CONSIGLI, SPERANZE E PARERI DI STEFAN SCHWOCH, BOMBER OVUNQUE MA TERZINO IN BIANCAZZURRO: FERRARA NON LA DIMENTICO, LI’ SONO NATI E VIVONO I MIEI FIGLI

Stefan Schwoch è una sorta di monumento vivente per la tifoseria vicentina, che ha avuto la ventura di poter contare sulle sue reti e sulle sue doti di grande trascinatore per sette lunghi anni. Quando alla veneranda età (per un calciatore) di quasi trentanove anni ha deciso di smettere di impallinare portieri, la società berica non si è fatta scappare l’opportunità di continuare ad avvalersi delle sue doti umane e delle sue competenze, nominandolo direttore sportivo. Questo attaccante altoatesino, dal cognome che vanta più storpiature dei tentativi d’imitazione della Settimana Enigmistica, nel corso della sua carriera è stato anche il beniamino di altre tifoserie importanti, dopo esser transitato giovanissimo per Ferrara, quasi senza lasciare traccia in campo. Non altrettanto si può dire, però, dei suoi trascorsi ferraresi fuori dal rettangolo di gioco, se è vero che ha abitato per oltre un decennio a Ferrara, dove sono nati e vivono tuttora, con la madre, i suoi figli Jacopo (21) e Tommaso (12). Da diversi anni, Schwoch vive a Vicenza con la nuova compagna e il terzo figlio Mattia (3), ma per ovvi motivi lo si vede spesso a Ferrara e alla Spal, delle cui vicende non ha mai smesso d’interessarsi.

Come si sta a Vicenza?
“Si vive molto bene. Per me è una città molto simile a Ferrara, che mi piace altrettanto”.

Sai certamente che un tempo tra la tifoseria spallina e quella vicentina c’era una rivalità molto accesa, ma immagino che a Vicenza non se ne parli più.
“No, non ne parla più nessuno. E’ da molti anni che le due squadre non si affrontano in campionato, e poi Vicenza è una delle provinciali più nobili, con tanti anni di permanenza in serie A. Anche più della Spal, che comunque rimane un’altra piazza bella e importante, dove i tifosi rispondono in maniera totale, nonostante da tanto tempo non si riesca ad andare più in là della terza serie”.

Sarai sicuramente al corrente dell’attuale situazione societaria spallina. Che idea ti sei fatto?
“Butelli tre anni fa si poteva permettere la Spal, ora no. Al suo arrivo pensavo che avrebbe portato una tranquillità economica e lavorativa diversa, contando anche su una piazza abbondantemente seguita dai tifosi ma, se uno non ne ha la possibilità, deve farsi da parte”.

Secondo te è stato Butelli che non si è fatto da parte per tempo, o non ha trovato nessuno disposto a rilevare la società?
“Credo che, se ne avesse avuta la possibilità, Butelli avrebbe venduto da tempo. Non è facile trovare chi rilevi la Spal”.

Cosa dovrebbe succedere perché il tentativo in corso di salvataggio della Spal vada in porto?
“Ci vuole un grosso sacrificio da parte di chi vende, perché non può pretendere di recuperare tutto ciò che ha speso, e anche da parte di chi compra, perché servono tanti soldi”.

Chi pensi sia meglio che arrivi alla guida della società?
“Per fare bene devi vivere la città, devi sapere tutto. Una cordata locale sarebbe meglio, perché sarebbe più legata alla città. L’ideale è che siano meno persone possibili, altrimenti ci sono troppe teste da mettere d’accordo. L’importante, comunque, è che adesso la Spal si salvi, e gli ultimi avvenimenti mi confortano un po’. Spero ci siano dei ferraresi, che possano fare le cose non solo con la testa, ma anche col cuore, per la propria città”.

Cosa pensi succederà nel prossimo futuro alla Spal?
“So come la sta vivendo il tifoso, lì ho vissuto dodici anni, mio figlio Jacopo tifa Spal! Se si trovano persone serie, in grado di sostenere l’impegno economico, spero che si possa salvare, ma è difficile. La faccenda è sempre parecchio complicata perché, se chi si è fatto avanti stenta, almeno per ora, a coprire i debiti per rilevare la società, poi è difficile che riesca a mantenerla, e si tornerebbe daccapo. La salvezza sul campo si può sempre conquistare, ma è meglio la C2, piuttosto che il rischio del fallimento ogni anno”.

