Debiti, penalizzazioni, insolvenze. ormai, e non solo in terza serie e a Ferrara, si parla e scrive molto delle varie difficoltà dei club. La crisi è quella che è e tutta l’Italia è paese. Diverso è quando fanno notizia i cosiddetti ricchi. E’ il caso del Taranto, lo squadrone del girone A di Prima Divisione, la capolista, la squadra sulla carta più forte insieme con il Benevento, la formazione fatta di trenta elementi ben pagati. Bene. Il problema è che proprio il Taranto è caduto sugli spiccioli. Esiste infatti un regolamento che prevede che le società che giocano in casa versino una percentuale dell’incasso al club che ospitano in contanti a fine gara o, al massimo, tramite bonifico entro i tre giorni successivi alla stessa gara. Per fare un esempio, il Pisa e il Lumezzane hanno lasciato il Paolo Mazza con la loro dovuta e sacrosanta busta contenente la percentuale dell’incasso del match. Così non è stato per la Spal che a Taranto ha giocato l’11 settembre (profetica data?) e non ha invece ancora visto un euro. Alla faccia della differenza di organici, di investimenti, di potenzialità. Non è il caso della società pugliese, o almeno lo speriamo, ma i vari precedenti, dalla Pro Patria alla Salernitana, fanno riflettere. Perché uno compra, investe, ingaggia e poi non è possibile che non abbia la disponibilità di un pugno di euro da dare alla società ospite. E in regime, anche giusto, di regole ferree, fideiussioni, penalizzazioni il debito di cui sopra stride assai.