IL CARPI DEL FRESCO EX EGIDIO NOTARISTEFANO: A FERRARA SONO STATO BENISSIMO, UN PECCATO NON AVER VINTO CON QUEL GRUPPO

E’ il diciassette novembre 2009 quando il patron Cesare Butelli, d’accordo con il diggì Bortolo Pozzi, decide di sollevare dall’incarico Aldo Dolcetti e di dare le chiavi della Spal in mano a Egidio Notaristefano (nella foto sotto, il giorno della presentazione a Carpi lo scorso ottobre): classe 1966 proprio come il suo predecessore, l’allenatore milanese, una vita da protagonista sui campi di serie A con le maglie di Como e Lecce, che solo un tremendo infortunio al ginocchio non gli permetterà una carriera da primo della classe con la maglia della Juventus dove non approderà mai a causa di questo colpo basso infertogli dal destino. Rimarrà sulla panchina dei ferraresi fino al tredici febbraio 2011 dove, quattrocentocinquantatré giorni dopo, nella “fatal” Pagani, dopo aver conquistato appena un punto in cinque gare e con tre sconfitte consecutive sul groppone, conosce l’epilogo prematuro dell’avventura in terra estense. Ma riavvolgiamo il nastro. Notaristefano arriva a Ferrara con una Spal allo sbando all’indomani della sconfitta interna patita contro il Lanciano: tre vittorie, sei pari e quattro ko fin lì con all’orizzonte la trasferta a Verona e il derby contro la Reggiana, giorno del suo esordio al “Mazza” che, scherzo del destino, capita proprio un anno esatto dopo quel Spal-Novara finito 1 a 0, dove calca per la prima volta, ma sulla panchina ospite, il terreno di casa nostra. Insediatosi in punta di piedi con la sua solita umiltà, schivo ma schietto, capace di intuire prima di altri i problemi del singolo giocatore, capisce subito di trovarsi di fronte a una situazione difficile e, senza perdere tempo, insieme al suo fido Giampaolo Ceramicola inizia la sua lunga e travagliata opera di rilancio di una rosa, soprattutto a livello psicologico, non esitando a chiedere la cessione nella sessione invernale di mercato di quelli che lui stesso aveva definito come “elementi di disturbo” all’interno di un “gruppo sano ma impaurito”. Alla fine del campionato, dopo un complicato avvio con appena tre punti in cinque sfide con le pesanti sconfitte patite in quel di Marcianise e nella trasferta a Cosenza, nelle restanti sedici partite porterà a casa la bellezza di trenta punti in una escalation pazzesca di risultati positivi e culminati con il trionfo allo “Zaccheria” di Foggia per 3 a 0 all’ultima giornata insieme a un settimo posto finale, davanti addirittura al milionario Taranto, una posizione che ai più sembrava impossibile da raggiungere appena un mese prima, peraltro ad appena quattro lunghezze dai playoff. Si guadagna ovviamente la fiducia piena della dirigenza biancazzurra che decide di rinnovargli il contratto seduta stante per la stagione successiva e l’estate dopo guida per la prima volta dall’inizio, nel ritiro di Cavalese, i ferraresi nel loro campionato numero quarantatré della storia in Prima divisione, ma senza riuscire a portarlo a termine. La sua squadra ha il “difetto”, si dice, di non brillare particolarmente in casa, non diverte, non è bellissima da vedere (ma intanto fa risultato), i tifosi non nascondono i loro dubbi e le loro preoccupazioni appena un risultato va storto (“troppi lanci lunghi” sarà la critica mossa più volte che andrà per la maggiore oltre al “poco gioco di squadra”), ma alla quinta giornata la Spal è prima in classifica con tredici punti, una squadra che gioca un calcio cinico e pragmatico grazie ai gol di Giacomo Cipriani che in trasferta, come davanti al pubblico amico, toglie spesso le castagne dal fuoco ai biancazzurri: con Pavia e Paganese in casa, a Como, Cremona e Reggio Emilia in trasferta, la sua squadra disputa le partite più belle in assoluto della sua gestione, che fanno pensare in grande e tacciono, almeno apparentemente, i suoi (troppi) detrattori che lo additano di essere un “morbido” e di non saper trasmettere alla squadra il giusto mordente. Da dimenticare, se proprio si vuol fare un appunto, le troppe partite perse contro le squadre campane contro le quali, ironia della sorte, ha sempre avuto un’avversione particolare tanto che proprio una di queste, alla fine, lo condannerà senza appello: due vittorie (contro Cavese e Paganese in casa) e ben cinque sconfitte (contro il Marcianise sia in casa sia fuori, Paganese e Sorrento fuori e Salernitana in casa) in quindici mesi. A fine 2010 la Spal, nonostante i primi spifferi gelidi in seno alla società di via Copparo e le critiche mai del tutto risparmiategli, con i suoi trenta punti (ventinove per il punto di penalità), si trova addirittura a una manciata di lunghezze dal primo posto del girone A della terza divisione nazionale. Della sua esperienza a Ferrara rimangono quarantaquattro incontri ufficiali di campionato disputati e sessantasei punti: trentatré in ventuno partite nella stagione 2009/2010 e trentatré in venti in quella successiva, riuscendo addirittura a fare meglio dei dodici mesi precedenti, prima di quel maledetto trittico di sconfitte che lo porteranno all’esonero. Nell’anno solare 2010 è il terzo allenatore d’Italia dietro soltanto a Fabio Capello e Attilio Tesser dopo aver conquistato ben sessanta punti in trentaquattro incontri e frutto di sedici vittorie, dodici pareggi e appena sei sconfitte. Dal quattordici febbraio 2011 resta a guardare per otto, lunghissimi, mesi prima che sia il Carpi del diesse Giuntoli a decidersi di rispolverare l’ex numero dieci dai piedi sopraffini e, dopo un paio di no a squadre di categoria inferiore (Alessandria e Perugia) e non (Pavia), si butta a capofitto nell’avventura con i modenesi insieme al suo inseparabile “secondo” e fraterno amico Giampaolo Ceramicola che già lo aveva brillantemente accompagnato durante la stagione e mezza passata a Ferrara, andando a ricomporre una coppia straordinaria già sul rettangolo di gioco sin dai tempi di Lecce, affiatata e di grande spessore, tecnico ma soprattutto umano. Ancora una volta il destino è beffardo, Notaristefano firma quarantotto ore prima del match che vede impegnati i biancorossi proprio contro la “sua” Spal: il tempo di presentarsi, salutare la squadra, caricarla a dovere dopo appena un allenamento ed eccolo là, duecentoquarantatré giorni dopo l’esonero, tornare in sella e battere i biancazzurri in quella che lui ha giurato essere “solo una partita di calcio, perché per le vendette nel suo cuore non c’è spazio e soprattutto in una città che gli ha dato tanto come Ferrara”. Torna da avversario per la prima volta al “Mazza” in Coppa Italia lo scorso diciotto gennaio e ne esce sconfitto per 1 a 0, grazie al gol siglato da Marconi per i biancazzurri. In campionato è attualmente quarto in classifica a un punto dal terzo posto, con sette lunghezze da gestire su Lumezzane e Benevento in vista dei sempre più probabili (e meritatissimi) spareggi promozione. Dal suo arrivo, un girone fa, i biancorossi hanno ottenuto trentatré punti in diciassette partite frutto di nove vittorie, sei pareggi e appena due sconfitte, entrambe lontano da casa, riuscendo a mantenere tuttora l’imbattibilità interna in campionato (oltre a non aver mai perso nel 2012) e viaggiando ad una ubriacante media di quasi due punti a partita. Gli stessi di sempre che lo hanno contraddistinto, in maniera inequivocabile, anche a Ferrara.

