Alla fine di una giornata lunga, dal punto di vista del lavoro (oggi è stato il primo giorno del canale all news di Raisport), dopo aver scritto e postato e ricordato e pianto e commemorato e ribadito la morte dell’amico Carlo Petrini, con poca lucidità in più ma con la stessa amarezza e soprattutto tristezza, non riesco a credere che questo giorno che, da tempo, sarebbe arrivato improvvisamente, mi resta un senso di ingiustizia. Non c’entra molto con la Spal ma vorrei fare qualcosa per Carlo e, ancora di più, vorrei che il suo doloroso insegnamento (pochi sanno quale sofferenza per vicende personali che non voglio citare c’era dentro il suo cuore) abbia un seguito invito chiunque a darmi idee e, più di tutto, a leggere i suoi libri. Lì c’è la storia assoluta, da molti non considerata o, peggio, vituperata. Lo dico per i miei tanti amici calciatori e giornalisti e per i nostri lettori. Carlo, lo diceva lui, ha fatto una marea di cazzate. Ma ha pagato tutto. E’ stato malissimo fisicamente ma è stato ancora peggio dentro. Nessuno, me compreso ovviamente, può conoscere il dolore di un uomo e delle sue vicende personali che riguardavano e riguardano ancora la sua sfera privata, dai sensi di colpa nei confronti del figlio e non solo. Io, però, ho avuto il privilegio e la fortuna di conoscere veramente Carlo. Ci sentivamo spesso. Ci siamo detti cose, della mia categoria e della sua, che qui non posso scrivere ma che chi conosce lui e, nel mio piccolo, anche me, sa che le pensiamo. Lo scrivo per gli amici. Leggete le verità di Carlo. Uomo non perfetto, uomo che ha sbagliato, uomo che ha sofferto e soltanto chi gli è stato vicino fino a oggi può saperlo, uomo che ha avuto i coglioni – contro tutti e da solo – di raccontare tutto. Soltanto così, con la conoscenza, con la consapevolezza, con l’ammissione si può migliorare. Cazzo, Carlo, lo sapevo che sarei stato male ma non credevo così. Te lo scrivo con le lacrime agli occhi, bestemmiando per l’ultima sbrigativa telefonata perché avevo una riunione di merda, perché forse – e ci sto male – volevi dirmi altro – perché so quanto stavi male e perché devo dirti ancora grazie per l’ultima intervista che non volevi fare per il tuo stato di salute. E’ stato l’ultimo regalo fatto a fin di bene, per provare a cambiare le cose. Il bene che ti voglio e farà sì che resterai per sempre nel mio cuore. Uno che aldilà delle ultime denunce il giorno che si mangia due gol va al centro del campo e chiede scusa a tutto il pubblico che un attimo prima lo fischiava e un attimo dopo lo applaude proprio perché i tifosi sono la parte sana del calcio, altro che cazzi, merita soltanto stima. Io, quel giorno all’Olimpico, avrei voluto esserci a costo di essere già anzianotto oggi. Ti avrei portato in tasca a mo’di santino ancora di più di quanto faccio oggi ma nel cuore. Oh, Carlo, io non ci ho mai creduto ma se davvero esiste, aspettami (e abbia pazienza perché vorrei dura ancora molto) e te lo scrivo già adesso: rifammi quel gesto di scuse al pubblico romanista. Lì c’è tutta la persona Carlo Petrini. Lì ci sei tu. Ti voglio tanto bene e ti mando un abbraccio immenso. Ps.: stavolta non ti cito la Spal ma se fosse successo quello che mi avevi raccontato (è stato vicino a indossare il biancazzurro), oggi saresti il mio spallino di sempre. Cerca di stare finalmente bene e di sistemare le tue questioni private senza sensi di colpa. Hai già pagato tutto, Pedro. Ora pensa solo a te. L.M. pezzo di merda… così so che ti strappo un sorriso. Hasta la victoria, Pedro. Ti voglio bene. et