UNA STORIA MERAVIGLIOSA. NINO, L’IMPORTANZA DELLA CITTA’ DEL RAGAZZO E UNA VITA SPESA PER GLI ALTRI SEMPRE A CONTATTO CON LA SPAL TRA ANEDDOTI, STORIE E PERSONAGGI BIANCAZZURRI NELLE VARIE EPOCHE

Nino D’Ambola ha sessantadue anni, è un insegnante ed educatore, e all’interno dell’istituto “Città del ragazzo” gestisce un laboratorio d’artigianato didattico dove ragazzi disabili e vittime di incidenti stradali si preparano per il mondo del lavoro, e dove da anni la Spal gioca un ruolo nel percorso di vita di queste persone.

Di cosa vi occupate?
“Questo è un laboratorio didattico all’interno dell’Istituto Don Calabria dove ci sono ragazzi portatori di handicap, con un ritardo mentale medio o lieve. Qui cerchiamo di introdurli all’attività lavorativa, capendo cosa sanno fare, potenziando le loro possibilità e cercando poi di inserirli tramite stage nel mondo del lavoro, appunto. Abbiamo anche persone che sono rimaste traumatizzate in incidenti stradali, e che dopo essersi riprese cercano di recuperare le loro capacità”.

Che cosa producete?
“Lavoriamo principalmente il legno. Facciamo cornici e oggetti di artigianato in generale. Si è scelto questo genere di cose perché richiedono poco tempo per essere costruite, e danno un riscontro immediato”.

Qual è il vostro legame con la Spal?
“Ogni stagione, da più di dieci anni, ci sono giocatori o membri dello staff della Spal che vengono qui da noi per passare un po’ di tempo con questi ragazzi. Non so se chiamarlo volontariato. Semplicemente apprezzano questo ambiente, la simpatia di chi ci lavora, e stanno qualche ora in nostra compagnia senza troppi pensieri”.

Com’è iniziato questo rapporto?
“Noi collaboriamo anche con l’università, e nel 1999 frequentò qui un corso di specializzazione la moglie di Simone Airoldi, l’ex difensore biancazzurro. La conobbi, e avendo sentito che suo marito era una persona in gamba anche fuori dal campo, ed essendo io spallino da sempre, le chiesi, anche un po’ per scherzo, se un giorno non potesse mandare suo marito qui a fare un giro. Lui si presentò insieme con Fimognari, Greco e Lomi. E dopo quella prima volta continuarono a venire. Loro furono i primi. E con Simone si creò uno dei legami più forti. Pensa che quando nacque sua figlia volle venire qui a battezzarla e a festeggiare, e mi chiese di farle da padrino. La nostra amicizia era anche iniziata con un malinteso simpatico: avevo notato che c’era una certa reverenza da parte loro nei miei confronti. E non riuscivo a capire il perché, visto che sono una persona abbastanza alla mano. E un giorno rimasero a bocca aperta quando gli dissi che ho moglie e figli. Praticamente, forse per il mio ruolo o per il mio aspetto, erano convinti che io fossi un frate, della congregazione che abbiamo qui all’interno dell’istituto. E quando gli spiegai che invece sono un insegnate normalissimo ci facemmo la nostra risata”.

E da allora come porta ogni anno i giocatori qui da lei?
“Ogni anno, d’accordo col direttore, io invito tutta la squadra e lo staff a cena o a pranzo con noi. Tutti quanti insieme. Mi piace farlo sembrare una sorta di impegno istituzionale, perché voglio che ci siano tutti la prima volta. E quando siamo a tavola dico un paio di cose su ciò che facciamo qui, sulle persone che ci lavorano e sul nostro rapporto con la Spal. Due chiacchiere normalissime, come sto facendo adesso con te. E infine invito chi vuole a sentirsi libero di tornare a trovarci quando ne ha voglia. E ogni anno, magari con alti e bassi, c’è sempre qualcuno a cui fa piacere tornare a trovarci. Tra quelli della squadra attuale ci sono Paolo (Rossi), che ormai è dei nostri da quattro anni, e anche con lui è nato un rapporto veramente speciale. Poi si sono un po’ avvicinati anche Alessandro (Vecchi), Andrea (Cosner), Giovanni (Rossi) e Rachid (Arma), che ogni tanto, quando hanno voglia e un paio di ore libere vengono a fare un giro”.

