RICORDI, CONSIGLI E GIUDIZI DI ALADINO VALOTI. DA BORTEL A MENDY PASSANDO PER BEDUSCHI E NON SOLO

Aladino Valoti ha disputato una sola stagione in maglia biancazzurra con uno score di trenta presenze e tre reti, precisamente  nel 1987/88 in C1, lasciando comunque nei tifosi il ricordo di un’ala di grande caratura. Dopo tanto girovagare per i campi della penisola e una carriera ricca di soddisfazioni, che lo ha visto militare anche in serie A, Valoti è tornato nella natìa Bergamo, dove svolge l’attività di direttore sportivo dell’Albinoleffe e vive con la moglie e i tre figli, uno dei quali segue le sue orme, e pare anzi destinato a fare addirittura meglio di lui: “Mio figlio Mattia ha diciotto anni, e gioca nella Primavera del Milan da mezzala-trequartista, diciamo centrocampista avanzato. E’ già andato alcune volte in panchina con la prima squadra”.

Lo consiglieresti alla Spal?
“Ah! ah! ah! Sì, certo che lo consiglierei!”.

Com’è giocare nella Spal?
“Non era facile allora e non lo è adesso, perché a Ferrara si è abituati bene, con campionati importanti, e ci si aspetta sempre di vincerli”.

Saprai certamente che a Ferrara si sta vivendo un momento difficile.
“E’ un momento di difficoltà generale. Alla Spal hanno capito e si stanno comportando di conseguenza, facendo prevalere la linea con qualche giovane in più. Se a Ferrara si parla e si spiegano nel modo giusto le cose, i tifosi capiscono. Bisogna cercare di condividere questo momento”.

Molti tifosi tradizionalisti storcono il naso di fronte a realtà piccole in serie B, come la vostra, ad esempio, mentre piazze più storiche, come Ferrara, arrancano in terza serie. Tu cosa ne pensi?
“Vedere certe piazze in Lega Pro è un rimpianto, ma la realtà è questa. Una volta c’erano squadre fuori categoria, ma oggi il livello si è abbassato, ci sono più squadre dello stesso valore, e realtà come la nostra sono in serie B, grazie a una gestione oculata e attenta”.

In Lega Pro ogni anno si fa sempre più dura per le società.
“Ci sono due o tre squadre che hanno speso come un tempo, ma altre importanti hanno fatto squadre giovani. Quando ci si assesta, allora si può fare qualcosa di più. Oggi in Lega Pro è impossibile pareggiare i bilanci, si cerca di fare del proprio meglio e i presidenti devono mettere mano al portafogli”.

Com’è possibile reggersi in serie B con poco pubblico come fate voi?
“La differenza tra B e Lega Pro la fanno i diritti TV e gli sponsor, e anche spettatori e abbonati sono comunque più che nella categoria inferiore. Noi poi lavoriamo in maniera diversa da altri, con giocatori di proprietà. Abbiamo una rosa formata così, ma seguiamo lo stesso altri giocatori in giro, perché è giusto stare attenti”.

Come sta Mondonico? (ndr: fino alla stagione scorsa sulla panchina dei seriani)
“Sta bene. Sta venendo fuori dalla sua battaglia contro la malattia”.

So che sta allenando una squadra di ragazzi in una comunità di recupero.
“Questa cosa si legge solo ora sui giornali e si vede in tivù, ma lui ha sempre aiutato quella comunità del suo paese, allenando ragazzi alcolisti. E’ un uomo dotato di una forte carica, e c’è sempre grande entusiasmo attorno alla sua persona”.

Da sette anni sei il direttore sportivo dell’Albinoleffe. Con quali criteri costruisci la tua squadra ogni anno?
“Bisogna cercare di andare a prendere giocatori che vengono da annate difficili e vogliono riscattarsi, calandosi nel nostro spirito. Magari non andiamo alla ricerca di campioni, ma di giocatori di categoria con l’obiettivo di mettersi in vetrina. Sono importanti il settore giovanile, il centro sportivo, il metodo di lavoro. Nell’organizzazione per raggiungere i nostri traguardi si deve stare attenti a tutto. Lavorare bene sui giovani è il nostro marchio di fabbrica”.

L’anno scorso si era parlato di un tuo interessamento per alcuni giocatori della Spal, in particolare Bortel, Mendy e Melara.
“Bortel è finito in serie D e mi spiace, è un peccato. Mendy è stato una sorpresa, ora deve confermarsi e so che sta facendo fatica. Melara è da tre, quattro anni che sembra sul punto di fare il salto: non è ancora tardi, ma il tempo a disposizione è ogni anno sempre un po’ meno”.