Tra i possibili futuri dirigenti spallini sono stati fatti due nomi noti nell’ambiente calcistico, come Pelliccioni e Ranzani.
“So chi è Pelliccioni, anche se non lo conosco. La mia opinione su Ranzani è più che positiva. Mi viene da pensare che mi fido di più di chi conosco, e Ranzani lo conosco bene. E’ una persona spettacolare, molto seria, competente, e lo stimo moltissimo. Se tornasse a lavorare per la Spal, mi farebbe molto piacere”.

Come sei arrivato a vestire la maglia biancazzurra?
“Venivo dal Trento, da cui la Spal voleva Labardi. Il Trento rispose che, se voleva Labardi, doveva prendere anche un altro ragazzo: quel ragazzo ero io”.

Hai segnato caterve di gol in tutte le squadre in cui hai giocato, tranne che a Ferrara, dove ne hai segnato solamente uno, giocando addirittura da terzino nella stagione 1989-’90.
“Prima della partita con la Juve Domodossola, a causa di una serie d’infortuni, non c’era nessuno che poteva giocare da terzino sinistro. Io fino a quel momento avevo giocato poco, così mi proposi per quel ruolo all’allenatore Santin. Fui il migliore in campo, e Santin mi disse che da allora avrei sempre giocato in quella posizione”.

Che ricordo hai di quella stagione?
“Positivo. Era il mio primo anno tra i professionisti, avevo solo diciannove anni e giocavo per la prima volta con gente molto più grande di me, come ad esempio Magnocavallo”.

Quello fu l’anno della presidenza di Albersano Ravani dopo la rovinosa caduta in C2 della stagione precedente. Che ricordo hai di lui?
“Era una persona estremamente cordiale, che non sapeva dov’era. Sembrava che venisse da un altro mondo e fosse stato catapultato su un altro pianeta. Ad esempio, quando ancora eravamo nel ritiro estivo pre-campionato, un giorno venne negli spogliatoi e disse che voleva discutere proprio in quel momento dei rinnovi dei nostri contratti per l’anno dopo. Così, sui due piedi e davanti a tutti i compagni!”.

Con chi avevi particolarmente legato?
“Con Labardi ho convissuto nella stessa casa per un anno, e ho molti ricordi, ma il legame più forte era con Beppe Brescia. Ci frequentavamo anche fuori dal campo con le nostre famiglie, e ancora ci sentiamo. Quando giocava, si vedeva già che avrebbe allenato, e potrebbe far bene come allenatore a Ferrara, perché è bravo, preparato e conosce l’ambiente”.

Di Vecchi cosa pensi?
“Sta facendo molto bene. E’ un allenatore che avevo seguito anche da qua. Non è facile dare tranquillità e rimanere tranquilli in queste condizioni, e lui lo sta facendo”.

Nonostante tu non abiti più a Ferrara, ti si vede piuttosto di frequente in tribuna al Mazza.
“Sì, vengo spesso a Ferrara per trovare i miei figli, e vado alla Spal per tenermi aggiornato professionalmente”.

Hai vinto tre campionati di serie B con Venezia, Napoli e Torino, ma hai giocato solo mezza stagione in serie A con la maglia del Venezia, peraltro segnando due reti. Hai qualche rimpianto?
“No, l’importante è essere contento di quello che si fa”.

Pensi ci sia stata ingratitudine nei tuoi confronti da parte di qualche società che non ti ha riconfermato, dopo che l’avevi aiutata a vincere coi tuoi gol?
“No, e poi io sono uno che non ha mai voluto stare in paradiso a dispetto dei santi. Se accettavano proposte da chi mi cercava, voleva dire che non mi ritenevano indispensabile, così andavo via e ricominciavo da un’altra parte. Ho fatto comunque una bella carriera, grazie anche ai compagni che mi mettevano in condizione di rendere al meglio”.

Com’è giocare a Napoli?
“Il San Paolo è come San Siro, forse anche di più. Giocare davanti a ottantamila persone è un’emozione incredibile: quella è stata la mia serie A”.

