IL REAL CIRCO, L’ENNESIMO STRAORDINARIO GRUPPO DI GIOCATORI E UN FUTURO PIENO DI INCERTEZZE

Benvenuti al (Real) Circo. Dai cinque milioni di euro (!) da spendere in tre anni garantiti dalle istituzioni cittadine davanti a Tavecchio lo scorso agosto, alla ‘cocomerata’ di pelliccioniana memoria fino ad arrivare a Cubillos che, nello spogliatoio insieme ai suoi compagni, aiuta quasi quotidianamente l’encomiabile magazziniere tuttofare Salvatore a radunare i panni sporchi. Quello che ne esce dipinto, oggi, è un quadro della situazione a dir poco desolante. Si passa dai no di Capecchi, Consonni, Oliveira, Fabbro e Zamboni, alla notte a Valbonella in cui nessuno voleva firmare, dai contratti rivisti al ribasso a mercato chiuso in estate, al materiale medico e fisioterapico ridotto a uno scatolone grande come un computer portatile, dalle docce gelide di fine giornata al Centro in pieno inverno, alle magliette da allenamento portate dai singoli giocatori a quelle della prima squadra costretta, ieri, in campionato, a indossare quelle della Juniores perché di altre non ce ne sono più: d’altro canto la Spal, in stagione, uno sponsor tecnico ufficiale non lo ha mai avuto. Ma come? A Castenaso, in Coppa, ci raccontavano che le maglie firmate ‘Legea’ del 2005 in bella mostra non erano che un segnale d’affetto di Benasciutti, a testimoniare una liaison amorosa che mai lui avrebbe voluto finisse. Romanticherie a parte, vogliamo parlare dei viaggi in giornata compreso quello, fondamentale, a Pistoia nonostante i giocatori si fossero impegnati ad andare in ritiro a proprie spese? E del bandierone della “Campione” finito a pezzi in gradinata a settembre? E la festa del secondo (!) centenario di qualche settimana fa a suon di inviti spediti, a voce, il pomeriggio prima?

Pesantissima è anche la lista degli addii ufficiali: del segretario del settore giovanile Barotti, dello storico masseur ‘Bubu’ Mantovani, del responsabile del settore giovanile Laurino. La Spal è in autogestione da più di un mese e perde i pezzi. Ma quel che è peggio è che sta perdendo, giorno dopo giorno, la sua dignità nel silenzio e nell’indifferenza più totale di una città che pare inerme, che sembra quasi essersi dimenticata che c’è ancora una squadra, nonostante le mille difficoltà e la crisi. La Spal è una zavorra e come tale sta sprofondando sempre più giù. Sta sparendo, se ne sta andando pian piano,  vituperata senza rispetto alcuno da chiunque si avvicini con in mano solo buoni propositi e tante chiacchiere. Non sarà certo ‘IL’ problema di Ferrara ma è sicuramente UNO dei tanti: va affrontato e superato, con discernimento e senso di responsabilità. La Spal va data a chi i soldi li ha già e non a chi, strada facendo, forse, li avrà.

La squadra e Sassarini – Detto della giornataccia generale di sabato e di quelle scelte che troppo spesso sconfinano in stramberie incomprensibili, Sassarini, al pari dei suoi giocatori, in questo momento è l’ultimo dei responsabili di una situazione arrivata a toccare il punto di non ritorno. Costretto da sette mesi a fare di necessità virtù, da settimane a moderare, con scarso successo, le riunioni fiume dello spogliatoio estense, a parte un’improbabile vagonata di benzodiazepine, per calmare gli animi dei suoi gli è rimasta una sola medicina: il divertimento. Dalla sconfitta contro la Massese in poi, esonerato prima da Benasciutti e salvato ventiquattro ore dopo da Ranzani e da quegli stessi giocatori a cui l’allenatore non aveva posto resistenza alcuna a una cacciata di massa nel famoso giorno dei colloqui, esautorato del suo ruolo principale, oggi sta faticosamente accompagnando i giocatori alla fine di una stagione, al netto, più che positiva. La parte atletica ormai è andata, i giocatori con la testa non ci sono più, tutto normale. Si punta sul divertirsi in campo durante la settimana, tanto pallone, poche volte si torna sugli errori della domenica. Sarebbe inutile. E Sassarini lo sa bene, come sa che sono tutte cose che si pagano in campo. Cinquantaquattro punti a una sola lunghezza dai playoff e a quattro gare dal termine restano comunque un piccolo capolavoro. Tanti sono i fattori che, nonostante il suo atteggiamento spesso al limite tra l’impertinenza e la mania di grandezza e popolarità depongono a suo favore: ha iniziato la stagione con dieci giorni di ritardo rispetto alle dirette rivali e con molti giocatori da ricostruire, sia fisicamente, sia mentalmente, di tasca sua ha pagato attrezzature e uomini per andare a visionare le avversarie, ha giocato dodici partite senza attaccanti di ruolo. Sul campo, almeno finché gli argini societari hanno tenuto, ha fatto vedere di essere un eccellente preparatore, meticoloso, che cura maniacalmente le partite e non lascia mai nulla al caso. Deve migliorare tantissimo, e questo lo sa, nella gestione delle risorse umane. I giocatori non sono figurine intercambiabili che puoi mettere dove vuoi e scambiare di posto. Hanno un cuore e un’anima, sono uomini e come tali vanno trattati (e protetti sempre e comunque) a costo di inimicarseli con scelte azzardate ma oneste e coerenti. Gli si chiedeva soprattutto questo, di essere un bravo psicologo e non solo un ottimo stratega. Ha tentato invece, malamente, di non scontentare mai nessuno con atteggiamenti equivoci con la conseguenza ovvia di essersi ritrovato tra le mani uno spogliatoio in rivolta. E’ successo anche questo sì, non meno di un mese e mezzo fa, ma il patto di non belligeranza è stato scritto, sia grazie a Ranzani, sia grazie ai senatori dello spogliatoio ferrarese e al grande senso di responsabilità del resto della rosa e dello staff sanitario, pur di non mandare ‘in vacca’ un campionato, fino a ieri, non ancora chiuso. Ferrara ha conosciuto l’ennesimo gruppo di giocatori straordinari. 

Il futuro –
Lo ha lasciato intendere Ranzani, ieri, dalle pagine del nostro giornale: “Al futuro calcistico di questa baracca, semmai, ci penserà il sindaco: del suo aiuto, arrivati a questo punto, ne abbiamo estrema urgenza e bisogno assoluto”. Al momento è stallo totale a livello dirigenziale, pare che nessuno oggi abbia alzato il telefono per chiedere agli altri cosa sia il caso di fare. E l’allenatore e i giocatori? A fine campionato se ne andranno praticamente tutti, come è giusto (e ovvio) che sia. Si metteranno alla ricerca di una stagione meno sofferta e tribolata. Magari più dignitosa. In fondo non chiedono che una normale quotidianità che a Ferrara, però, di questi tempi, proprio non ne vuol sapere di mettere solide radici.

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