Gli anni in cui Mirco Giorgi ha militato nella Spal non saranno certo ricordati per essere stati i più memorabili della lunga storia biancazzurra: la squadra partecipava a quello che ancora si chiamava campionato di C2 nonostante i propositi ambiziosi della gestione Tomasi, vittorie alternate a cocenti delusioni. Come finì quella vicenda, in un pomeriggio di maggio a Portogruaro, lo sappiamo tutti. Il rinnovamento radicale dell’estate 2008 contribuì ad allontanare da Ferrara molti dei protagonisti di quelle annate, tra cui Mirco Giorgi, di professione difensore: il romagnolo classe 1979 ha poi continuato con profitto la sua carriera con altre della Regione, facendosi sempre apprezzare. Oggi gioca nel Meldola, squadra dell’omonimo paese vicino a Forlì, nel campionato di Promozione.
Hai vestito le maglie di Baracca Lugo, Russi, SudTirol, Giacomense, Bellaria , Ravenna e ovviamente Spal. Da dove iniziamo?
“Iniziamo dal settore giovanile del Cesena, dai pulcini fino alla Primavera per poi passare, dopo quasi due anni di inattività dovuti a una forte pubalgia cronica, al Cervia. In seguito sono arrivate le chiamate di Riccione, Forlì e Lugo per poi approdare al Russi, dove dopo tre anni ai vertici ho avuto la possibilità di giocare tra i professionisti grazie al direttore dportivo che mi portato con lui al Sudtirol Alto Adige. Dopo è arrivata la chiamata di Mangoni e della Spal”.
La Romagna è terra natale di molti giocatori spallini: tu, Servidei, Ghetti, Ravaglia, Capecchi, tanto per citarne alcuni. Come ti spieghi questa particolarità?
“Intanto grazie per avermi accostato a Servidei, grande giocatore che ha calcato campi prestigiosi. Quanto a Guido lo ritengo un grande calciatore oltre che uno degli amici più cari che ho nel mondo del calcio. Riguardo alla tua affermazione posso dirti che per chi nasce in questa bella regione, la Spal è da sempre una realtà pazzesca. Per chi gioca a calcio la sua maglia, i suoi colori, il suo grande tifo arrivare a Ferrara è motivo di grande vanto. E io sono davvero felicissimo di aver avuto l’opportunità di indossare la maglia spallina”.
Questo vuol dire che hai preso al volo l’opportunità di giocare nella Spal.
“Al tempo avevo avuto diverse richieste ma appena mi si è prospettata l’occasione di venire a Ferrara non ho avuto dubbi e ho accettato. Come ti ho detto prima per me la Spal è sempre stata un mito ed indossare la sua maglia un grande privilegio. In più Ferrara è una bellissima città e questo è sicuramente un valore aggiunto”.
Si dice che Mangoni abbia insistito tanto per averti alla Spal.
“Il direttore mi ha voluto fortemente e di questo lo ringrazio. Mi aveva osservato giocare un paio di volte, gli sono piaciuto. In più il mio procuratore Bergossi, ex spallino doc, ha garantito per me. E’ stata una trattativa veloce perché entrambi le parti volevano le stesse cose. Per quanto mi riguarda era Spal, solo ed esclusivamente Spal”.
Sei rimasto a Ferrara due stagioni ma hai vissuto cambiamenti importanti, uno su tutti il cambio dalla presidenza di Tomasi a quella di Butelli. Che parere hai in merito?
“Fosse per me sarei rimasto a Ferrara altri dieci anni! Ho vissuto il cambio di proprietà e, come penso sia normale, questo ha comportato grandissimi cambiamenti. Se mi permettete io mi sarei tenuto ben stretto Tomasi. Dirò di più: la promozione in Prima Divisione è arrivata in estate, Tomasi aveva gran merito per questo grande risultato ma è stato costretto ad andarsene. Penso che siano in molti a rimpiangerlo anche se qualche difettuccio ce l’aveva anche lui, ma chi non li ha”.
Te ne sei andato da Ferrara perché la nuova gestione non faceva per te?
“Con il senno di poi ti dirò che ho sbagliato ad andarmene, sarei dovuto rimanere e giocarmela contro tutti, direttore generale compreso. Ero uno dei pochi riconfermati del gruppo ma poi in ritiro ho avuto un problema al crociato posteriore e Pozzi mi disse che questa cosa mi avrebbe penalizzato e che avrei trovato poco spazio nel gruppo. Così decisi di andarmene ma ho sbagliato perché il nostro gruppo col direttore Mangoni e il presidente Tomasi meritava di giocare in Prima Divisione”.
Chi gioca a Ferrara ha sempre un ricordo molto forte della piazza ma soprattutto del tifo. Anche per te è così?
“Penso sia normale, Il tifo ferrarese è incredibile. Mi ricordo in modo particolare la semifinale contro la Paganese, le partite serali contro il Gubbio, e poi i derby con la Reggiana, il mio gol sotto la loro curva e corsa sotto la nostra al Giglio… fantastico! Anche quando si giocava in casa sembrava di essere nelle categorie più alte. Devo dire una cosa a favore degli spallini: abbiamo avuto momenti critici ma sono sempre stati vissuti in modo pacato e costruttivo, mai troppo fuori dalle righe”.
Ti abbiamo visto quasi sempre accasarti in squadre emiliane, fatta eccezione per il Sud Tirol. Ti spaventa allontanarti troppo da casa o si tratta solo di banale fatalità?
“E’ una casualità perché a me piace girare e vedere posti nuovi. Ho avuto richieste da club di altre regioni ma poi per un motivo o per l’altro le cose non sono andate come avrei voluto. Peccato”.
Ora giochi nel Meldola.
“Sì, vicino a casa. E’ stata una scelta di vita, visto anche la situazione economica che caratterizza il mondo del calcio. Il Meldola è una piccola realtà con un bel progetto e un buona solidità economica interna che di questi tempi è una grande cosa. Negli anni sono riuscito ad investire i miei guadagni in modo costruttivo proprio pensando al domani, alla mia famiglia e soprattutto a mia figlia”.
Cosa vorresti fare una volta smesso di giocare?
“Vorrei rimanere nell’ambito calcistico, fare l’allenatore ma ancora è un po’ presto per parlarne. Spero solo che quando arriverà il momento di appendere le scarpe al chiodo qualcuno mi dia la possibilità di farlo. Intanto il patentino l’ho già preso, poi si vedrà”.