LA SPAL CHE ASSOMIGLIA AD ALBANO E IL “FORZA SPAL” DI REMONDINA

Provo a buttarla in “caciara”, tanto per cominciare, soltanto perché a stare seri si rischia un suicidio collettivo simile a quello che alcune folli sette hanno inscenato con successo negli ultimi anni. E allora giusto per tenermi incollato all’attualità scrivo subito che la Spal di oggi è triste, lagnosa, banale come una qualsiasi canzone di Albano a un qualunque Festival di Sanremo. Aggiungo anche che ormai non ci sono più dubbi. In una delle prossime puntate Federica Sciarelli dedicherà uno spazio dentro “Chi l’ha visto” alla formazione biancazzurra. E, attenzione, potrebbe pure essere che quello “zaccone” di Raz Degan si occupi di Spal all’interno del suo programma, non meno inguardabile della nostra squadra nelle ultime domeniche, che si chiama “Mistero”.
Già perché è un mistero quello che sta succedendo dentro a un gruppo che ha fatto metà campionato alla grande e poi si è sciolto in un nanosecondo. Dà i numeri, la Spal, e in tutti i sensi. Un punto in sei partite, quattro sconfitte consecutive, altrettante partite perse contro le ultime in classifica, quattrocento e passa minuti senza buttarla dentro, gol presi ogni domenica al pronti, partenza, via. Insomma, peggio di così si rischia di retrocedere.
Ha ragione il Presidente che, a caldo, ha fatto un’analisi perfetta davanti alle telecamere del nostro sito. Più che aggrapparci alla speranza playoff – ha detto Butelli – meglio pensare a non precipitare verso i playout. Incredibile ma vero e assolutamente reale. Tutto il resto, e su questo sarò fedele alla linea come i Cccp fino al termine della stagione, è rinviato all’ultima giornata di campionato. Tutte le considerazioni, i bilanci, anche le rivoluzioni, intendo. Una cosa è già sicura perché si tratta di un teorema difficilmente smontabile che trova conferma nella scorsa stagione grazie al Portogruaro e in questa per merito di un fantastico Gubbio. E cioè che in terza serie serve gente che corra, che abbia più palle che tecnica, più voglia che qualità, più corsa che geometrie. In questa Spal di fenomeni, almeno sulla carta, l’unico, e non da oggi, che fenomeno era e fenomeno resta è il capitano. Tutti gli altri, per motivi diversi e seppure con qualche scusante, non hanno reso come faceva ipotizzare la loro carriera. Punto e basta.
Ho scritto tante volte che le responsabilità del precedente allenatore, Notaristefano, non soltanto erano ininfluenti ma addirittura inferiori a quelle di tutti gli altri. Il discorso vale anche per il massacrato Giovanni Rossi. Facile, banale, sciocco cercare capri espiatori più esposti e poi sparare a pochi bersagli e non nel mucchio. Se n’è avuta la conferma domenica perché se dopo il cambio di tecnico giochi un primo tempo del genere le chiacchiere stanno come i punti fatti: a zero. Il problema è che bisogna guardare avanti. E avanti ci sono partite sulla carta impossibili per la Spal di oggi e c’è un nuovo tecnico che non ha ovviamente una sola colpa. Anzi. A Remondina vorrei attribuire il merito di aver già capito, in appena una settimana, che la situazione è francamente imbarazzante, preoccupante, avvilente. Si è messo in gioco con coraggio, l’allenatore bresciano, che qui si gioca una bella fetta del suo futuro (auguri!) e per quanto ho potuto capire in una sola intervista e in un paio di sms lui le palle le ha, eccome. Mi ha colpito molto, di Remondina, la considerazione e il rispetto che ha per questa maglia e per questa piazza. Nella nostra solita intervista all’allenatore del venerdì, quando gli ho chiesto dei suoi ricordi del Paolo Mazza, “Remo” ha spiegato che non ha mai dimenticato quel coro “Forza Spal” che sentiva cadenzare da tutto lo stadio. Me l’ha detto praticamente cantandolo, quel coro di cui sopra. E me l’ha riscritto come risposta al solito sms pre partita che dagli anni di Tomasi in poi mando a squadra, dirigenti, tecnici la domenica mattina. Questo soltanto per dire che oggi una cosa, una sola a cui aggrapparsi (oltre a un’altra che inizia per “ca”, finisce per “o” e in mezzo ha due “zeta”) è proprio la voglia del mister. Che non mollerà di sicuro ma che, anche se ovviamente non lo dirà, non è per nulla (eufemismo) soddisfatto di quanto ha già potuto vedere. Da questo punto di vista credo che a Salerno si vedranno già diversi cambiamenti. La testa, l’impegno, la volontà, il carattere… tutto prima di qualsiasi giocata altrimenti si rischia di retrocedere davvero. Questo chiederà “Remo” ai suoi e questo, ma soltanto in parte, si è visto nella ripresa con il Pergocrema.
Il resto, e cioè gli arbitri oggi persino più scarsi della Spal, sono note di cronaca doverose, incazzature sacrosante, accanimenti incomprensibili ma restano note sì, a margine però. Non sono, invece e purtroppo, scuse banali quelle che riguardano i tanti infortunati degli ultimi periodi. Anche quando Zamboni e compagni vincevano e il morale era opposto a ora, senza Cipriani e con Smit e Fofana a mezzo servizio sarebbe stata dura. Ma anche qui è inutile parlarne e scrivere perché già domenica prossima si andrà a tentare la missione impossibile in Campania con un solo attaccante e nemmeno puro. Pazienza. La stessa che sta avendo il pubblico ferrarese che, anzi, prima dell’ultimo crollo casalingo aveva esposto uno striscione da applausi per dire a società e giocatori che loro (almeno loro…) non mollavano affatto. E’ stato inutile ma resta una delle cose più belle di questo infausto girone di ritorno (al passato).
La cosa incredibile, e non è certo l’unica, è che è impossibile non avere rimpianti. Non credo che ci sia un solo spallino al mondo che, vedendo la classifica attuale, non abbia immaginato dove poteva essere la Spal senza queste ultime sei partite. Cerco di non pensarci ma non ce la faccio perché, a parte questo meraviglioso Gubbio, si poteva tranquillamente stare belli seduti al secondo posto senza fare miracoli. Invece siamo qui, fuori dai playoff, a vedere dove potremmo finire in caso di altre sconfitte. Ecco, lo scrive un ottimista della prima ora. Guardiamo dietro che è meglio perché va bene un fallimento calcistico ma finire ai playout sarebbe una sciagura con pochi precedenti. Siamo nati per soffrire, noi malati dell’Ars et Labor, ma preferiamo addirittura una nenia di Albano a un bunga bunga nel nostro di dietro. Sentire certe dichiarazioni nel dopo partita modello “la squadra c’è-la squadra è forte-la squadra ce la può fare” fa soltanto girare i maroni. Pensiamo a svegliarci la domenica e a guardarci le spalle. C’è bisogno “soltanto” di cuore e carattere. E se non ce l’hanno i fenomeni, magari vediamo se gli altri, i vari Corsi, Pallara e pure Geovani, riescono a fare qualcosa di meglio. Perché fare peggio è davvero difficile. Onestamente credo che nemmeno il mio pallino negativo e quotidiano, sempre Albano, se trasferito dal palco a un campo di calcio, riuscirebbe a essere più in difficoltà.
Malgrado tutto e nonostante tutti rubo ai bravissimi tifosi biancazzurri l’epilogo di quello striscione di cui sopra. Dài che ce la facciamo davvero. A salvarci, però. Almeno per ora.

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