Ufficialmente è la tua seconda volta da avversario al “Mazza” dopo l’esonero dello scorso febbraio se contiamo la parentesi in Coppa Italia, ma domenica prossima sarà tutta un’altra musica: si gioca per i tre punti e il Carpi, come la Spal del resto ma per obiettivi diversi, ha assolutamente bisogno di fare risultato pieno. Per te non potrà essere una partita come le altre.
“E’ chiaro che non sarà come tutte le altre, a Ferrara ho lasciato tante persone a cui sono rimasto legato fuori dal rettangolo di gioco e con cui non ho mai smesso di sentirmi anche quando sono andato via. La Spal e la città di Ferrara sono state un momento importante e intenso della mia carriera, sono andato via con dispiacere, rammarico per non essere riuscito a dare quello che volevo. Siamo stati bravi per un girone intero, poi ci siamo accartocciati su noi stessi a mano a mano che anche la dirigenza iniziava ad accusare i primi segnali di sbandamento. Probabilmente non siamo stati bravi, io per primo, a gestire quel particolare momento, ma io non ce l’ho con nessuno e ci tengo a dirlo, precisarlo e puntualizzarlo non una ma cento volte: sono stato bene, è una città bellissima e non sono io che scopro queste cose, ho lavorato bene, ho avuto la possibilità di conoscere giocatori importanti non solo tecnicamente ma soprattutto sotto il profilo umano e tu sai quanto io tenga a queste cose. Purtroppo nel calcio o vinci, o perdi. Io ho perso, mi assumo la mia parte di responsabilità, ma alla Spal auguro il meglio, perché vederla così tanto in difficoltà, mi fa male”.

