie D. E direi che questo ci ha risparmiati diversi anni di purgatorio prima di poterci riaffacciare al calcio professionistico”.
Benasciutti però ha lasciato intendere più volte che da solo non potrà sostenere la Spal. E’ per questo che è nato il consorzio?
“Principalmente sì. Ma non solo, ci si prefigge anche di lavorare con chi ne fa parte. Di partecipare alla vita della Spal facendo anche business. Non è una semplice donazione. È un progetto che in Italia è già stato fatto e con buoni risultati, sia societari sia sportivi. Si parla di un altro sport, ma per esempio la Cimberio Varese di Basket è oggi al cento per cento di proprietà del loro consorzio, “Varese nel cuore”. È evidente che la cosa ci ha ispirati: la squadra è prima in serie A1. Quindi il progetto teoricamente funziona. È ovvio poi che molto dipende dalla risposta della città. Il consorzio non ha pretese assurde: si è parlato di tornare in Serie B, ma quello è un sogno. L’obiettivo del futuro. La realtà è fatta di molti piccoli passi da seguire e di molte vicissitudini. Che però si vogliono affrontare nel modo più giusto e razionale”.
Com’è nato il consorzio?
“È nato da un’idea di Matteo Mazzoni e Davide Fiori. Insieme hanno firmato un accordo con la Spal per l’uso esclusivo del marchio e per la gestione del merchandising e in generale del lavoro di marketing della Spal in cambio di una percentuale dei ricavi”.
Che forma ha?
“È una società di capitali. Una società consortile per l’esattezza. Vuol dire che i soci non rischiano niente di più di quanto mettono entrando”.
Cosa chiede il consorzio a chi vuole entrare e cosa offre in cambio?
“La tassa di ingresso non è esorbitante. Ci sono due possibilità: una da cinquemila e una da diecimila euro. La differenza, ovviamente è nella maggior importanza della quota acquisita. Dalla sua entrata il consorziato ha il tornaconto di poter vedere il proprio marchio affiancato a quello della Spal in tutti gli eventi e le attività che saranno messe in piedi. Può egli stesso poi disporre a richiesta del marchio per metterlo su prodotti della propria azienda o sue iniziative. Ovviamente ogni cosa sarà valutata anche nella tutela del marchio stesso. È finita l’epoca della pubblicità come cartellone all’interno dello stadio. È una modalità vecchia, che non passa più. Oggi la pubblicità è diversa. A parte quella telematica, che ormai è fondamentale, serve un altro tipo di visibilità, legata ad eventi sociali, legata ad un marchio che abbia significato per un territorio in cui si opera. Ed è questo che il consorzio offre”.
Come si può entrare?
“Si può contattare il consorzio stesso. Oppure il Signor Mazzoni o il signor Fiori, che sono persone conosciute e molto disponibili. Oppure si può contattare anche il mio studio. Il consorzio è per tutti, ma c’è uno sbarramento all’entrata. Mi spiego: è un sistema per evitare l’ingresso di soci non troppo graditi, con scopi poco chiari o soldi di dubbia provenienza. Mentre invece uno dei punti forti di questa impresa vuole proprio essere l’etica. Per fare un esempio, abbiamo già avuto moltissime richieste da imprenditori fuori Ferrara. Questo può essere un segnale di anomalia”.
Ricapitolando: le entrate del consorzio sono le quote degli iscritti e il ricavato delle attività di marketing con l’utilizzo del marchio Spal?
“Esatto. C’è allo studio anche una terza via, un tipo contratto per chi vuole prendersi un impegno pluriennale col consorzio, ma è ancora in definizione”.
Come saranno impiegate le entrate?
“Come ho detto una percentuale delle entrate sarà girata direttamente alla Spal. Quindi foraggerà direttamente la società attuale. L’altra parte rimarrà al consorzio, e verrà impiegata per coprire i costi dell’attività, ovviamente, e per accrescere un fondo apposito che verrà utilizzato per comprare quote della Spal, per poter arrivare un giorno ad avere una partecipazione qualificata”.
Quanta parte delle sue quote potrà cedere Benasciutti? La Spal un giorno potrebbe diventare interamente del consorzio, come a Varese?
“Non c’è niente di scritto in merito. Non c’è un tetto massimo, diciamo. C’è un accordo in cui il consorzio dice che arriverà ad avere un certo numero di quote. Ma nessuna clausola sul numero di quote che Benasciutti può o deve cedere. Diciamo che da professionista posso consigliargli di tenerne il cinquantuno per cento, che è ciò che serve per prendere decisioni. Ma dipende da lui, da ciò che intenderà fare con la squadra”.
