ROBERTO MUSSI: DALLA MASSESE AL MILAN, FINO ALLA NAZIONALE DI SACCHI E POI RITORNO

Roberto Mussi è stato uno dei protagonisti sul campo dell’epopea del Milan di Sacchi, la squadra più forte, spettacolare e vincente della sua epoca, le cui imprese, soprattutto in campo internazionale, sono rimaste tuttora ineguagliate dalle squadre italiane. Massese di nascita e d’imprinting calcistico, Mussi è tornato da dov’era partito, dopo una sfolgorante carriera tra Parma, Milan, Torino e l’incastonatura del diamante della partecipazione ai Mondiali negli USA. Ora è uno dei massimi dirigenti dei bianconeri toscani, mettendo a disposizione tutto il suo sapere calcistico e non solo.

Qual è il suo ruolo nella Massese?
“Sono vice presidente con responsabilità dell’area tecnica della prima squadra e delle giovanili”.

Com’è strutturata la società?
“In tutto siamo sei soci, tra cui io con una piccola quota. Il presidente è Giorgio Turba, un uomo molto riservato, che non ama apparire, al quale la Massese deve molto”.

Cos’è per lei la Massese?
“Per me rappresenta molto. È la squadra della mia città, sono cresciuto nelle sue giovanili e ho avuto la fortuna, a inizio carriera, di vincere un campionato Interregionale con questa maglia. Per me è un motivo d’orgoglio e di soddisfazione lavorare per questa società, cui sono molto riconoscente”.

Quali sono i vostri obiettivi?
“Per una città come Massa, la serie D sta stretta. Stiamo facendo di tutto per ricreare entusiasmo e tornare a vedere una Massese competitiva. Il nostro impegno è volto a coinvolgere gli imprenditori di Massa e a riportare la squadra nei professionisti nel giro di un paio d’anni”.

Non vi ponete il traguardo della promozione già da quest’anno?
“Non ci siamo posti degli obiettivi per questa stagione. Abbiamo costruito una squadra per fare un campionato tranquillo, poi abbiamo visto che è venuta fuori una discreta squadra, che però manca ancora della mentalità giusta per ambire alla promozione. L’organico è competitivo, abbiamo visto che possiamo giocarcela con tutte, ma abbiamo delle difficoltà di concentrazione che ci creano problemi contro le squadre che, sulla carta, sono più deboli della nostra. Abbiamo perso immeritatamente a Pistoia, pareggiato con l’Atletico Piacenza e vinto con la Lucchese, ma abbiamo perso con Forcoli e Camaiore, oltre che col Tuttocuoio, cui nessuno dava grande credito, mentre sta facendo ottimi risultati”.

Quindi, contro la Spal, la concentrazione non dovrebbe farvi difetto.
“Sicuramente quello non sarà un problema, domenica”.

Che ambiente troverà la Spal a Massa?
“Non troverà un clima tranquillo. Visto che abbiamo perso domenica, i nostri tifosi cercheranno in tutti i modi di spingerci al riscatto e alla vittoria e per la Spal non sarà una partita facile”.

Ha già evidenziato la principale debolezza della vostra squadra, ma quali sono i punti di forza?
“Se siamo nella giornata giusta, la squadra è forte tecnicamente e fisicamente, e i nostri giovani si stanno mettendo in mostra. Dei singoli non parlo, altrimenti magari do qualche vantaggio al vostro allenatore, ma non c’è un giocatore più importante, la Spal deve guardarsi dall’intero collettivo”.

Avete già incontrato diverse favorite, e vi sarete già fatti un’idea delle altre. Quali sono le maggiori candidate alla promozione?
“E’ un girone equilibrato, che riserva grandi sorprese, con le grandi che incappano in sconfitte con squadre, sulla carta, mediocri. Alla fine, comunque, credo che se la giocheranno le solite: Piacenza, Pistoiese, Lucchese, Spal e Mezzolara, che è una sorpresa solo in parte”.

Non ha citato la Massese: quindi la esclude proprio dal lotto delle pretendenti, o c’è anche una certa dose di scaramanzia?
“Spero che la Massese possa lottare per un traguardo importante, ma il nostro inizio di campionato mi ha lasciato un po’ perplesso. Come dicevo prima, è facile essere concentrati con le forti, mentre si fa molta più fatica con le più deboli. La mentalità fa la differenza, oltre ad avere una società organizzata alle spalle”.

Su quale aspetto puntate maggiormente, nell’organizzazione societaria in prospettiva futura?
“Qui non c’era più un settore giovanile decente, mentre in passato aveva sfornato tanti ragazzi che poi sono andati in A e in B. Bisogna ricreare le basi per costruire i giocatori in casa, ed avere tutti ragazzi del posto in prima squadra, ma ci vorrà qualche anno”.

Qual è la sua squadra del cuore?
“Il Milan, perché lo è per tutta la mia famiglia da generazioni”.

Cos’ha significato per lei indossarne la maglia?
“Arrivare al Milan è stato come toccare il cielo con un dito. Provenivo da una provinciale, perché il Parma di allora giocava in B, e poter giocare alla Scala del calcio era una grande gioia anche per i miei familiari e amici; anzi, ero quasi più contento per loro”.

Cos’è stato Sacchi per lei?
“Per Sacchi ho solo grande stima e rispetto. Ero già a Parma quando è arrivato, ma l’incontro con lui ha cambiato la mia carriera, mi ha sempre portato dov’è andato, perché in campo mettevo in pratica ciò che chiedeva. La stima era reciproca, e l’incontro con lui è stato il più importante della mia carriera, senza nulla togliere agli altri”.

Cos’aveva più degli altri?
“Era un maniaco della concentrazione, aveva una gran voglia di arrivare, pensava alla partita ventiquattro ore su ventiquattro e i concetti che ha insegnato si sono rivelati importantissimi. Ha cambiato la mentalità del calcio italiano. Alzando il ritmo di gioco e imponendo il proprio sia in casa che fuori, ha creato difficoltà agli avversari”.

Qual è stata la soddisfazione più grande della sua carriera?
“A Milano tutti gli anni ho avuto soddisfazioni importanti. Ho vinto la Coppa Campioni, lo scudetto, e giocare la finale dei Mondiali, anche se l’abbiamo persa, è stata la tappa più importante della mia carriera. Se devo scegliere, però, dico che il primo anno a Massa, quando abbiamo vinto l’Interregionale nel 1982/83, è stato il più bello. C’erano giocatori importanti, che avevano fatto la A, come Chiarugi, Zecchini, Speggiorin e l’allenatore era Lido Vieri, un altro grande del calcio italiano. Eravamo un gruppo di amici, ci si divertiva e si scherzava.”

Quant’è importante l’armonia nello spogliatoio, per il raggiungimento di un traguardo sportivo?
“È fondamentale. Se c’è, si riesce a dare una mano a chi è in difficoltà. Anche Sacchi voleva che ci fosse la gioia, la voglia di aiutare un compagno, magari sacrificandosi.”

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