Ero sotto il porticato di casa, calcetto su marmo, valevano i goal di sponda. La radiolina accesa. La stessa voce che ci hai lasciato oggi. Era la fatal Verona, serie B, l’ultima. L’anno dopo, le prime volte allo stadio, nel freddo di dicembre. Mino, Zamuner, Brescia. Storia, recente, l’ultima che ci è rimasta tatuata nell’anima. Gli oramai allori che ci han fatto conoscere nello stivale, a livello sportivo e di tifo. C’è una collezione di quasi cento trasferte (di chi scrive), lo spettacolo di 20mila mani che battono tempo e avversario in perfetta sincronia. C’era un posto, dopo la piattaforma della Ovest, seconda fila, sul primo palo (lato gradinata), ricordo ancora Consonni nel “derby”, poi l’aereo per Napoli, la coppa Italia a Palermo, quella maglietta “Io Martina (Franca…) me la sono fatta”, indelebile, come le foto dei chilometri, come la Puglia che non finisce mai, come il bagno nel golfo di Taranto, come le tifoserie che era uno spettacolo averle di fronte, e poi, poi tutti i volti che son diventati amici. Già, caro mio, non ho più la forza di raccontarti. Oggi ce l’hanno portata via, l’han tolta anche a te. Non stava bene da anni, da un po’ la chiamavano 1907 (che poi…), per noi sei e resterai, sempre e solo, quella che è stata la storia di una città, coi tuoi quattro puntini, Ars et Labor. Sempre S.P.A.L.