GUARDANDO AL FUTURO E ALLA FANTA SPAL. MA PRIMA C’E’ UNA SPAL VERA E ATTUALE DA SOSTENERE ANCORA DI PIU’ PROPRIO PER L’ENNESIMA PENALIZZAZIONE. IL RESTO E’ MEMORIA CORTA… A ESSERE BUONI

Antefatto, o premessa, dal mio sfogatoio personale. Scrivo questo delirante, ma non è una novità, articolo la sera dell’ennesima mazzata. Scrivo, dunque, dopo il meno quattro che taglia le gambe alla Spal, ai suoi tifosi, ai suoi dirigenti, al suo popolo. Delle disparità di giudizio, dell’incredibile poca differenza tra illecito sportivo e ritardi nei pagamenti, insomma di tutte queste ingiustizie o comunque stranezze abbiamo già parlato e parleremo a lungo vista l’aria che tira attorno al pallone anche se siamo da soli o quasi visto che il tema generale continua a essere l’evidente responsabilità di chi non ha pagato, cosa giusta, ma mai le (ribadisco) ingiustizie di un metro di valutazione scandaloso. Ma lasciamo stare, almeno stavolta. Scrivo, ripeto, prima della partita contro la Pro Vercelli che poi non si è giocata per il dramma del povero Morosini e che, senza il meno quattro, sarebbe stata decisiva per tentare di completare il miracolo salvezza senza passare dai playout. Scrivo, soprattutto, prima che il passaggio societario diventi realtà e che, quindi, la Nuova Spal prenda forma e abbia sostanza. Per questa operazione ci vorrà ancora un mese o poco più ma la rabbia mista a delusione di questa giornata, questa del meno quattro intendo, resa ancora più triste dal grave lutto che ha colpito gli amici Alessia e Luca Capecchi mi porta a guardare avanti.
Sono fatto così. Male, cioè. Quando le cose vanno male, anzi peggio, proprio non ce la faccio ad abbattermi e a intristirmi. Anzi. Trasformo questa voglia di maledire tutto e tutti non in una caccia al capro espiatorio di turno o, peggio ancora, all’esercizio di maledire l’atavica sfiga biancazzurra semplicemente perché la sfiga non esiste ma esistono fatti, realtà, considerazioni indiscutibili. Ripeto per la millenovecentoquattresima volta la mia facile catalogazione societaria e butelliana ma, a prescindere, è evidente e logico e sacrosanto scrivere che i punti di penalizzazione sono esclusivo frutto di una responsabilità e di un regolamento che non ammette discussioni. Non paghi? Hai torto. Non paghi? Vieni penalizzato. Non paghi? Te la prendi in quel posto. Tutto giusto e tutto regolare, allora, comprese le responsabilità ma per una volta, una volta sola, dal basso della mia personale minoranza invito chiunque a qualche considerazione serie, pacata, reale molto più attuale della lista della bolletta non pagata mesi fa o dell’altra magagna, una a caso, di un anno prima. Il Presidente della Spal, Cesare Butelli, è dalla parte del torto. Va bene? Siamo tutti d’accordo? Ok. Purtroppo, però, i motivi dei pagamenti ritardati sono ormai risaputi. E se si vogliono affrontare con sincerità e realismo – vedi crisi economica e delle banche – qualche, ripeto qualche, motivazione, se si è in buona fede e se si ha una considerazione dei tempi che stiamo vivendo (basta leggere un quotidiano qualsiasi tutte le mattine) è lampante. Ma, anche qui, andiamo oltre.
