Che giorni sono questi per la Spal? Si potrebbe dirli “movimentati”, se si fosse in vena di eufemismi. Ma è meglio chiamarli col loro nome: burrascosi. Come tutta la stagione appena finita, dopo tutto. Il fatto curioso è che il Centro di via Copparo funge da cartina di Tornasole dei momenti peggiori della società, rivelandosi nei giorni più infuocati un vero porto di mare, dove nei un sacco di gente va e viene. Lo è stato per la temporanea presa di possesso di Santarelli e soci, per i giorni dei contatti con ArsLab e non ha fatto eccezione oggi, nel giorno più nero degli ultimi 105 anni di storia sportiva della Spal. I motivi di questo andirivieni? Principalmente la ricerca di notizie. Un briciolo di chiarezza sulla situazione e sui destini di tutti. Questo cercava qualche procuratore che ha bussato alla porta. Chi non è potuto venire di persona ha telefonato e altri sicuramente lo faranno. Perfino Matteo Mazzoni, per conto di ArsLab, si è presentato con le sue brave carte in mano in cerca di lumi. Lavorare così non deve essere semplice. Tutti cercano informazioni. Tivù nazionali intervistano membri dello staff a bordo campo. Il caso Spal allora non è così silenzioso. Nella moria generale che affligge il calcio professionistico, Ferrara è una vittima eccellente. Ma chi davvero può dare risposte a tutti i perché di questa situazione oggi non è presente, ed è davvero dura sapere se e quando si farà rivedere. La base intanto rimane presidiata costantemente solo dai pochi e volenterosi dipendenti, che in assenza di ordini dall’alto, o anche solo di qualsivoglia segnale di vita, continuano a presentarsi in ufficio per alzare telefoni, rispondere a mail, eccetera eccetera. Con l’umore che è quello che è, perché questa situazione ha toccato duro tutti, specie chi li ci lavora, e di quel lavoro ci vive, e ha pure delle pendenze.
C’è poi qualcuno a cui quel posto fa quasi da seconda casa. L’accompagnatore della prima squadra Zecchi arriva puntualissimo, legge il giornale, beve un caffè, scambia battute. Come ogni giorno, da una vita ormai. Mister Brescia passa nei paraggi: ha qualche cosina da sistemare ed è entra. Forse ha dimenticato una sciocchezza negli spogliatoi. Entra svelto. Si affaccia all’uscio e saluta con simpatia, poi procede per i suoi fatti. Scampoli di normalità nel maremoto. C’è poi chi di questo posto ama ogni mattone e ogni grammo di terra. Come Luigi Pasetti, che vuole sincerarsi delle condizioni dei campi. È qui per questo, e poche chiacchiere. Anche perché la voglia di parlare non è alle stelle, il suo umore non è meno nero degli altri.
“Dai, era nell’aria – dice Pasetti – Non si può andare avanti per un anno e mezzo così. Sono stati bravi a portarci fin qui. Nessuno voleva abbandonare la nave e così ci siamo fatti andare bene tutte le loro promesse. Specie per noi del settore giovanile era difficile, e anche scorretto, troncare a metà il lavoro che si stava facendo con i bambini, e allora si è sempre tirato avanti senza far niente fino a questo punto”. Così la pensa l’ex difensore della grande Spal sui fatti di questi giorni. E per il futuro? “Adesso di fatto siamo tutti disoccupati. Vediamo se una eventuale nuova proprietà ci chiederà di continuare il nostro lavoro. Quest’anno il settore giovanile è stato molto fruttifero per quanto riguarda la qualità dei giocatori usciti. Abbiamo fatto un buon lavoro sia di selezione sia sul campo, infatti adesso molti nostri ragazzi ce li chiedono grosse società. C’è solo da sperare che in futuro si capisca bene che il settore giovanile di una squadra non è un peso ma una risorsa, e ci si lavori con entusiasmo. Ho già sentito buone cose in questo senso. Speriamo. Non credo che l’attuale presidenza abbia badato molto al nostro lavoro”. E con queste parole, dopo qualche colloquio con i colleghi, la bandiera storica di questa maglia posiziona e accende gli irrigatori per mantenere il verde perfetto del grande campo uno, quello della prima squadra (mentre nel frattempo giungono voci sconfortanti su un manto del “Mazza” in condizioni tremende a causa di un presunto guasto alla rete idrica). E poi monta in sella al tagliaerba, per tirare gli altri a tavoli da biliardo. Non c’è dubbio che le prove di attaccamento non manchino tra chi di fatto regge ancora la baracca. Ma gli umori palpabili tra i corridoi e gli uffici sono altri. Rabbia, delusione e sconforto. sentimenti forti, ed è difficile dire quale prevalga perché tra loro il confine sottile, sempre ammesso che esista.