Un punticino in rimonta. Vista così, la domenica spallina nel pallone, andrebbe anche bene. E invece si può ottenere di più soprattutto se si gioca, come nel secondo tempo, a una porta sola o quasi. E non è la prima volta. La maledizione del Portogruaro si ripete ma, più che altro, si ripete la sensazione su questa Spal. Forte, tosta e bella ma ovviamente inesperta e di sicuro spesso incapace di concretizzare le tante occasioni create. C’è da aggiustare la mira e ci sarebbe da maledirlo, questo pareggio, ma poi gli obiettivi, la classifica e il gioco concedono nulla alla demoralizzazione malgrado, in quanto a estetica, la Spal meriterebbe almeno cinque punti in più.
Chiudo qui, quindi in fretta, la pratica dovuta alla sfida con il Portogruaro perché ho un bisogno bestia di conservare un bel po’ di righe per un’altra cosa. La settimana scorsa ho ricevuto il più bel regalo della mia vita spallina da un amico mai visto in faccia ma al quale voglio un bene grande così. L’amico, tanto per cambiare, è uno Spallinato. Il regalo sono una serie di dvd con tutti, o quasi, gli ultimi vent’anni di Spal. Servizi televisivi che l’amico ha registrato con una pazienza certosina e una passione, appunto, spallina. Materiale incredibile, bellissimo, unico. Per prima cosa ho messo nel lettore l’anno della promozione in serie B. La Spal di Torchia-Lancini-Paramatti eccetera eccetera. Mi sono sparato una mattinata intera a rivivere quel campionato, quelle esultanze, quella Curva Ovest, quell’affollatissimo Paolo Mazza, questi festeggiamenti finali, insomma mi sono commosso spesso, e pure volentieri, con una differenza sostanziale rispetto al passato. Non è affiorata mai, ma proprio mai, la tradizionale nostalgia canaglia. Chiusa la parentesi sentimentale e aperta quella tecnica.
Quella meravigliosa Spal aveva diverse cose in comune con quella di oggi. Tra le altre, la voglia di giocare sempre e comunque e il concetto di gruppo. Rivedendo, giornata dopo giornata, il cammino di allora ho sorriso di fronte a certe partite dominate ma soltanto pareggiate e ho ripensato all’inizio di quest’anno, a Verona o a Lumezzane. Ho preso con filosofia pure quelle tante gare piene di occasioni senza che le conclusioni di Max Mezzini o Robi Labardi finissero nel tabellino dei marcatori, oppure quei mica pochi pareggi per zero a zero. Mi sono fatto un bel viaggio, insomma, paragonando la Spal che c’era una volta a questa che c’è ancora. La Spal neopromossa di Donigaglia che doveva fare un campionato tranquillo e la Spal neopromossa di Butelli che deve fare la stessa cosa. Chi ha la cortesia di leggere con abitudine questa rubrica sa bene che, in quanto a scaramanzia, sono messo peggio del più deficiente dei cretini e quindi, questo avventurarmi in paragoni ancora prematuri, rischia di essere un puro esercizio di stile. Però lo faccio lo stesso. Convinto, come sono, che diverse analogie ci siano eccome anche se tengo entrambe le mani belle ancorate ai cosiddetti come la posizione di tutti gli scaramantici del mondo uniti esige. Manca soltanto una cosa, rispetto ad allora, ed è una cosa che ripeterò sempre, da qui alla fine del campionato. Il pubblico. Per delle leggi imbecilli più di me e della mia scaramanzia, oggi che lo chiamano calcio moderno non si possono più portare bandiere giganti o striscioni senza autorizzazione allo stadio. Logico, allora, che sia impossibile immaginare di rivedere quell’arcobaleno di colori che era la Curva Ovest. Quello che invece si può rivedere ora, subito, adesso, è un Paolo Mazza pieno “coconato”, sono quelle folle spalline determinanti per il successo finale. Soltanto così, il paragone per ora azzardato vista la sacrosanta certezza che porta tutti i ferraresi a definire formidabili quegli anni, sarà effettivamente possibile. Anch’io, proprio come le formiche, nel mio piccolo m’incazzo. E questa bassa affluenza allo stadio non la mando giù. Anzi, per l’occasione rubo un coro alla curva, quella sì già vicina ai tempi migliori. Questo coro: dai Ferrara, dai Ferrara, eh-eh.