Soltanto un brutto sogno, dai. Sabato all’alba. Le sei. Sarei pure di riposo dal lavoro eppure ho gli occhi sbarrati, che partono dal soffitto, fanno il giro del soppalco e cadono, uno dopo l’altro, sui vari cimeli spallini appiccicati a tutte le pareti. Colpa di un sogno claustrofobico. Uscivo da uno stadio qualunque, uno stadio fatiscente di una città che pare bombardata – e fin qui c’è poco di strano – e un tizio in divisa come potrebbero essere le divise nel duemilaequarantasette mi urla a brutto muso che devo smetterla subito, che guai a me anche solo se respiro. Mi sveglio così, male cioè, e non ce la faccio proprio a riaddormentarmi. Comincio a pensare, pensare, pensare e non ci vuole nemmeno tanto a capire dove nasce sto maledetto incubo. Sono giorni in cui leggo, parlo o scrivo di limitazioni, schedature, tessere del tifoso, divieto di trasferta. Ecco, prima di arrivare alla nuova pensata del ministro Maroni c’è questo provvedimento incredibile ma purtroppo vero che decide di favorire una società non in regola e si permette di vietare una gita (e chiamala gita se poi alla fine vai a vedere Cava de’ Tirreni!) ai tifosi di un’altra società che non ha violato alcuna regola. Ha ragione Dolcetti. Fa girare le palle anche a me, sta cazzata, e soprattutto partorisce pensieri preoccupanti e sacrosanti. Sarà anche filosofia spiccia ma, cristo, non si può non riflettere. Il concetto, banale e forse pure infantile, è facile. Come può, chiunque, vietarmi di andare chissà dove a vedere una partita di calcio. Io non faccio parte di alcun gruppo di tifosi. Li conosco tutti, ho anche la collanina del Vecchio Astra ma non ho alcuna tessera, iscrizione o appartenenza.
Una mattina mi son svegliato, o stadio ciao. Mi tirava di andare a Cava. Peggio per me, sì. Volevo andare in Campania a sostenere la mia Spal. E’ qui, aldilà di ste regole sugli stadi non a norma, che mi parte la brocca. Come è possibile che a me, tifoso ics della squadra ipsilon, qualcuno impedisca di prendere la macchina e di andare dove mi tira? Bisognerebbe pensare bene quando vengono applicate queste che, più che restrizioni, chiamerei imposizioni dittatoriali. Sissignore. Terra, mondo, Europa, Italia, Roma, Monteverde: tu, Enrico Testa, oggi non puoi praticamente uscire di casa per fare quello che vuoi. Ti concediamo di andare a Villa Pamphili, va bene anche se vai ai musei vaticani (se, vabbé…), è ok se resti a scaccolarti sul terrazzo e concediamo pure un gelato sul lungotevere ma… attento, se ti avvii verso l’autostrada per Napoli scatta il divieto. Ripeto, sarà un claustrofobico sogno di una notte di (quasi) fine estate ma così va il calcio, anzi il mondo. La sostanza è che non posso fare quello che voglio. Mi hanno sempre insegnato che la libertà è l’unico valore assoluto. E che la mia libertà non ha confini se non quello, sacrosanto, di non invadere quella altrui, di libertà. Ma io non volevo invadere alcuna libertà o città. Volevo soltanto fare quel che posso per la mia Spal. Meditate individui, meditate. La tessera del tifoso viene persino dopo. Prima, subito, ora, adesso c’è un concetto banale ma primario. Quello di libertà, appunto. Che nessun prefetto, guardia o, peggio, osservatorio del Viminale può scalfire. Fossi un avvocato intenterei questa causa che non è possibile definire persa. Una causa legale contro la decisione di ledere una, magari assurda, causa di vita. Mamma mia come mi son svegliato male. A proposito, altra grande risposta dei ragazzi che si sono ritrovati per sentire insieme la radiocronaca nel centro di Ferrara. Ha ragione Federico il “Vecchio”che mi ha scritto: a casa con il corpo, a Cava con il cuore… ovunque tu sarai, noi sempre ci saremo.
Il resto è la partita. Che ero sicuro l’avrebbe vinta, la Spal ma i due gol presi un po’ così sono una bella botta soprattutto visto che eri in vantaggio. L’inizio confermava il mio ottimismo ma pazienza. Mi tengo stretta la reazione, il gol che farà benissimo a Migliorini e spero di vedere Meloni in campo dal primo minuto per tre partite consecutive in modo da fargli prendere fiducia. La classifica, invece, nemmeno la guardo. Perché è presto, perché non è bella, perché alla fine saremo decisamente più su, parere mio. Non è un gran momento, certo, e sarà durissima anche a Taranto, a casa di quella che potenzialmente, insieme con il Pescara, è la squadra più forte del girone. Alla Ternana non credo. Credo, e continuerò a farlo, invece, in questa Spal che continuo a considerare più forte della scorsa stagione. Quando la forma sarà migliore, Bazzani e Meloni avranno più minuti nelle gambe e più fiducia nella testa e la difesa tornerà quella che è, quando anche quel pizzico di sfiga andrà da un’altra parte si vedrà la vera Spal. Sempre secondo me manca poco tempo. Perché soltanto chi era a Mezzano quest’estate può capire il lavoro fisico che è stato fatto e che ora, in attesa di lavorare sulla velocità, regala un’impressione sbagliata di questa squadra. Ai tanti depressi cronici che anche domenica avevano il naso all’insù consiglio soltanto di aspettare due, tre partite ancora. Poi staremo a vedere se è un ottimismo idiota e ingiustificato, il mio. Fiducia, ragazzi, fiducia. La mia è gigante e figlia non soltanto dell’aspetto tecnico. Il nuovo amuleto al collo che ha sostituito il precedente dopo una quindicina di anni (grazie Geo!) comincia a dare i primi frutti. Il campionato è lungo… e pedalare.