Quando hai capito che la tua esperienza a Ferrara era giunta al capolinea?
“Contro il Lumezzane, la domenica prima della disastrosa e mia ultima trasferta a Pagani: lì, dopo i cori della “Campione” per Gibì Fabbri, ho capito che era meglio mollare, ammetto che non ci credevo più, non so se più nel mio lavoro o nei ragazzi, un po’ entrambe le componenti probabilmente. Quella sconfitta interna mi fece male, giocammo come peggio non avremmo potuto, fu il punto più basso della mia gestione dopo tante belle vittorie e domeniche passate a soffrire ma anche a vincere con quel gruppo che sono convintissimo avesse nelle corde ancora di più di quello che ha effettivamente dimostrato. Poteva arrivare lontano, anche se non ho mai potuto lavorare con tutta la rosa a disposizione durante la settimana, tanti infortuni, magari banali, che spezzano inevitabilmente però il ritmo e non mi permettevano di provare sempre soluzioni diverse. Ricordo che  quella domenica fu il giorno in cui mi rinfacciarono di non aver messo in campo Geovani pur essendo sotto e pur non avendo, a detta di molti, nulla da perdere: la verità è che qualcosa di molto più importante di una semplice partita c’era da perdere, perché dal mio punto di vista non si poteva gettare nella mischia un ragazzino così giovane con quel clima di tensione che si era venuto a creare per colpa dei risultati che tardavano ad arrivare, avrei rischiato di fargli del male gettandolo nella mischia e ho preferito lasciarlo in panchina. Sono scelte che rifarei senza problemi, di Geovani tra l’altro ho perso ogni traccia e non mi risulta giochi titolarissimo lì o da qualche altra parte”.

A proposito di giovani “promesse”: oltre a Geovani, anche Laurenti, Marongiu e Pallara in rigoroso ordine alfabetico, con te non hanno mai trovato grande spazio. Perché?
“Sono giocatori tutti diversi tra loro e con caratteristiche differenti. Gianluca quando l’ho incontrato mi ha dato l’impressione di essere un calciatore dai numeri sicuramente interessanti ma di avere come “paura” dei propri mezzi: con me non avrebbe giocato, gliel’ho detto, doveva maturare fuori dall’ambiente che lo aveva allevato, prima o poi tocca a tutti se vuoi diventare un calciatore vero. A Mezzocorona ha trovato un suo equilibrio, è tornato maturo, ha capito che il pane della terza serie è duro da masticare e sono contento che adesso stia facendo bene; Jack dei tre, ora posso dirlo, è quello che ho sempre pensato potesse fare le cose migliori, so che sta giocando a Pordenone e sono sicuro che alla distanza verrà fuori; Ale l’ho incontrato pochi giorni fa mentre ero in ritiro a Bisceglie con il Carpi prima della partita contro il Taranto, lui, adesso, come sai, gioca nell’Andria, abbiamo parlato a lungo, gli ho scherzosamente chiesto se si è finalmente deciso di essere un giocatore di calcio e non solo di fingere di esserlo, l’ho trovato abbastanza bene. Ha grandi potenzialità ma deve imparare a sacrificarsi di più per la squadra e smetterla di pensare che sia colpa degli allenatori se non gioca: se io litigo con te ma io di carattere non litigo quasi mai mentre tu sei uno che litiga con novantanove persone su cento che incontri, possibile che la colpa sia sempre e solo mia? Nella vita bisogna assumersi le proprie responsabilità, se lo farà e non ho dubbi che questo avvenga, se si decide una volta per tutte che lui può sfondare ma per farlo deve essere lui a disposizione della squadra e non viceversa, allora verrà fuori il vero Marongiu che a Ferrara, un po’ troppo frettolosamente, a sedici anni avevano dipinto come un fenomeno”.

