LA PAROLA AGLI EX. FRANCHINI, IL BOMBER DELL’INVINCIBILE ATLETICO

Nel girone B di Prima Divisione, quello che l’anno scorso fu della Spal, c’è una squadra che sta letteralmente dominando il campionato, con sei vittorie su sei incontri finora disputati, e nessun gol al passivo. Si tratta dell’Atletico Roma (già Lodigiani e poi Cisco), la terribile matricola dei fratelli Ciaccia, facoltosi costruttori con l’ambizione di creare un terzo polo calcistico nella capitale, sul modello di grandi metropoli come Londra e Madrid, che hanno diverse squadre anche in prima divisione. Protagonista della promozione dell’anno scorso e del formidabile avvio della stagione in corso è l’ex spallino Raffaele Franchini, che a Roma si sta togliendo grandi soddisfazioni.

Sei vittorie su sei: dove vuole arrivare questo Atletico Roma?
“Direi un inizio incredibile, che nessuno si aspettava. Penso che ormai l’obiettivo dell’Atletico sia chiaro a tutti, cioè la B”.

Quali sono le ragioni di questo momento d’oro?
“Diciamo che già l’anno scorso avevamo una grossa squadra, dotata anche di un’ottima organizzazione di gioco, ma penso che la cosa fondamentale sia il gruppo unito, umile e fatto di uomini, probabilmente il migliore da quando gioco!”.

Raccontaci qualcosa dell’esaltante promozione dell’anno scorso.
“L’anno scorso è stata un’annata particolare, perché già dal ritiro si notavano le qualità della squadra e dello staff, ma c’è stato il “problema” del girone, dove non è sempre facile andare a giocare a calcio in certi campi… Però credo che alla lunga le qualità abbiano fatto lo stesso la differenza, e che l’apice si sia notato nella finale d’andata dei playoff, una partita perfetta: 4-0, e diciamo che eravamo praticamente in C1!”.

La proprietà della società è molto ambiziosa, e lo si capisce anche dagli ultimi acquisti a sensazione.
“Mario Ciaccia e suo fratello Davide sono due persone che fanno bene al calcio, che purtroppo ormai è difficile trovare. Sono dei veri signori e cercano di gestire la società come un’azienda, senza buttare soldi, ma non facendoci mancare mai niente. Hanno creato un progetto importante, e credo che questo si sia notato dai quattro super acquisti del post mercato: Calderoni, Baronio, Esposito e Franceschini, che subito si sono calati con umiltà nella categoria e nel gruppo”.

 

Che allenatore è Incocciati?
“Il mister è veramente una gran persona, oltre che un bravo allenatore. Crede molto in me e cerca sempre di farmi migliorare in tutto”.

Durante l’estate avete cambiato nome con un referendum. C’era da scegliere tra Urbe Capitolina, Parioli Roma, Roma Capitale e Roman FC. Tra parentesi, io ho votato sperando che mi arrivasse la maglia, visto che sul sito c’era scritto che era in dono per chi votava, ma non mi è arrivato niente… Tu hai votato?
“Sì, ho votato Atletico Roma…e ho vinto la maglia… hahaha, scherzo! Abbiamo anche cambiato i colori sociali: inizialmente erano gialloblù, poi a inizio stagione sono cambiati in biancoblù”.

Com’è giocare al Flaminio?
“Giocare al Flaminio è un qualcosa di molto stimolante. A parte la bellezza dell’impianto, sei sempre nella capitale… cioè rappresenti la città che ha fatto la storia nel mondo! Purtroppo l’unico problema è che siamo poco seguiti, anche se adesso sta iniziando a interessarsi più gente”.

La concorrenza di Lazio e Roma vi lascia spazio?
“Ovviamente i romani sono della Lazio o della Roma, ma diciamo che i fedeli biancoblù saranno all’incirca mille tutte le domeniche, senza contare gli ospiti”.

Avete chiesto di giocare in trasferta quando c’è il Sei Nazioni di rugby?
“Con il Sei Nazioni sorge qualche difficoltà, ma solo per una partita all’anno, quando ci spostiamo in qualche altro stadio nei pressi della capitale; quindi, in realtà, non ci sono grossi problemi”.

Perché la partita di due turni fa è stata rinviata?
“E’ stata rinviata perché al Flaminio c’era la finale mondiale di motocross e lo stadio non era disponibile. Abbiamo quindi chiesto l’agibilità per il nostro vecchio campo, il Francesca Gianni, solo che la prefettura ci ha tolto l’agibilità per gli spalti a cinque ore dall’inizio della partita, e Macalli ha deciso di non far disputare la partita a porte chiuse”.

Com’è vivere a Roma?
“Vivere nella capitale è qualcosa di straordinario, anche se un po’ complicato per il traffico, ma credo che la bellezza della città ti faccia passare tutto con più felicità”.

Parliamo del tuo periodo spallino. Come sei arrivato a Ferrara?
“Arrivai tramite il presidente Tomasi e Mangoni, che mi volevano fortemente e mi presero in comproprietà dal Modena. Fece tutto il mio procuratore Bergossi”.

Com’è stato il tuo anno alla Spal?
“Fu un anno particolare, fatto di alti e bassi con cinque gol, che però alla fine si concluse con il ripescaggio in C1, quindi credo che si possa dire calcisticamente positive”.

Poi però non è venuta la tua riconferma.
“L’anno seguente non rientravo nei piani, e molto umilmente andai in prestito a Viareggio. Tornai dopo aver disputato una grossa annata: dieci gol, secondo posto, play off perso, seguito però da un altro ripescaggio… ma a Ferrara non rientravo ancora nei piani, così sono andato dove sapevo che mi stimavano e credevano in me”.

Prima di giocare nella Spal eri del Sassuolo, che da qualche anno tenta di salire in serie A. Hai qualche rimpianto?
“Ho più rimpianti a Ferrara che a Sassuolo. A Sassuolo ero giovane e ho fatto una bellissima esperienza, ma credo che avessi bisogno di crescere ancora per stare a certi livelli. A Ferrara, invece, era tutto diverso. Arrivai nell’anno del centenario: società, stadio, tifosi, c’era tutto quello che un giocatore può sperare di trovare nel mondo del calcio, ma purtroppo il clima non era molto sereno e fu un’annata particolare”.

Qual è la tua squadra del cuore e il tuo idolo?
“Tifo Inter, e da interista ti direi Milito, Eto’o e Sneijder”.

Segui ancora la Spal?
“La Spal la seguo e la seguirò sempre, anche perché è a cinquanta chilometri da casa mia, Imola”.

Te la senti di fare un pronostico sulle favorite dei due gironi?
“Sinceramente non so dirti chi possano essere le favorite nei due gironi, ma credo che chi ben comincia è a metà dell’opera”.

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