Tra poco la Spal cambierà proprietà per la gioia di una buona parte del popolo spallino. Molti, finalmente, hanno capito che senza il fotovoltaico made in Butelli & C. (Pozzi e Gessi) della gloriosa Spal di Paolo Mazza, Massei, Mongardi e totem vari fregherebbe un cazzo ad alcuno. Così va il calcio. Poche storie. Quasi tutti quelli che hanno, a parole, provato a comprare la società sono scappati a gambe levate appena saputo che il fotovoltaico, il tanto bistrattato e poco considerato fotovoltaico, non c’è praticamente più. Resta la Spal, insomma. E questa, purtroppo, interessa a nessuno, ArsLab esclusa. Persino chi ha pompato più del pippero i vari acquirenti tanto esposti nelle scorse settimane ha capito che… avrà fortuna nel senso che ha pestato una signora merda. Non c’è niente di male. Succede. E’ che a noi ferraresi non va giù che la nostra Spal non sia così appetibile. E’ normale anche questo. Siamo attaccati al nostro acronimo, alla nostra storia, alla nostra tradizione, alle nostre bandiere, al nostro passato. Che è passato, però. Tutta l’Emilia Romagna nel pallone sta meglio, o è stata in questi anni, meglio di noi. Abbiamo il peggior apporto economico da parte degli sponsor, il minor apporto locale, almeno fino a oggi, dal punto di vista dell’imprenditorialità ferrarese e il discorso potrebbe continuare a lungo. Ma non ci vuole uno scienziato per capire le difficoltà di una terra, dal punto di vista appunto imprenditoriale, che è il fanalino di coda della regione.
Adesso c’è questa novità clamorosa, sì clamorosa, rappresentata da ArsLab ed cosa buona e giusta essere tutti contenti ma fino a oggi, sperando che domani sia diverso, è stato così. Bisogna essere ciechi o in malafede per non capire.
Ma, atto terzo, andiamo ancora oltre. Scrivo, per tornare all’inizio, prima di una partita che non si è giocata ma che sarebbe stata comunque importante, se non altro dal punto di vista del piazzamento migliore per affrontare i playout. Una partita che è stata annunciata come quella del deserto inteso come uno stadio vuoto per la decisione del pubblico spallino di restare a casa per ribadire il proprio dissenso contro la società. Cazzata assoluta. Non era vero. Come tante altre cose. Ma questa è ancora più grave perché manca di rispetto a tutte quelle persone, tifosi, che se ne sbattono di chi comanda la “loro” Spal, che si sono frantumati le palle di parlare di tutto tranne che di una squadra che meriterebbe sempre e quotidianamente elogi a nove colonne. Gente, il popolo curvaiolo soprattutto, che per questa Spal, la Spal di Vecchi, Zamboni, Capecchi, quindi anche Butelli e Pozzi, continua a macinare chilometri tra Terni, Foggia e domenica prossima Benevento. Il sistematico resoconto delle mancanze societarie è diventato stucchevole e, soprattutto, assai poco intelligente se rivolto, come dovrebbe essere, all’unica cosa che conta: la salvezza, da tutti i punti di vista, della squadra di Ferrara. Gli errori, aridaje, sono evidenti, scritti e riscritti, sanzionati e risanzionati. Che poi, da un po’ di tempo, siano appena alleviati – ho scritto appena! – dal tentativo concreto e reale di sistemare tutte le mancanze, questo no, questo, come si dice finisce in taglio basso con il risultato che fuori Ferrara, chi deve per esempio decidere le penalizzazioni, ha la sensazione che la Spal sia invece destinata al fallimento. Il sistematico tiro al piccione porta soltanto qui, a danneggiare la Spal non certo Butelli che ormai è prossimo a lasciare Ferrara e, quindi, può tranquillamente fottersene di una critica o un insulto in più o meno. Intanto c’è una squadra e un settore giovanile sottovalutati – e “fatti” dalla stessa dirigenza di coglioni e ladri e pezzi di merda e vergognosi e incapaci e stronzi e imbecilli – che lavorano con serietà incredibile per realizzare un miracolo sportivo. Sempre in taglio basso, però. Le aperture sono riservate alle bollette, ci mancherebbe altro.