Ma cosa fanno qui di preciso i giocatori?
“Quello che vogliono. Quando facciamo le partitelle di calcio tra di noi, ad esempio, io arbitro e loro magari fanno i guardalinee, o semplicemente guardano stando in mezzo agli altri ragazzi, per fare due chiacchiere, scambiare due battute. C’è chi va al “Perez”, che è una cooperativa situata sempre qui nel nostro stabile dove lavorano gli stessi ragazzi disabili, e si ferma proprio a lavorare per qualche ora. E chi semplicemente passa a fare un saluto e a dire due battute”.

Chi è passato di qui dal 1999 a oggi?
“Veramente tanta gente. Guarda, i primi che mi vengono in mente, oltre a ai quattro che ti ho già detto, sono Matteo Mangoni, Gabrio Gamma e Matteo Olivieri. Questi erano degli assidui. Erano qua una o due volte alla settimana, compatibilmente con gli allenamenti. Si stabilivano qui e facevano esattamente le stesse cose che facevano i ragazzi. Lavoravano proprio, in buona sostanza. Abbiamo ancora degli oggetti fatti da loro. Poi si fermavano a pranzo. Sono venuti anche Milana, Schiavon, Pierobon, Pellisier, anche Centi, che venne da noi dopo quella brutta storia di quella litigata, per la quale venne messo praticamente alla pubblica gogna. E qui riuscì a ritrovare un po’ di tranquillità e di sorriso. Adesso sto andando un po’ in qua e in là con le annate, e mi dispiace per quelli che non mi vengono in mente al momento, ma di qui sono passati davvero tanti calciatori. E anche tanti allenatori. Notaristefano, persona onestissima, che da Carpi si fa ancora sentire. Stefano Vecchi, che veniva quando giocava ed è tornato da allenatore. E poi Remondina, Sonzogni, Allegri e Folletti, che da Milano ci mandano le cose del Milan dedicate e autografate dai vari Ibrahimovic e Pato… Veramente tanta gente, che è passata di qui e poi si è ricordata di noi. Alcuni di questi giocatori ci portano la loro maglia, della Spal o quella che indossano attualmente, e noi le appendiamo tutte qui in laboratorio, come puoi vedere, insieme a tutti gli articoli di giornale che parlano di chi ormai conosciamo, e a volte anche di noi”.

Ci vuole raccontare qualche aneddoto?
“Beh, di aneddoti ce ne sarebbero veramente un’infinità. Ad esempio è simpatico Paolo (Rossi) che quando lavora vuole che gli si faccia sempre qualche fotografia. “Così la prossima volta che mi urlano di andare a lavorare posso far vedere che ci vado già!”, ci dice. Paolino è veramente forte. Viene sempre con il suo cagnolino, Kiwi, che poi affida alle ragazze qui dell’istituto. Lui è una delle persone più belle che siano passate di qui. Quando non deve giocare viene anche a vedere le partite in tribuna con me e con tre dei ragazzi che sono qui in questo laboratorio e al “Perez”: Francesco, Roberto e Vittorio. Siamo degli irriducibili. Abbonati fissi ormai da anni. Per questo suo impegno negli ultimi anni Paolo ha ricevuto anche un diploma di educatore “ad honorem”. E’ un ragazzo eccezionale. Se penso ad altri episodi belli mi viene in mente un giorno in cui è stato qui Arma. Nell’istituto professionale c’è una discreta presenza di studenti extracomunitari, tra cui diversi marocchini. Quando hanno saputo che veniva Rachid, loro connazionale, sono andati a conoscerlo, e hanno passato il pomeriggio con lui. Hanno espresso il desiderio di venire allo stadio, e Rachid ha preso i loro nominativi per farli entrare come suoi ospiti. Ecco, questo è il genere di situazioni che si generano con questi incontri. Niente di eccezionale, come vedi, cose anche di poco conto, che però spesso si rivelano esperienze importanti per chi vi è coinvolto. E poi voglio raccontare un’altro episodio, che riguarda Zamboni. Che è un armadio grande e grosso, ma è anche buono come un pezzo di pane, e una sera, durante uno spettacolo teatrale organizzato sempre dai nostri ragazzi disabili, al “capitano” tutto d’un pezzo stava anche per scendere la lacrima”.