Ti hanno rinfacciato tante cose: dall’essere un uomo con un carattere spigoloso e cupo al fatto che durante gli allenamenti o in partita tu non ti facessi mai sentire con le “cattive” dai tuoi, passando per chi ti rimprovera di non aver mai legato con la città in generale o i tifosi.
“Questo mi fa sorridere, credimi. Il mio carattere è questo, ho compiuto quarantasei anni un mese fa e penso che di come mi pongo non debba necessariamente renderne conto a tutti, tranne alla mia famiglia ovviamente. Sono una persona che non ha mai dato troppa confidenza in generale, non mi piace frequentare i club dei tifosi, i bar dove fare proclami solo per arruffianarmi la gente. Nel mio mondo esiste una regola che è quella del lavoro: se faccio bene, se vinco, se la mia squadra diverte, so che la gente mi vorrà bene e mi rispetterà, in caso contrario fanno bene a contestarmi, pagano il biglietto e hanno ragione loro. Ero così da giocatore, figurati se cambio adesso. Per quanto riguarda l’atteggiamento con i giocatori non entro nel merito, sono cose che sappiamo solo io, i miei collaboratori e loro che non devono uscire dalle quattro mura dello spogliatoio, ma ti assicuro che quando mi arrabbio e succede più di quanto la gente possa immaginare, non è un bello spettacolo da vedere. Della città non dico altro di quello che ho già detto prima: sono stato bene e per il trattamento che ho ricevuto in cambio di quello che ho dato, penso che non potessi aspettarmi di meglio. Merita tanto Ferrara, lo penso veramente”.

A distanza di un anno, sei sempre convinto che quel gruppo di giocatori abbia sempre dato tutto in campo quando scendeva in campo alla domenica?
“Lo voglio credere, lo spero, non ci ho mai pensato a dirti la verità ma sono convinto di sì. In qualche occasione siamo mancati, è vero, ma sarebbe ingiusto scaricare sui singoli delle responsabilità che, alla fine, nell’economia di un campionato vanno come sempre suddivise tra tutti, dal primo all’ultimo componente della società. Altra cosa che sconfessa chi mi dà del burbero è che sono rimasto molto legato ai miei “ragazzi” di allòra, li sento ancora, soprattutto il gruppo storico, Capecchi, Zamboni, Bedin, sono giocatori importanti non solo in campo ma anche fuori”.

Possibile che tu non abbia un “sassolino” da toglierti e sia l’unico sulla faccia della terra a prenderti un esonero con il sorriso?
“Fa parte del mio mestiere, sai che non l’ho presa bene quella decisione, ma probabilmente in quel momento era l’unica percorribile. E non sarà né la prima, né l’ultima volta che mi accadrà nella mia carriera, anche se non ci penso. Non siamo riusciti, lo scorso inverno, a sistemare il gruppo come avremmo voluto in sede di calciomercato, ma non so nemmeno se questo sarebbe servito a evitare il mio allontanamento, non lo sapremo mai, magari anche con due o tre acquisti e altrettante cessioni mirate non avremmo migliorato la situazione. Forse sono rimasto deluso dalle troppe parole spese per un progetto che invece aveva bisogno di una maggior forza economica alle spalle e di meno proclami. Per questo ho creduto  fortemente nel fotovoltaico come un segnale di rinnovamento, una spinta inevitabile e impossibile da procrastinare nel motore di questa società che avrebbe potuto fare il bene della Spal, ma purtroppo non è stato così. Ci hanno provato, hanno avuto idee che altri non hanno avuto, non è servito nemmeno quello. Un peccato”.

Cosa pensi quando leggi di queste difficoltà societarie che attanagliano la Spal?
“Mi dispiace, tanto. Leggo di molta gente interessata a rilevare il pacchetto di maggioranza ma quando è il momento di stringere tutto si fa sempre più complicato. Forse questa è un’altra cosa che non ho mai capito di Ferrara: c’è una tifoseria molto legata alla squadra, c’è una bella struttura dove si può fare calcio, uno stadio ricco di storia, negli almanacchi il nome Spal non è un caso incontrarlo spesso in categorie importanti, eppure nessun imprenditore ferrarese è disposto a intervenire. Capisco la crisi, sono perfettamente consapevole che mettere soldi in questa categoria è come buttarli, però con un minimo di programmazione, di conoscenza dei calciatori, anche con poco si può fare calcio e bene. Io sono in una realtà in cui il nostro Presidente, pur essendo facoltoso, non getta i soldi, si è attorniato di persone competenti e fidate che conoscono l’ambiente, vanno a vedere le partite, sanno scegliere e poi piano piano questi ragazzi li fai crescere e poi, a fine stagione o quando arriva qualcuno disposto a pagare e bene, devi purtroppo inevitabilmente venderli se vuoi sopravvivere, senza dimenticare l’aiuto fondamentale che arriva anche dagli sponsor. Penso sia questo l’unico modo per andare avanti, l’unica strada da percorrere in Lega Pro è questa”.

