La Spal è stata venduta. Anzi no. Scongiurato il rischio di fallimento. Anzi no. La salvezza del club è ormai sicura. Anzi no. La Spal è dei varesini. Anzi no. La Spal è dei romani. Anzi no.
La cronaca di questi ultimi giorni, anzi settimane se non addirittura mesi, farebbe girare la testa anche a un astemio. Attorno ai colori biancazzurri è successo di tutto di più, meglio: di meno. In mezzo a tante notizie che sembravano certe e tra una marea di ipotesi tutte verosimili, alla fine l’unica certezza è che – scusate il francesismo – siamo nella merda. Inutile girarci attorno. Anche perché l’abbiamo già pestata e la nuova, imminente penalizzazione, che stavolta verrà data con l’aggravante della recidività e quindi sarà persino più pesante perché si tratta di quattro punti, è soltanto l’ultimo sigillo sullo stato delle cose spalline. L’ultimo timbro a uno dei momenti più difficili, se non disperati, della pur travagliata storia dell’Ars et Labor. Chi ha già vissuto un fallimento dovrebbe essere abituato a tutto ma non è così. Anzi, proprio per aver pianto già per un’onta del genere nessuno spallino del pianeta merita di rischiare di rivivere una situazione così umiliante. Non è tempo per dare presunte spiegazioni socio-economiche sul perché alla Ferrara nel pallone queste situazioni capitino così spesso. E’ un dato di fatto e questo, purtroppo, deve bastare. Di sicuro siamo arrivati a questo punto e come abbiamo già scritto domenica sera soltanto il buon senso unito al sacrificio può evitare a un popolo calcistico questo addio sancito da un tribunale.
Gli errori della proprietà attuale e gli alibi degli stessi dirigenti, le accuse del Presidente (per una settimana) Santarelli e i dubbi dei tifosi, il temporeggiare dei varesini e il mistero attorno a questa cordata… in questa triste commedia ognuno ha le sue verità e tutti attaccano tutti. Il povero amante della Spal, intanto, sta tra color che son sospesi nella propria, giusta ma immeritata disperazione e sacrosanta rabbia sperando non si sa in quale miracolo. Se da una parte si parla e si strilla, dall’altra si resta in silenzio e si latita. Atteggiamenti tutti lontani dalla doverosa chiarezza che servirebbe per provare a uscire da questo guado nel quale si mescolano verità e bugie tutte presunte perché nessuno, che si tratti di giornalisti o di tifosi la sostanza non cambia, ha la più pallida idea di quale sia la reale situazione aldilà dei pochi, ma pesanti, fatti (vedi penalizzazioni e stipendi non pagati) indiscutibili.
Ecco perché ripeto quanto già scritto soltanto due giorni fa e ieri sotto a due titolo che sarebbero bastati da soli: “Ci salvi chi può” e “S.o.s.”. Oggi, infatti, la Spal la può salvare soltanto la mediazione forte già in atto che non guardi in faccia nessuno da parte dell’amministrazione comunale che ha tutti i diritti del mondo di porre i vari soggetti in campo, o dietro alle scrivanie, di fronte alle proprie responsabilità perché, sempre oggi, c’è soltanto una cosa, e non è una cosa qualsiasi, che va salvaguardata molto prima dei vari e pur legittimi interessi. E questa cosa si chiama Spal.
Già dieci giorni fa, proprio mentre nasceva l’idea e si facevano passi avanti non limitati semplicemente a buoni propositi, avevamo annunciato l’esistenza di un gruppo di imprenditori ferraresi intenzionati a salvare la società. Queste persone, anche in queste ore grazie appunto al Sindaco, stanno vedendo se è possibile, visti i tempi che definire ristretti è dir poco, mettere in moto una concreta realtà per evitare il fallimento. Servono soldi, ovvio, diciamo attorno ai tre milioni di euro, l’aiuto di tutti e soprattutto un’unica cordata allargata ai famosi varesini. Probabilmente non è un affare rilevare la Spal, a prescindere dai debiti, ma è invece un dovere morale e soprattutto un atto di amore e di responsabilità che – non dimentichiamoci il lungimirante discorso fotovoltaico oggi più che mai fondamentale almeno economicamente – potrà ridare ai salvatori del caso, oltre all’infinita considerazione della tifoseria spallina, anche una sorta di reale risarcimento in soldoni. Nel frattempo, però, i minuti, le ore e i giorni passano e il margine di intervento è sempre più ristretto.
Scriviamo con sicurezza, rendendogli il merito che gli spetta, che il Sindaco Tiziano Tagliani non da oggi sta lavorando in silenzio per portare l’ipotesi di cui sopra a diventare realtà. Sappiamo anche che ieri, proprio come avevamo anticipato, avrebbe trovato la disponibilità della proprietà attuale a fare un concreto passo indietro per favorire la salvezza del club davanti a qualsiasi interesse economico. Speriamo sia tutto vero perché da settimane, o mesi, continuiamo noi a scrivere e i tifosi a parlare, di tutto tranne che di calcio. Suona decisamente retorico, e lo è, ma oltre alla “nostra” Spal ci sono in ballo anche gli stipendi di un bel po’ di persone e i soldi di un bel po’ di creditori. E c’è, o ci sarebbe visti gli argomenti puntualmente all’ordine del giorno, anche una squadra già, sempre qui, definita eroica, che da mesi continua imperterrita a fare il proprio dovere e che alla fine dovrà giocarsi la salvezza ai playout ma non per demeriti propri. Ecco, se ci fosse un briciolo di giustizia, scrivo da romantico che dell’utopia ne fa invece un vessillo autentico da sventolare assieme alla bandiera biancazzurra, ci dovremmo dare appuntamento a fine maggio per festeggiare – tutti insieme – la salvezza della società e della squadra. Sarebbe una festa meritata per chiunque, e non sono pochi, ha a cuore la storia centenaria della squadra più simpatica (sissignore) del calcio italiano. Buon senso, sacrificio, rispetto e danaro. Ecco che cosa serve. Altrimenti saranno guai seri. Ma non soltanto per gli unici che non hanno responsabilità. Cioè i tifosi.