CRONACHE DELLA VIGILIA. TUTTI ALLO STADIO!

Ferrara, centro di via Copparo. Vigilia di Spal-Salernitana. Ore 10.22. Dal piano superiore della sede spallina, dove è appena finita la riunione tecnica, scendono alla spicciolata i biancazzurri. Sul campo sono già presenti il professor Bonato e Lazzarini, più indietro Notaristefano, Ceramicola e l’immancabile Travagli. Fa freschetto, l’autunno avanza, le tribune, desolatamente e incredibilmente vuote (il primo posto in classifica e il big match di domani non allettano nemmeno una città ricca di pensionati come questa) crogiolano all’effimero sole d’ottobre. Alla fine si conteranno ben sei (!) temerari ad assistere all’ultima sgambata settimanale della Spal. Una tristezza, solo a raccontarlo, che non finisce più, anche se Zeman, in settimana, interpellato per lo stesso motivo dai cronisti foggiani, ha ribadito che è fondamentale che il pubblico vada a tifare allo stadio la domenica e non durante gli allenamenti. Tutto molto vero, tutto molto giusto. Peccato che anche da questo punto di vista i numeri di casa nostra siano impietosi: settecento spettatori di media persi a partita in questo primo scorcio di stagione sono un’enormità per una categoria che vive principalmente della gente, della sua gente.
E non c’entra soltanto la tessera del tifoso perché da questo punto di vista Ferrara ha risposto meglio che in altre piazze. Il problema è che questa città paga venti anni e più di anonimato calcistico, due generazioni “perse” per così dire, un ricambio pressoché inconsistente tra i tifosi e una passione che si è andata spegnendo sempre di più, colpa sicuramente dei risultati (quali?) e delle aspettative sempre e puntualmente deluse già a metà anno. Però adesso è diverso. Per la terza settimana consecutiva la Spal affronta al “Paolo Mazza”, da capolista, la seconda squadra dell’elenco. Dall’inizio del campionato è in testa, da sola o in compagnia poco importa, è sempre stata lì, dove non era abituata a stare, dicono gli esperti, da undici anni.
Domani la serie A è ferma. E’ vero che l’Osservatorio ha imposto un niet alla maggior parte dei tifosi che sarebbero voluti salire da Salerno (non meno di mille) e ha acconsentito alla vendita dei tagliandi solo nel territorio emiliano e nella sola provincia di Rovigo, il che restringe ulteriormente il pubblico dei possibili affezionati alla partita di domani, ma è così impensabile toccare domani quota cinquemila presenze per quella che si annuncia come la gara di cartello dell’ottava giornata tra i due gironi? Essere in cinquemila vorrebbe dire che un abitante (della sola città di Ferrara) su trenta, avrebbe scelto di trascorrere due ore sui gradoni del “Mazza” per contribuire con il proprio sostegno a spingere questa squadra (ma soprattutto questo splendido gruppo di professionisti) il più in alto possibile. Se qualcuno poi il sabato facesse capolino più spesso sulle tribune di via Copparo, avrebbe modo di toccare con mano e vedere con i propri occhi il clima che si respira nella rosa biancazzurra. Vedere un Meloni di gomma che prende botte per tutta la partitella ma trova il modo di scherzarci sopra non ha prezzo, o Bedin che fa due gol (record di… carriera), uno più bello dell’altro. O ancora Bortel e Capecchi che, pur consapevoli del poco spazio nell’undici, si allenano con una grinta da leoni, imbattibile il primo di testa, fantastico il secondo quando c’è da togliere la palla dal sette, colpa del “solito” (e in grande forma) Migliorini (sei tiri in porta, una traversa, due gol e un incrocio dei pali e una miriade di aperture che non si contano). Pallara è cresciuto in maniera incredibile, l’errore c’è e per l’età che ha ci deve essere, ma inizia ad avere la tranquillità del giocatore che può avere davanti un futuro importante. Non c’è Cipriani, qualcuno si allarma ma non è niente di che: la fasciatura morbida al dito va cambiata e allora niente partitella ma domani maglia numero undici certa e guerra assicurata contro i giganti centrali campani. In tutto questo e tra pochi intimi, come una luce in fondo al tunnel è spuntato un bambino accompagnato dal papà. Una scena da libro cuore che regala una speranza al tifo (chissà) di domani. Avrà quattro, cinque anni o giù di lì, di tempo per diventare milanista, interista o juventino ne ha a palate.
Ma intanto è lì e, grazie al padre, vede i suoi primi giocatori da vicino. Lui, la Spal, per ora non sa nemmeno cosa sia, troppo piccolino per andare allo stadio, troppo anche per sapere che “quello nero con la berretta” è Mohamed Fofana, che non è l’uomo nero delle favole ma solo l’uomo nero delle difese avversarie. Chiede al padre se in campo c’è l’Italia perché i nostri sono tutti in tenuta blu il che rimanda indistintamente alle maglie della Nazionale; si chiede perché mai la stessa squadra abbia più di undici giocatori e giochi solo a metà campo, come fanno a stare tutti insieme in quel fazzoletto, se non si fanno male. Chiede quanto sono, perché c’è gente ferma (Ceramicola e Lazzarini) a bordo campo e perché così poca sulle tribune. Il padre, paziente, risponde come può e fin dove può, perché all’imprevedibilità dei bambini non c’è fantasia di risposta che tenga se non, molto spesso, un grande sorriso di arrendevole amorevolezza. Di quel bambino colpisce lo sguardo. E i discorsi genuini che ti infondono quella speranza che sì, un mondo migliore esiste, c’è ed è il loro. Guarda il campo con i suoi mini occhiali da sole con quell’aria inguenua, spontanea, disinteressata e pacifica che solo quell’età sa regalare e viene da pensare che sarebbe bello se allo stesso modo lo vedessero anche quei tifosi più grandicelli, che da tanto tempo hanno smesso di venirci alla Spal, non solo agli allenamenti. A tutti loro, tessera e altre stupide censure preventive a parte, è dedicata l’immagine finale del bambino: dopo un allenamento durato trenta minuti più del solito, con tanto di schemi sui calci d’angolo, lui, che di quella partita ha capito veramente poco, giustamente stanco (ma forse è più corretto dire annoiato), chiede di poter tornare a casa; prima però chiede rassicurazioni al padre se torneranno anche la prossima settimana a rivedere l’”Italia” al centro di via Copparo.
Quando gioca la Spal, anche per quei bambini più grandi, scottati, maltrattati e delusi ma con l’amore biancazzurro eterno scolpito nel cuore, ogni domenica dovrebbe trascorrere proprio come se giocasse l’Italia. Domani è la grande occasione per tornare a riempire fin come e dove si può lo stadio. Proviamo a ricominciare insieme e ancora una volta. Torniamo allo stadio. Per battere la Salernitana. Ma soprattutto per tifare tutti quanti insieme la nostra città. E la nostra Italia vestita di biancazzurro.

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