La copertina di questo articolo – la trovate in cima al nostro sito in una delle tante fotografie che scorrono – ha un titolo giocoso e sognatore. Fanta Spal, dice. Ecco, prima di sapere che fine faremo, e arrivo al punto una vita dopo l’inizio di questo articolo a causa della solita malattia, quella della logorrea persino più grave della mia spallinità, vorrei sottolineare due aspetti fondamentali e importanti per la Spal che verrà. Il primo. Nonostante tutto, la squadra di quest’anno, sulla carta la più debole della gestione Butelli è indiscutibilmente la più amata e rispettata. Insegnamento importante. Vuol dire che l’impegno, la serietà, l’attaccamento alla maglia, la voglia… questo conta più dei nomi. A parte un attaccante che manca – aldilà degli infortuni che anno considerati ma ai quali si doveva mettere una pezza comprando un’altra punta – questa è la squadra costruita meglio. Una squadra che ha riacceso la passione del pubblico più caldo, quello curvaiolo, che quest’anno è stato vicino a Zamboni e compagni, in casa e in trasferta, come non accadeva da anni. Ci sarà un perché. E il perché, parere personale, va cercato proprio nella scelta estiva poi economicamente rovinata dai mancati contributi per i giovani sempre per i pagamenti in ritardo. Questa Spal, lo scrivo per chi verrà a mo’di umile consiglio con convinzione assoluta, rappresenta la strada da seguire e da non smembrare. Lo scrivo oggi, dopo il meno quattro, con davanti una retrocessione (giù le mani, sui maroni!) non ancora scongiurata. Questa Spal, insisto, con tre, quattro giocatori e con lo stesso allenatore e soprattutto con quei pilastri che in molti avrebbero rottamato da un bel pezzo – Capecchi e Zamboni, cioè i migliori (!) più degli altri – potrebbe giocarsi davvero, sul serio, con cognizione di causa, la benedetta promozione in serie B. Mi sbilancio, rifiuto la sfida e vado avanti. Un terzino, un difensore, un centrocampista e un attaccante, Quattro giocatori per giocarsi la promozione. Lo scrivo adesso, a prescindere da come finirà la stagione. Stipendi bassi ma regolari, Vecchi in panchina, Capecchi in porta, Zambo capitano e così via più i quattro rinforzi di cui sopra e si gioca per ritornare dove tutta l’Emilia Romagna è stata negli ultimi anni o è adesso. Sarò un sognatore, sarò un butelliano, sarò fazioso, sarò malato ma un pochino, giusto un pochino pochino pochino, questa categoria e quella superiore, per motivi professionali, le conosco. Chiudo qui la mia Fanta Spal perché prima c’è una salvezza da conquistare. E, ribadisco con volgarità costante e coerente, che malgrado tutto non si molla un cazzo. Bollette comprese, of course.

Ps.: prima di pubblicare questo articolo sono riuscito ad avere – la cercavo da quasi sei mesi – la rassegna stampa completa dei tre mesi che precedettero il tutto sommato recente fallimento spallino. Gli ultimi (mis)fatti, cioè, dell’éra Pagliuso. E’ un discorso, questo, che meriterebbe un approfondimento lunghissimo e a parte che cercherò di sviluppare quanto prima. Non adesso, però, perché sempre adesso sono schifato. Il dubbio l’avevo, e anche la memoria storica, ma ho scoperto, leggendo soltanto i titoli di quei tre mesi precedenti alla pagina indiscutibilmente peggiore della storia della Spal, che nemmeno il cinque percento, ribadisco il cinque percento, dei toni e critiche riservate alla società attuale vennero messe nere su bianco all’epoca dei fatti. Una cosa incredibile ma purtroppo vera. Lo stesso, anzi meno, successe quando l’ovetto lasciò (eufemismo) la sua casa originaria. Certo, si dirà, oggi si è imparata la lezione e non si è ricascati nella totale assenza di critiche di allora. Può essere. Non ci credo ma lo spero. Voglio essere ottimista anche qui.

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