Coi tuoi gol (ventidue nella sola stagione della promozione in A) eri diventato un beniamino dei tifosi. Com’era il tuo rapporto con una tifoseria così calda come quella partenopea?
“Negli ultimi due mesi non potevo più uscire di casa. Se andavo in centro a fare una passeggiata coi bambini, venivo circondato da una massa di gente, si bloccava tutto e dovevano riportarmi a casa i carabinieri”.

Queste cose erano più un piacere o un disagio?
“Era senz’altro più un piacere. Mi dispiaceva per i figli che non potevano uscire di casa, ma, sinceramente, ai calciatori piace stare al centro dell’affetto del pubblico”.

Anche a Torino e Venezia hai vissuto due promozioni in serie A.
“A Torino eravamo partiti male, avevamo subìto contestazioni pesanti e facevamo fatica. Poi, col cambio tecnico da Simoni a Camolese, abbiamo fatto una cavalcata strepitosa. A Venezia la serie A mancava da quarantadue anni, e l’entusiasmo per la promozione è stato incredibile. Ci hanno fatto sfilare sul Canal Grande con la barca del Doge fino a Piazza San Marco in un tripudio di folla”.

Hai segnato centonovantotto gol nei campionati professionistici. Non ti dispiace un po’ esserti fermato a un passo dalle duecento reti, anche se hai largamente superato quella cifra contando le altre quarantatré tra i dilettanti?
“Le statistiche che hai guardato sono inesatte: ne ho segnate centonovantanove. E comunque non sono dispiaciuto: duecento era troppo banale, ci sarebbero arrivati tutti, così mi sono fermato prima. Ahahah”!

Parlando di grandi realizzatori, almeno a livello di Lega Pro, c’è un certo Rachid Arma, in comproprietà fra la Spal e il tuo Vicenza. Perché l’anno scorso non è andato bene lì da voi in serie B?
“Qua ha avuto poche possibilità, e la sfortuna di non capitalizzare le occasioni che gli si sono presentate quando ha giocato. La sua sfortuna più grande è stata di essere chiuso da Abbruscato, che ha giocato quarantadue partite”.

Ora il suo procuratore Savino sembra sia intenzionato a mettere in mora la Spal per il mancato pagamento degli stipendi. Ciò significa che se entro una ventina di giorni dalla messa in mora Arma non sarà pagato, potrà sciogliere il vincolo con la Spal. Cosa succederebbe poi, in questo caso?
“Arma diventerebbe tutto del Vicenza, però non potrebbe giocare né per il Vicenza, né per un’altra squadra fino alla fine della stagione, e dovrebbe quindi rimanere fermo fino all’inizio della prossima”.

Stando così le cose, ad Arma converrebbe finire la stagione a Ferrara. E’ ipotizzabile che il Vicenza possa contribuire al saldo delle spettanze del giocatore, stante le difficoltà economiche in casa Spal?
“Potrebbe essere una soluzione, ma dovremmo metterci tutti quanti attorno a un tavolo a discuterne. Per il momento bisogna solo aspettare”.

E’ difficile in questo periodo trovare un interlocutore in casa Spal?
“Sì, comunque ne parleremo con Savino e vedremo cosa fare, perché Arma è un patrimonio da difendere”.

Che campionato sta facendo il Vicenza quest’anno?
“Manchiamo di continuità, abbiamo dovuto cambiare l’allenatore e potevamo fare meglio”.

Qualche tifoso magari ti chiede ancora di tornare in campo.
“Qualcuno sì, ma non sa che farei peggio di chi gioca adesso!”.

In rosa avete un ex spallino, anche lui a Ferrara per una sola stagione: Soligo.
“Sì, Evans è un bravissimo ragazzo, su cui puoi sempre contare, sia che vada in campo dal primo minuto, sia che parta dalla panchina. E’ un grande professionista vecchio stampo”.

Cosa auspichi per la Spal nel prossimo futuro?
“Innanzitutto spero che la vicenda societaria si risolva al più presto, e poi che si trovi qualcuno che faccia le cose bene per l’amore della città e della Spal. Se si trova qualcuno che sa di calcio, è un bene”.

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