Ammetterai però che il Carpi non ha esitato a costruire una squadra comunque importante per la categoria: a parte la conferma di Cioffi, sono arrivati Concas, Eusepi senza dimenticare il tuo pupillo Ferretti nella sessione invernale di mercato che, tra le altre cose, avresti voluto portare anche a Ferrara. Non si tratta certo degli ultimi arrivati.
“Sicuramente Ferretti è un giocatore importante, direi sprecato probabilmente per questa categoria: ha numeri importanti ma ha soprattutto un’intelligenza sopra la media, legge in anticipo le azioni, sa già dove mettere il pallone ancora prima che gli venga servito e non c’è che dire che un calciatore con queste qualità renda il lavoro più semplice anche per l’allenatore e non solo per i compagni. In generale questa è una bella squadra e giovane, anzi giovanissima, con elementi di sicuro avvenire come Laurini: la domenica, quando confronto l’età media nostra con quella dei nostri avversari mi rendo conto che è difficile trovare una squadra più giovane della nostra, benché le testate continuino a minimizzare la cosa. Pensa che contro il Taranto abbiamo “regalato” a loro sessantatré anni nell’undici titolare, quasi sei anni per ogni calciatore, che tradotto significano quasi duecento partite di media o giù di lì in più che in questa categoria sono tanta, tantissima roba, una vita. Nonostante questo siamo lassù e, senza aver fatto ancora niente di concreto, dico che non siamo per niente male anche se per dire che siamo stati bravi voglio aspettare la fine del campionato”.

Continuiamo con il tuo Carpi: a quarantadue punti la “salvezza” è cosa fatta. Adesso puoi gettare la maschera e dare un calcio alla tua proverbiale scaramanzia.
“Direi proprio di sì (ride), anzi, penso che quest’anno, viste le penalizzazioni, la quota salvezza sarà ancora inferiore, diciamo sui trentuno, trentadue punti. Stiamo facendo bene, mancano ancora dieci partite, dobbiamo tenere lontani Benevento e Lumezzane, ci sono sette punti di margine che non sono tantissimi anche se Pro Vercelli e Sorrento sono insieme a noi e lotteranno per la migliore posizione in chiave spareggi promozione. Penso che questa sia una squadra straordinaria, un gruppo che lavora ai cento all’ora ogni giorno, ogni allenamento è vissuto intensamente da tutti i componenti della rosa, al punto che la domenica mi trovo spesso in difficoltà quando è il momento di fare delle scelte. Anche a Ferrara era così, i miei ragazzi erano bravissimi ma questo gruppo addirittura li batte. Sarà merito soprattutto loro se riusciremo a rimanere nelle prime cinque a maggio, si saranno sudati con sacrificio questo obiettivo impensabile ma che domenica dopo domenica si stanno costruendo stupendo e stupendosi. Ci sono giocatori importanti, qualcuno è già pronto per la categoria superiore, altri strada facendo nella loro carriera sapranno certamente costruirsi le loro occasioni e mi auguro per loro le possano sfruttare a dovere”.

Taranto, Pro Vercelli e Sorrento, sarà probabilmente una di queste l’avversaria con cui dovrai (scongiuri a parte) vedertela in semifinale. Chi temi di più?
“Se avremo il piacere e la fortuna di arrivare nelle cinque, ogni avversario che affronteremo darà il mille per cento, i valori si azzerano in questo tipo di sfide, anche se è innegabile che la differenza la farà chi avrà più birra in corpo a maggio, quando anche i primi caldi daranno qualche inevitabile problema. Penso che non ci sia un avversario meglio di altri, andare a Vercelli sarà come andare a Taranto o a Sorrento, campi che diventano infuocati quando la posta in palio è altissima come nel caso di una B. Per ora non voglio pensarci, ci sono dieci finali, dobbiamo giocare settimana dopo settimana senza porci limiti, come sappiamo e con tranquillità. Abbiamo un calendario non facilissimo con sei partite lontano da casa, tra cui Vercelli all’ultima, che saranno il termometro giusto per capire dove possiamo effettivamente arrivare e uno scontro diretto in casa contro il Benevento che solo se riusciremo a fare nostro il prossimo quindici aprile, allora potremo dire di avercela quasi fatta per i playoff. Prima ancora non dobbiamo dimenticare che dopo la Spal avremo subito il derby contro la Reggiana e poi riceveremo il Sorrento per un trittico di sfide tanto avvincenti quanto complicate. Per questo dico che è assolutamente vietato abbassare la guardia e contro ogni pronostico dico che dovremo stare attenti anche al Lumezzane: stanno crescendo a vista d’occhio di domenica in domenica e non sono per nulla tagliati fuori dai giochi, bastano due vittorie loro e due sconfitte di una di quelle che li precedono e tutto può tornare in discussione”.