Anche Zamboni viene qui da voi?
“Sì, ma bisogna sempre che lo chiami io se vogliamo vederlo. Me lo dice ogni volta: “Nino, io son fatto così, non ci posso far niente, mi devi chiamare tu…”. E allora io gli telefono. E ogni volta lui risponde: “Arrivo”. Lo faccio volentieri perché anche lui è un bravo ragazzo, e ho piacere ad averlo tra i piedi ogni tanto”.

Avete rapporti anche con la dirigenza?
“Beh, come ho detto io parlo con il Direttore di queste attività. Prima di invitare alla cena iniziale, eccetera. Comunque anche il presidente Butelli è stato dei nostri qualche volta. Nel 2009 ero incuriosito dalla sua figura, da come si era presentato e dalle premesse che aveva creato alla sua presidenza. Allora gli scrissi una lettera in cui senza troppi formalismi lo invitavo a passare qui da noi. Lui mi telefono e venne a trovarci sotto Natale. Ci portò anche dei regali marchiati Spal, ed espresse la sua stima per ciò che facciamo. Trovo che il Presidente, che ho modo di conoscere, al di là delle scelte ha fatto, condivisibili o meno in base alle opinioni, sia una brava persona. Comunque, visto che si parla di rapporti, vorrei cogliere l’occasione per ringraziare anche altri soggetti. Come il Galo Guercio, o i ragazzi che organizzano le partite delle “vecchie glorie”, che hanno sostenuto alcune nostre attività con i disabili. Insomma, pare che di gente che ci vuole bene ce ne sia, e questo è bellissimo”.

Cosa significa questo rapporto con la Spal per i ragazzi di questa realtà?
“Beh, conoscere personalmente qualcuno che va spesso sul giornale è sempre una cosa particolare per tutti. Ma è proprio la personalità di questi giocatori che crea un bel clima e momenti divertenti. Capita poi, ogni tanto, che qualcuno ci dedichi pubblicamente un gol. Lo fece Airoldi, e lo ha fatto anche Arma. E quando succede… beh, qui se ne parla per dieci giorni. Comunque la Spal in generale ha creato delle belle situazioni. Vorrei raccontare un’altro episodio: Uno dei tre ragazzi di cui ti ho detto prima, dopo essere rimasto traumatizzato in un incidente stradale aveva forti difficoltà ad uscire di nuovo e muoversi da solo per strada. Un giorno mi chiese se poteva venire allo stadio con me. Io gli risposi che andava bene, ma doveva farcela da solo. E una domenica, per la voglia di venire a vedere una partita con gli amici usci di casa, prese la sua brava corriera e si presentò al “Mazza”. Da allora, e parliamo di qualche anno fa’, insieme agli altri non è più mancato. Dai, diciamolo: la Spal fa bene! Più di un antibiotico”.

Francesco, Roberto e Vittorio sono tre dei ragazzi che si trovano alla Città del ragazzo, collaborando o meno, perché in passato hanno avuto problemi. La soddisfazione “spallina” dunque è anche la loro.
“Tutti quelli che sono passati di qui e sono persone eccezionali. Abbiamo visto sempre ragazzi simpatici, disponibili, con voglia di lavorare. Beh, quest’ultima più o meno…! Ma, a parte gli scherzi, sempre gente con cui era un piacere passare del tempo e instaurare un rapporto. Paolo (Rossi), che viene qui da qualche anno, è un bell’esempio. Ma come lui ne abbiamo visti altri, e speriamo che ne arrivino ancora. Stagione dopo stagione. E noi… noi, e gli altri del laboratorio e della cooperativa “Perez” li aspettiamo qui, al lavoro. E la domenica allo stadio, a tifare per la Spal!”.

“Kevin” Cosner e Giovanni Rossi, invece, sono tra i giocatori tuttora in forza alla Spal a farsi vedere più spesso alla Città del ragazzo.
“Beh, all’inizio siamo venuti, anche se non in maniera molto frequente, grazie a Paolo (Rossi), che ci ha un po’ coinvolti in questa cosa. Le prime volte, insieme a tutta la squadra sembrava, un po’ un dovere. Una cosa da fare. Poi è diventato un piacere, e quando possiamo facciamo un salto. Di solito il venerdì, quando si gioca il torneino interno. Veniamo a vedere, parliamo con i ragazzi, che scherzano e ci chiedono della partita. Magari diamo una mano ad arbitrare. E’ semplicemente piacevole stare un po’ da queste parti. Senti che hanno piacere di vederti. Sei ben voluto. E riesci anche a staccare un po’”.

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