Questa settimana ospite della rubrica “L’intervista allo staff” è il classe ’75 di Bosco Mesola Daniele Corontini, allenatore dei portieri del Settore Giovanile.
Daniele, come sei arrivato alla Spal e quale è stata la tua esperienza nel calcio prima di approdare nel vivaio biancazzurro?
“Da giocatore, ovviamente come portiere, sono cresciuto nel Settore Giovanile della Spal e ho fatto tutta la trafila fino alla prima squadra. Poi ho girovagato per l’Italia intera disputando campionati professionistici in serie C e in D da semiprofessionista, quindi la Spal agli inizi degli anni ’90, poi Marsala, Vasto e tante altre. L’ultimo campionato di un certo livello in D è stato con il Chioggia nel 2008”.
Prima di arrivare alla Spal hai già allenato in altre squadre visto che hai smesso da poco?
“Sì, ho fatto l’allenatore dei portieri anche di prime squadre in D oltre ad aver lavorato con i giovani, mentre giocavo, però non con impegni a lunga scadenza e con costanza. Diciamo che ho incominciato a lavorare sul serio da allenatore dei portieri al mio arrivo alla Spal, quindi da circa un anno. Mi occupo prevalentemente dei ragazzi della Berretti e degli Allievi, ma siamo in tre ad occuparci del Settore Giovanile e quindi a turno ci sostituiamo, capita anche di allenare i ragazzi più piccoli. Cerchiamo sempre di fare delle esercitazioni suddivisi per segmenti di età”.
Il preparatore dei portieri, figura che possiamo dire legata al mondo del calcio professionistico italiano, è una scoperta relativamente recente nel calcio professionistico di Paesi considerati ormai potenze nel mondo calcistico, ed è una figura ancora poco affermata nel calcio dilettantistico…
“In Italia, forse per la tradizione di portieri che abbiamo avuto, la nostra è una figura molto importante. Per quel che riguarda le società professionistiche la presenza degli allenatori come me è scontata per la prima squadra, e per il settore giovanile varia a seconda delle disponibilità economiche della società. Ricordo che ai miei tempi ne avevamo uno che seguiva più categorie, mentre ora siamo in tre per il vivaio. In altri Paesi, parlo della Premier League, la figura dell’allenatore dei portieri è stata esportata da noi meno di venti anni fa con i primi giocatori e allenatori che sono andati a giocare e allenare in Inghilterra. Prima non avevano una figura specifica nello staff tecnico che si occupasse al 100% dei numeri uno”.
Investire su tali figure tecniche dà anche i suoi frutti, come ad esempio il Settore Giovanile della Spal che ha una tradizione positiva nel formare portieri pronti per i campionati professionistici…
“Sì, la Spal ha avuto buoni frutti con il lavoro svolto negli anni precedenti dai miei colleghi. Speriamo di continuare su questa strada. Ma al di là ad esempio di Costantino e Gollini che sono gli ultimi prodotti del nostro vivaio, anche ai miei tempi sono venuti fuori estremi difensori che hanno fatto bene in C”.
Acitelli parla di “solitudine dell’ala destra” e allora cosa dire del portiere, sia per il ruolo sia per la quotidianità che vive, visto che spesso lavora a parte rispetto al resto della squadra. Come si fa a tenere alta la concentrazione nel corso dell’allenamento soprattutto dei più giovani?
“Allenare i portieri di prima squadra anche in D è diverso sia sotto l’aspetto della preparazione fisica sia sotto l’aspetto mentale rispetto ai giovani che si approcciano al ruolo. Di solito, esclusi fenomeni e talenti innati, non si lavora tecnicamente sui portieri fino all’ultimo anno degli esordienti. Infatti c’è anche chi, magari, fino ai Giovanissimi ricopre un ruolo in mezzo al campo e poi decide spontaneamente per vocazione oppure su proposta del mister che valuta oltre al fisico, le capacità motorie e di reattività del ragazzo, di infilare i guanti. Gollini, ad esempio, fino agli Esordienti giocava in mezzo, poi l’allenatore gli ha proposto di provare tra i pali e sappiamo tutti come è andata. In allenamento non è difficile mantenere alta la concentrazione, perché chi decide di fare il portiere, quando si allena è lì per apprendere qualcosa di nuovo. Non è la stessa cosa di chi si trova a calciare un pallone in mezzo al campo: è un lavoro particolare e specifico. Comunque dai Giovanissimi iniziano ad apprendere le tecniche che riguardano il tuffo, la presa, la posizione tra i pali, eccetera. E ai più piccoli si prova a insegnare attraverso il gioco, poi quando si allenano insieme giocatori di età diversa si lavora per segmenti”.
Quali sono le caratteristiche che deve possedere un buon portiere?
“Sicuramente il fisico. Portieri piccoli difficilmente fanno strada e soprattutto occorre avere reattività e coordinazione. Alle caratteristiche fisico-motorie vanno aggiunte quelle caratteriali. Un portiere introverso che non riesce a reagire ai propri errori farà poca strada. Gli errori noi li utilizziamo per valutare la prestazione e trovare i rimedi per evitare di ripeterli a livello tecnico, ma il ragazzo deve riuscire a smaltirli anche interiormente. Un portiere deve avere carisma per dar sicurezza al resto della squadra”.
Nel Settore Giovanile è difficile far accettare la panchina, ancor più difficile fare il dodicesimo. Molti lasciano a un certo punto…
“Sì, purtroppo succede. Nel nostro Settore Giovanile, però, tutti hanno la possibilità di mettersi in mostra non solo in allenamento, ma anche in partita, perché non sempre i valori espressi in allenamento sono gli stessi che si mostrano in gara dove sopraggiungono altri fattori che condizionano la prestazione”.