I RICORDI DELLA SPAL DEL SOR CACIAGLI E L’UDINESE ALL’AVANGUARDIA NELLE PAROLE DI FABRIZIO LARINI MEDIANO BIANCAZZURRO AI TEMPI DELLA B

L’Udinese è la società calcistica che, a detta di tutti gli addetti ai lavori, vanta la migliore organizzazione, in Italia e non solo. Tra gli artefici di questo modello c’è un ex spallino, la cui carriera di dirigente, iniziata a Parma e proseguita a Bergamo e Ancona, lo vede ora ricoprire l’importante ruolo di direttore sportivo dei bianconeri friulani. Si tratta di Fabrizio Larini, che nel suo curriculum di calciatore vanta anche la stagione di serie B 1978-79 in biancazzurro.

La sua era la mitica Spal del sor Caciagli.
“Giocava un bel calcio, molto piacevole. Con Caciagli tutti i calciatori partecipavano al gioco di squadra, era un tecnico moderno ed equilibrato, con una cultura elevata, sopra la media. Si rivolgeva a noi usando termini toscani apparentemente complicati, che a volte non comprendevamo, e poi ci diceva: “Andate a guardare sul vocabolario!”.

Se ne ricorda qualcuno?
“Quando facevamo certi esercizi in allenamento, ci diceva: “Dovete piegarvi come libri intonsi”, e non tutti sapevamo cosa significasse “intonsi”. Voleva dirci che dovevamo piegarci come libri mai aperti”.

Come si descrive da giocatore?
“Mediano di spinta, allora si diceva così. Era un altro modo di giocare, si marcava a uomo anche in mezzo al campo, e il mediano prendeva il dieci avversario, il trequartista”.

C’è che sostiene che la Spal di Caciagli raggiunse l’apice in occasione di un 3-1 contro il Milan in Coppa Italia, con doppietta di Pezzato e rete di Gibellini.
“Lo ricordo bene. Quello era il Milan di Liedholm che conquistò la stella del decimo scudetto. Io marcavo Rivera: come dicevo prima, il quattro marcava il dieci”.

Che giocatore era Rivera?
“Per darle un’idea, le dico che in quella partita ricevette un passaggio da Buriani, senza toccare la palla fece una finta che spostò mezza squadra e smarcò Maldera”.

Che ricordi ha di Ferrara? Ci torna qualche volta?
“Sono ricordi molto positivi. E’ una città molto simile a Parma, dove vivo, per modo e qualità di vita. Ci tornavo ogni tanto per andare a mangiare le rane, perché lì si mangiano bene e a me piacciono molto”.

E’ ancora in contatto con qualche suo compagno?
“Bozzao è stato tanti anni con me anche al Parma, lavorando nel settore giovanile.  Ancora lo sento ogni tanto e mi dà qualche notizia di riflesso sulla situazione della Spal. Sono in contatto anche con Manfrin: io e lui siamo cresciuti insieme nell’Inter, e ora segue delle scuole calcio giovanili a San Benedetto. Con Cavasin ogni tanto ci s’incrocia su qualche campo. Per lavoro mi capita di sentire Gibellini, che è direttore sportivo a Verona, e Donati (passato da poco dall’Empoli alla direzione del settore giovanile del Pisa ndr)”.

Un vostro compagno non c’è più: mi riferisco a Franco Lievore.
“Era un ragazzo gentile, da spogliatoio”.

La Spal sta attraversando un momento difficile a livello societario. Le è mai capitato di trovarsi in una situazione simile?
“Quando giocavo a Palermo, siamo stati senza stipendio per un po’, ma poi tutto si è risolto. Situazioni come queste creano tensione. A volte hanno riflessi positivi sui calciatori, perché hanno una reazione di un certo tipo, da professionisti. Altre volte ci si lascia prendere dallo sconforto”.

L’Udinese è una società modello. Che organizzazione ha trovato al suo arrivo?
“La famiglia Pozzo ha applicato metodologie aziendali trasferendole al calcio. E’ un’organizzazione che viene da un’esperienza quasi ventennale, con la cura di tutti i dettagli”.

Come ad esempio il cuoco spagnolo al ristorante del centro sportivo, per via dei tanti giocatori provenienti dal Sudamerica.
“Sì, ma non solo. Si cerca anche di creare un senso di appartenenza con corsi di cucina per le mogli dei giocatori, con la partecipazione di una dietologa, per far capire loro come si alimenta un giocatore in Italia. Quelli che arrivano dal Sudamerica o dall’Africa hanno abitudini alimentari lontanissime dalle nostre, ed è importante che le mogli imparino a cucinare correttamente per i loro compagni, quando mangiano a casa”.

So che ai ragazzi giovani provenienti da Paesi molto diversi dal nostro per clima o cultura, viene concesso un lungo periodo di ambientamento, prima di farli giocare a certi livelli.
“Si cerca di non mettere loro pressione per avere risultati immediati. I giovani hanno bisogno di un acclimatamento, ed è sbagliato pretendere tutto subito. Dopo la semina si deve aspettare la raccolta”.

Nel calcio italiano, però, è difficile fare questo.
“In Italia c’è l’esasperazione del risultato, e manca la cultura sportiva”.

Da poco è scoppiato lo scandalo del calcioscommesse. E’ cambiato qualcosa da quando giocavate voi?
“Anche all’inizio degli anni ’80 ci fu un grande scandalo. La differenza sta nel fatto che allora le scommesse erano clandestine. Oggi che sono libere, e si può scommettere anche su Internet, è più facile che s’inneschino pericolosi meccanismi”.

Cosa l’ha indotta a lasciare la realtà del Parma per quella dell’Udinese?
“La chiamata a Udine è stata per me motivo di grande soddisfazione. Avevo la possibilità d’imbarcarmi in un’esperienza gratificante e stimolante, in una società dove potevo imparare tanto, e ho accettato senza pensarci troppo”.

Che differenze ha trovato?
“A Parma si cerca di comprare campioni per vincere subito. A Udine, invece, devono diventare campioni”.

Siamo in periodo di campagna trasferimenti. Si sente parecchio la crisi?
“In Italia non c’è grande mercato, e la crisi si sente più che da altre parti. Ormai a risentirne meno sono rimasti spagnoli, inglesi, tedeschi e il Paris Saint Germain. Col fair play finanziario, le società italiane dosano certi interventi. Deve essere attivato un nuovo sistema di lavoro. Difficilmente ci saranno grandi trasferimenti, a meno che intervenga qualche sceicco anche qui”.

Quali movimenti di mercato si prospettano per l’Udinese in questa sessione  invernale?
“Non faremo alcun movimento in uscita, ma cercheremo di rinforzarci. Abbiamo preso Fernandes (centrocampista svizzero di origini capoverdiane: ndr) dal St. Etienne, e Fanchone (difensore laterale francese: ndr) dal fallimento dello Strasburgo, per sopperire alla temporanea assenza di tre giocatori che disputeranno la Coppa d’Africa. Poi si vedrà”.

 

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