Un’ultima domanda: la Spal e Ferrara un capitolo chiuso per sempre o è soltanto un arrivederci a tra qualche anno?
“Penso che non mi abituerò mai a perdere, non mi sono mai rassegnato, non è da me. Non inizio adesso. E anche lasciare un lavoro a metà non è una cosa che mi piace. Un giorno spero che ci saranno tutti i presupposti per riprendere le fila del discorso da dove l’abbiamo lasciato, forse, un po’ troppo in fretta. Per il momento mi sento di fare un grosso in bocca al lupo a tutti: auguro a voi, alla società ma soprattutto ai tifosi che hanno sempre dimostrato un attaccamento senza eguali a questa squadra e questi colori, le migliori fortune possibili”.

LA PROBABILE FORMAZIONE
CARPI (442)
Mandrelli; Laurini, Cioffi, Terigi, Poli; Concas, Memushaj, Sogus, Pasciuti; Ferretti, Eusepi.
All.: Notaristefano.

BALLOTTAGGI
Concas-Boniperti 60%-40%
Ferretti-Kabine-Bocalon 40%-40%-20%
Terigi-De Paola 60%-40%

INFORTUNATI
Cenetti (c)
Di Gaudio (c)
Modaffari (d)
Potenza (a)

SQUALIFICATI
Lorusso (d)

LA ROSA

Portieri
Bastianoni e Mandrelli

Difensori
Cioffi, De Paola, Laurini, Lollini, Lorusso, Modaffari, Poli e Terigi

Centrocampisti
Cenetti, Concas, Di Gaudio, Donnarumma, Memushaj, Pasciuti, Perini, Perrulli, Scialpi e Sogus

Attaccanti
Bocalon, Boniperti, Eusepi, Ferretti e Potenza

IL CAMMINO

1a giornata 04/09/2011 Carpi-Tritium 4-0

2a giornata 11/09/2011 Viareggio-Carpi 0-3 a tavolino

3a giornata 18/09/2011 Carpi-Lumezzane 3-0

4a giornata 25/09/2011 Pavia-Carpi 0-0

5a giornata 02/10/2011 Ternana-Carpi 2-1

6a giornata 09/10/2011 Carpi-Taranto 0-2

7a giornata 12/10/2011 Avellino-Carpi 1-0

8a giornata 16/10/2011 Carpi-SPAL 1-0

9a giornata 23/10/2011 Carpi-Reggiana 3-1

10a giornata 30/10/2011 Sorrento-Carpi 2-1

11a giornata 06/11/2011 Carpi-Foggia 3-2

12a giornata 13/11/2011 Como-Carpi 1-0

13a giornata 20/11/2011 Carpi-Monza 2-0

14a giornata 27/11/2011 Benevento-Carpi 0-1

15a giornata 04/12/2011 Carpi-Pisa 2-2

16a giornata 11/12/2011 Foligno-Carpi 1-0

17a giornata 18/12/2011 Carpi-Pro Vercelli 2-1

18a giornata 08/01/2012 Tritium-Carpi 0-1

19a giornata 15/01/2012 Carpi-Viareggio 3-0

20a giornata 22/01/2012 Lumezzane-Carpi 1-1

21a giornata 29/01/2012 Carpi-Pavia 2-1

22a giornata 05/02/2012 Carpi-Ternana 1-1

23a giornata 12/02/2012 Taranto-Carpi 1-1

24a giornata 25/02/2012 Carpi-Avellino 0-0

I MARCATORI

7 reti: Eusepi (1 su rig.)
5 reti: Memushaj (1 su rig.)
3 reti: Cioffi e Kabine
2 reti: Cesca, Concas, Pasciuti e Potenza
1 rete: Bocalon, Di Gaudio, Perini e Poli
Autoreti a favore: 2 Ranellucci (Pro Vercelli) e Dionisi (Tritium)


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