Con la Spal hai chiuso l’affare per Beduschi. Come lo descriveresti?
“Purtroppo gioca poco, deve rimboccarsi le maniche, ma siamo convinti che possa crescere, perché ha le capacità, la struttura fisica, la moralità e il carattere. Correggersi nelle difficoltà è un valore aggiunto, e ci vuole pazienza. E’ un difensore atipico, perché esce palla al piede, è tecnico. Manca un po’ sotto l’aspetto difensivo, deve essere meno lezioso e più concreto”.

Il tuo unico anno a Ferrara è cominciato con Cella e finito con G.B. Fabbri in panchina, con Nicolini presidente. Che ricordi hai?
“E’ stato un anno positivo, c’era un bel gruppo, grande entusiasmo e parecchia gente allo stadio. Era una bella sensazione giocare lì. Nicolini era una brava persona, che ha dato tanto al calcio e ha ricevuto meno. Eravamo desiderosi di regalare la promozione a lui e a G.B. Fabbri, una persona fantastica. Eravamo partiti male, poi abbiamo recuperato e alla fine perso qualcosa sul campo. Meritavamo qualcosa di più. Ricordo che i campi del Centro di Addestramento erano all’avanguardia, la gente era fantastica e in giro si stava bene”.

Cosa pensi della squadra di quest’anno?
“La Spal deve dimostrare il suo valore. Ha un allenatore preparato, serio, e può far meglio nel ritorno. Il campionato è equilibrato, e ci sarà da lottare fino alla fine”.

In tutti questi anni è mai capitata l’occasione di tornare a Ferrara a lavorare per la Spal?
“No, non ce n’è mai stata la possibilità. Sono tornato diverse volte solo per vedere delle partite, l’ultima l’anno scorso col Como”.

Come hai deciso d’intraprendere la carriera di direttore sportivo?
“Dopo aver giocato l’ultimo anno nei dilettanti ad Albano, vicino Bergamo, a fine stagione ho ricevuto una chiamata dal presidente dell’Albinoleffe, Andreoletti, che m’invitava a un colloquio. Mi ha detto che non avevano mai avuto la figura di un direttore sportivo, e che gli sarebbe piaciuto lavorare con me. La scintilla è scattata subito, mi è capitata quest’occasione e l’ho presa al volo”.

Come organizzi il tuo tempo tra lavoro e famiglia?
“Il mio lavoro è un bell’impegno, perché sono spesso lontano dalla famiglia. Il sabato e la domenica devo conciliare la necessità di andare a vedere partite in giro e di stare vicino alla squadra. C’è da lavorare tanto, ma questo è il mio mondo, non saprei cos’altro fare, e mi dà anche delle belle soddisfazioni”.

Quali sono state le gratificazioni maggiori che hai avuto in questi anni?
“Le più grandi vengono dai ragazzi del settore giovanile, come ad esempio Beretta, arrivato a debuttare nella prima squadra del Milan. Un’altra grande soddisfazione è venuta da Marchetti, passato al Cagliari e da lì a difendere la porta della Nazionale. Abbiamo avuto tanti ragazzi che adesso giocano in squadre di serie A, e ora escono i giovani”.

Non hai citato tuo figlio, anche se rientra a pieno diritto tra questi.
“Sì, è vero, Mattia è un orgoglio per la società e la famiglia”.

Tu sei cresciuto nel settore giovanile dell’Atalanta. Sei rimasto tifoso della squadra della tua città?
“Ora un po’ meno. Non ho simpatie particolari, anche se l’Atalanta mi è rimasta sempre dentro, perché la mia carriera da giocatore è stata lontana da Bergamo”.

Hai cambiato tante maglie in carriera. Quanto ti è rimasta dentro quella della Spal?
“Alla Spal sono rimasto legato, come ad altre squadre. Per me è sempre stata una piazza importante, fin da quando m’ispirava simpatia da piccolo. Giocare con quella maglia mi dava grande forza e m’inorgogliva. I tifosi, dal bambino al sessantenne che ricordava gli anni d’oro, ti raccontavano cos’era la Spal, e i colori di quella maglia ti entravano dentro. Il suo settore giovanile ha una grande storia, da lì sono usciti giocatori importanti. Inevitabilmente queste cose te le porti dentro, e facevano parte del vivere quotidiano”.

Possono però diventare un peso per chi non ha una buona dose di personalità.
“Non è facile sopportare la pressione, ma bisogna avere la forza di prendere tutto ciò in positivo, e deve diventare un’arma in più. Io ho cercato di fare così, e a me dava la forza di lavorare e crescere professionalmente. Faccio un grande in bocca al lupo alla Spal, a dirigenti, squadra, allenatore, tifosi e a Ferrara, che merita qualcosa di più”.

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