Con la presente, sulla quale manca soltanto il timbro ufficiale che ficcherei non posso scrivere dove, chiedo alla classe politica italiana capace di moltiplicare gli scranni del potere molto più che se fossero pani e pesci di creare un nuovo ministero. Quello della geografia. Utile a me e a tutti gli spallini del mondo per chiedere con procedura d’urgenza la cancellazione di quella cittadina che nemmeno pronuncio dall’italico stivale. Adesso è ufficiale. Dopo quest’ennesima, e stavolta non meritata delusione, Portostaminchia… scivoli, burocraticamente parlando, in Uganda oppure venga annessa all’ultima regione nordica della Norvegia. Va bene tutto purché esca dal nostro orizzonte. Per sempre.
Avrei voluto cominciare raccontando di una sorpresa di Pasqua e invece niente. Zero. Nisba. Qui la sorpresa è che anche quando non demeriti te la pigli in quel posto che si chiama Mecchia e che assomiglia a Minchia. Sì, girano vorticosamente, soprattutto visti gli altri impronosticabili risultati di un girone che ribadisce una volta di più quanto poco bastasse per… no, basta, censura, vaffanculo anche a questo torneo di merda. Chiudo qui, consumando appena poche righe, l’analisi della situazione post Porto(xxxxxxxxx). La classifica si è fatta preoccupante. Queste ultime cinque giornate ribadiranno lo spirito con il quale il tifoso spallino medio deve vivere le sue stagioni calcistiche. Appollaiato alla tazza del cesso, cioè. Bisogna fare come in Italia. Resistere, resistere, resistere. C’è poco altro da aggiungere se non che dopo la partitaccia con il Pescina in quella provincia che tra poco uno Zaia qualsiasi speriamo cancelli dai confini tricolori, stavolta la Spal non meritava affatto di perdere. Ha giocato, ha tenuto il pallino, ci ha provato, non ha rischiato. Il problema, il maggiore a mio modo di vedere, è che quando fai tutto questo ma non la butti dentro… quando va bene al massimo pareggi. Ecco, bisogna far gol. A cominciare da Lanciano. E basta. Non si demoralizzi la truppa biancazzurra, a quello ci pensiamo noi tifosi che quando si tratta di avere a che fare con quei venticinquemila abitanti scarsi, quei summaghi dei miei zebedei, Tafazzi ci fa una pippa. Chiuso, finito, stoppato il discorso relativo a domenica scorsa vado, anzi corro, all’argomento principale dei prossimi trent’anni.
Avrei voluto cominciare questa rubrica rendendo omaggio alla società Spal per questa genialata del fotovoltaico che garantirà ai sostenitori dell’Ars et Labor anni e anni di certezze garantite. Avrei voluto rendere omaggio come meritava anche a quel geniaccio di Fabrizio Pinciu Manfrinato che una volta saputa la clamorosa notizia ha commentato, in modo molto ferrarese, in due, fantastici modi. Siamo belli come il sole, ha scritto. Salvo poi aggiungere che con il culo che abbiamo noi spallini sarà nuvoloso per i prossimi venti anni. Onore a Fabrizio che, se non altro, non mi fa perdere il sorriso e mi, e ci, costringe a guardare solamente avanti. Alla fine di questo torneo, cioè, e all’inizio della nuova éra biancazzurra che, appunto, comincerà l’anno prossimo mentre dovranno essere portati a termine i passaggi necessari a completare quello che si può già definire un miracolo e ovviamente mi riferisco ancora una volta al progetto dell’energia solare.
Mi fermo qui soltanto perché devo conservare un piccolo spazio per chiedere scusa a tutti per le tante, troppe volgarità che ho scritto in questa puntata e poi perché tra pochissimo devo raggiungere il mio nuovo ma già immenso amico Nerone perché dobbiamo passare a Porta Portese a comprare un lanciafiamme. Stasera, infatti, dobbiamo partire in treno per Portogruaro. Sarà un treno a tre vagoni di quarta classe con i sedili in legno, senza aria condizionata, e verrà tirato da una littorina della Rivarossi. Farà settemilacinquecentoventitré fermate. No, non è un regionale. E’ un non classificabile del 1920. E’ l’unico che va da quelle parti. Ancora per poco, of course.