IL COMMENTO. SPAL-SPEZIA

FERRARA – Non c’è dubbio che l’ossigeno d’alta montagna di sette giorni fa abbia fatto non bene ma benissimo ai ragazzi di Egidio Notaristefano, benché anche l’ultimo giorno che ha preceduto questa importantissima sfida contro lo Spezia si fosse tramutato in un’allegra e goliardica conta sul campo di allenamento, manco si giocasse a nascondino o, peggio, fossimo a scuola prima di un rognoso compito in classe. Alle assenze certe di Cosner e Fofana si sono via via aggiunti altri soldatini rientrati da Bolzano con il fisico provato: Ravaglia, alle solite, ha dovuto combattere con l’amico di sempre, quel nervo malefico che gli martiria la schiena da qualche settimana; Coppola da par suo lotta senza tregua con un muscolo che a sua volta non gli ha dato pace per sette giorni finendo addirittura per fargli saltare la rifinitura; e non dimentichiamoci di Zamboni che, alla faccia del risentimento, si era procurato uno stiramento di quattro millimetri: robetta da nulla qualcuno dirà, robetta che per altri avrebbe significato festa sicura oggi, invece lui, da vero capitano era lì al suo posto, a stringere i denti e soffrire per quella che ormai sta diventando a tutti gli effetti la sua Spal. Alla faccia del lazzaretto biancazzurro, la gara alla vigilia non lasciava spazio ugualmente a facili letture soprattutto per gli amanti delle statistiche: il timore che uno dei numeri ritardatari oggi uscisse sulla ruota di Ferrara era più che giustificato: niente da fare invece e così Pane ha continuato a non battere i ferraresi (nove precedenti, cinque sconfitte e quattro pareggi), la Spal a non battere lo Spezia tra le mura amiche (l’uno manca da ben sedici anni) e lo Spezia a non vincere in trasferta (il due qui manca dalla primavera scorsa, otto mesi, auguri). La partita è una matassa difficile da sbrogliare e per capirlo ci vuol poco.
Notaristefano, che tra le altre cose conosce Pane come le sue tasche (hanno fatto insieme il corso di seconda categoria) presenta un menù tutto da gustare: Meloni va su Padoin per bloccare sul nascere la loro fonte di gioco, Coppola invece va a rincorrere ovunque per il campo Vannucchi concedendogli a malapena il tempo di respirare; tocca così a Melara il compito di rompere gli argini liguri dalla parte destra e dare modo con i suoi cross a Cipriani, da grande armadio quale è, di aprire le sue fantastiche due ante e presentare tutto il guardaroba di dieci anni di esperienza in categoria superiore ad Aprea. Lo Spezia per la prima volta schiera Saudati dall’inizio e ritrova il centrale difensivo Fissore dopo due settimane: entrambi saranno gli autori delle due azioni più pericolose di tutto il primo tempo che vede però la Spal protagonista indiscussa dell’incontro, per grinta e intensità. Avete presente la gara contro il Gubbio? Ecco, in positivo, tutta un’altra roba. I bianconeri però non hanno “solo” Vannucchi, Colombo, Saudati, Fissore e più in là Comazzi (che ha sostituito l’infortunato Buscaroli) ma in rosa c’è anche un certo Davide Marchini da Portomaggiore, l’ex di turno, che fa subito capire a tutti con un doppio passo e un paio di finte che lui nel calcio che conta ci è arrivato per davvero, pur senza passare dalla prima squadra biancazzurra. Lo show è dietro l’angolo, la sensazione che da un momento all’altro il numero sette ligure cominci la sua partita nella partita è papabile e, manco a dirlo, a seguito di un’entrata assassina su Migliorini e una palla persa in maniera goffa lungo la corsia laterale dopo l’ennesima finta sul filo d’erba di turno conclusasi, per sua sfortuna, a incocciare sulla tibia di Smit (ahia!) il pubblico inizia a fischiarlo prima e a dirgliene di ogni poi. L’estroso Marchini risponde chiedendo con gesti eloquenti alla curva di alzare la voce (che sia di udito cagionevole?) e figuriamoci se i tifosi biancazzurri più accesi si fanno attendere: e giù vagonate di urlacci e secchiate di parole degne dell’accademia della crusca. Negli spogliatoi il popolare Davide parlerà di una trentina di “amici” che gli avevano promesso che sarebbero venuti al “Mazza” per prenderlo in giro apposta: peccato che questa cosa, nata tra pochi intimi, abbia spazientito e non poco gli altri duemilasettecentosettanta paganti dell’incontro.
Archiviata questa parentesi assolutamente indecorosa, detto delle occasioni liguri nella prima frazione si rientra in campo con il solito Melara a fare il diavolo a quattro. A metà tempo iniziano i cambi, esce Meloni stremato ed entra Paolino Rossi che prima si posiziona dietro a Cipriani in una sorta di 4411, poi, dopo l’entrata di Colomba (per G. Rossi) torna nella sua posizione ancestrale di ala sinistra, situazione tattica che gli varrà il gol del pareggio finale. In mezzo a tutto questo l’uscita dal campo di Marchini che viene salutata con peste e corna dagli spalti per mano dei suoi soliti “amici” (che devono essere davvero tanti e tutti molto simpatici al punto da regalargli improperi persino quando se ne sta comodamente seduto accanto a Pane a gustarsi gli ultimi minuti del match) e dal gol del momentaneo vantaggio spezzino firmato da Casoli sugli sviluppi di uno dei due angoli che lo Spezia ha battuto in novanta minuti. Finisce con un giustissimo pareggio, anche se la voglia di vincere è sembrata più biancazzurra, e certo oggi tutto si può dire tranne che la Spal sia la solita squadra incompiuta che non vince le gare che contano: per carattere, grinta, intensità è stata tra le migliori, se non la migliore, Spal della stagione che ha però sempre quel piccolo, piccolissimo difetto, quello cioè di tirare in porta con troppa stitichezza. Giocando così però le soddisfazioni arriveranno. Eccome se arriveranno.

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