Il merchandising e la pubblicità sono attività che consentono un introito sufficiente per sostenere una squadra di calcio semi-professionistica a questi livelli?
“Intanto, come ho già detto, la gestione della Spal non è troppo onerosa. In ogni caso questo sono cose che possono aiutare. Ma sono legate ad altri tipi di attività. Il consorzio non si prefigge di portare solo soldi, ma di portare interesse e attività intorno alla società e di trarre mutuo guadagno dalla sua messa a frutto in termini di visibilità”.
Si è parlato anche di polisportiva.
“Sì. Credo che i tempi per pensare ad una polisportiva siamo abbastanza maturi. Nel senso che questo periodo di ristrettezze economiche rende più conveniente, se non necessaria, una razionalizzazione delle risorse. Associarsi vuol dire dividere le spese. Quei costi fissi che spesso sono un peso importante per le società. In questi giorni un’operazione del genere ha più senso di qualche anno fa. E sono circa trent’anni che si parla di polisportiva”.
Questo però, dal punto di vista del consorzio vorrebbe dire ripartire le risorse reperite su più campi. Non rischia di risultare dispersivo?
“Il ruolo del consorzio in questo sarebbe diverso. Almeno inizialmente. Nel senso che il consorzio servirebbe per far capire alle singole attività sportive se e come possono costituire il loro proprio consorzio. Diciamo che il contributo quindi non sarebbe in denaro, ma in esperienza. In conoscenza”.
In ballo c’è il discorso legato all’azionariato popolare?
“Sì, anche se è un progetto che forse non cambierà le sorti della società sotto il profilo economico. È una questione di coinvolgimento. Un modo per far vivere a tutti la vita della società, non solo agli imprenditori. Un modo per remare tutti dalla stessa parte. L’idea è quella di costituire una cooperativa, nata dall’input del consorzio ma che poi dovrà reggersi da sola, gestita da chi ne fa parte e con lo scopo di acquistare a sua volta quote della Spal. E’ una cosa già fatta altrove, penso a Modena o a Roma, e che con le dovute misure può portare anche ad avere un membro in consiglio di amministrazione”.
Se domani arrivasse un “Paperon de’ Paperoni” e proponesse a Benasciutti di rilevare la Spal, cosa succederebbe?
“Dal punto di vista legale si può fare. Lo svincolo dall’accordo con il consorzio sarebbe automatico, perché Benasciutti non è legato al consorzio. C’è una clausola apposita. Il consorzio a quel punto potrebbe trovare nuovi accordi con il nuovo proprietario. Oppure ripiegare su altre attività sportive”.
Com’è il rapporto tra consorzio e amministrazione comunale?
“Ottimo. Abbiamo trovato da loro massima disponibilità ad aiutarci. Mai l’assessore e lo stesso sindaco, con i quali collaboro da tempo si erano spesi tanto per la Spal come in questo periodo. E lo hanno fatto in prima persona, mettendoci la faccia. Anche loro vanno ringraziati in tutta questa vicenda”.
Qual è il suo ruolo nel consorzio?
“Io sono il professionista di questo consorzio. Non sono socio e non credo prenderò parte alla gestione. Mi sono adoperato al massimo per metterlo in piedi e ora che è nato sono pronto a passare la palla a chi vivrà questa esperienza in prima persona”.
Cosa la convince di questo progetto?
“Mi piace il fatto che si cerchi di dirigere un società in base alle proprie effettive possibilità. E’ inutile cercare solo i risultati sul campo, magari ricorrendo alla leva del debito, se poi l’anno dopo si rischia di non iscriversi nemmeno. Serve un comportamento sano, i risultati verranno di conseguenza. Mi piace che si cerchi di mettere in campo una gestione etica della società. E mi piace la dimostrazione che in questa città non tutti si fermano per piangersi addosso. Per languire dicendo che non c’è speranza, che la città è morta, eccetera eccetera. C’è ancora gente che si attiva per cercare di cambiare quello che va bene”.
Crede che il consorzio sia in grado di raggiungere i suoi obiettivi?
“(Sorride) Guardi, io ho aperto il mio studio nel 1992 con due clienti. Non mi conosceva nessuno. Avevo ventiquattro anni. Questo per dirle che non si sa mai come andrà a finire, ma che tutti hanno una possibilità. Coglierla è solo un fatto di impegno, serietà e olio di gomito”.
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